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Antropocentrismo, la più perniciosa superbia umana

di Franco Libero Manco


Una delle più grandi presunzioni umane è sicuramente quella di credere che la nostra specie sia al centro della creazione col diritto di disporre della libertà e della vita di ogni altro essere vivente, che è come credere che la goccia sia l’oceano o il granello di sabbia sia il deserto.


Noi universalisti/vegan crediamo che allo stesso modo del bambino, che ha i suoi sacrosanti diritti senza che abbia dei doveri,  sia doveroso accordare agli animali i diritti senza pretendere da loro dei doveri, per il fatto che l’umanità inevitabilmente interagisce con loro e che senza di loro la nostra stessa esistenza sarebbe impossibile.


Nessuna specie vive isolata; ognuna interagisce in modo più o meno invadente nei confronti delle altre con cui viene in contatto. Il problema nasce quando una specie agisce in modo devastante nei confronti delle altre fino schiavizzarle, torturarle e, spesso, portarle all’estinzione.


Il quesito è: se l’uomo è da considerare un animale come gli altri, perché non dovrebbe comportarsi come il leone che uccide la gazzella o come il lupo che mangia la pecora.


Ma l’essere umano non può comportarsi come gli animali predatori e considerarsi un essere civile, evoluto col diritto di sterminare tutto ciò che non gli assomiglia fisicamente;  non può considerarsi un essere dotato di etica e di raziocinio e comportarsi come l’uomo delle caverne. Un’azione malvagia non può essere considerata esecrabile a seconda della vittima, benedetta e auspicata se le vittime sono gli animali, condannabile se comminata a danno degli umani.


Se l’essere umano interagisce con le altre specie, i diritti fondamentali non possono essere limitati solo a se stessa. L’azione ingiustificata quanto dannosa verso un animale da parte dell’essere umano lo rende peggiore sul piano della sensibilità, della giustizia e lo inclina a convivere con la logica della supremazia del forte sul debole.


La storia umana gronda sangue. C’è qualcosa di mostruoso nell’indole dell’uomo che pur essendo sprovvisto anatomicamente di qualunque arma naturale atta all’offesa o alla difesa (artigli, zanne, zoccoli, corna, becco ecc.) compie da millenni azioni rivolte all’annientamento dei suoi stessi simili.


Se per assurdo la terra fosse invasa da extraterrestri con facoltà superiori alle nostre, non sarebbe certo la loro superiorità tecnica o cognitiva a decretare il loro diritto a privarci della libertà e della vita. Gli esseri umani, rispetto agli animali, hanno forse maggiori capacità organizzative, maggiore raziocinio, maggiore furbizia, ma non per questo possano arrogarsi il diritto di sterminarli.


Esiste un antropocentrismo nero ed uno bianco. In quello nero l’essere umano considera privi di valore gli altri esseri viventi e li utilizza a suo vantaggio, mentre la vera intelligenza, e la vera saggezza, vuole (come il fratello maggiore abbia doveri verso il minore) che il più dotato aiuti, tuteli, protegga il più debole.


L’antropocentrismo bianco è quello dell’uomo finalmente consapevole dell’interdipendenza tra tutti i viventi; della benefica legge della compassione, del “non fare ad altri ciò che non si vorrebbe per se stessi” e pone le sue peculiarità al servizio della vita, della vera civiltà e della giustizia, per aiutare gli altri esseri sulla via della loro evoluzione; questa condizione è imprescindibile per la realizzazione di un mondo in pace tra gli umani e il resto della creazione.
 

Si ritiene che ciò che è giusto per una persona, per un popolo o per una specie, può non esserlo per un’altra. Ma la violenza sugli animali è il maggiore impedimento a rendere l’essere umano migliore sul piano morale e spirituale, sensibile, giusto e liberarlo dalla  violenza, dalla malattia, dall’incapacità di capire che tutto è collegato e tutto è consequenziale.
 

L’etica universale, del rispetto per ogni forma di vita, ed il superamento della visione antropocentrica, può portare solo vantaggi all’uomo e al suo contesto naturale. L’uccisione di un animale da parte dell’uomo equivale al disprezzo di ciò che l’animale rappresenta: semplicità, umiltà, mitezza, bellezza, coraggio, potenza… Un’umanità capace di concepire e convivere con il sistematico massacro di milioni di animali; un’umanità incapace di dar valore alla vita e alla sofferenza di esseri indifesi e in balia della forza tirannica dell’uomo, preclude a se stessa la redenzione e la possibilità di evolvere.
 

Ma questa non è solo una visione utilitaristica come quella del filosofo australiano Peter Singer che auspica il rispetto per gli animali in virtù della loro capacità di soffrire, anche se questo sarebbe di gran lunga sufficiente. Il rispetto per l’animale da parte dell’uomo lo impone la parentela biologica che ci lega a loro e ci accomuna nelle stesse esigenze vitali. Gli animali non sono cose da utilizzare, o da mangiare, ma nostri fratelli, differenti da noi solo nella forma fisica, e non può essere la diversità anatomica ad autorizzare l’uomo a uccidere un componente la famiglia solo perché diverso nella forma.
 

Per quale assurdo motivo il cervello di un cane ha meno valore del cervello di un uomo al punto da poterlo annientare? Per quale assurdo motivo gli occhi di un cavallo, di un maiale o di un coniglio hanno meno valore di quelli di un essere umano al punto da poterli estirpare? Per quale assurdo motivo il cuore, il fegato, i polmoni, la gamba di un essere umano hanno valore incommensurabile mentre il cuore, il fegato, i polmoni, la gamba di un animale sono privi di valore al punto che la massaia può farli a pezzi, cucinarli e mangiarli? Come può il nostro corpo essere il tempio dello Spirito se lo riempiamo di cadaveri?
 

Non vi è orrore paragonabile all’uccidere e al mangiare il cadavere di un animale, di un agnellino, di un vitello, di un maialino, di un coniglio che magari è cresciuto e ha giocato con i nostri figli. Non v’è aberrazione peggiore dell’idea di far nascere in gabbia o in catene col solo scopo di sopprimere, magari alla presenza dei loro sventurati compagni e fratelli, creature fatte come noi, negando loro la libertà, la luce del sole, l’erba dei prati, l’acqua dei ruscelli, il contatto con la loro madre.
 

I nostri detrattori dicono: “L’animale è animale mentre noi siamo esseri umani”. Ma che cosa differenzia l’uomo dall’animale dal momento che non vi è qualità nell’uomo che non sia presente, a vari livelli, anche nell’animale? Dicono, “L’essere umano a differenza dell’animale ha un’anima”. Ma nessuno è in grado di dimostrare l’esistenza dell’anima: sarebbe come voler dimostrare l’esistenza del paradiso o dell’inferno. Per noi l’anima è una realtà comune a tutti gli esseri viventi, oppure a nessuno.




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