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Sono poi tanto diversi da noi?

Animali umani e non.
Quelli non umani hanno sentimenti e quindi meritano diritti.


di Jeremy Rifkin (*)
The Guardian, Londra, UK, 15/08/03
Los Angeles Times, 01/09/03


L'anno scorso si è fatto un gran parlare di scoperte clamorose fatte nei campi della biotecnologia, della nanotecnologia, dell'informatica e di altre questioni più esoteriche come l'età dell'universo. Di scoperte sensazionali in altri campi si e' parlato poco. E invece i risultati di ricerche eseguite dietro le quinte nei laboratori di tutto il mondo potrebbero avere un impatto ancora piu' profondo sulla nostra comprensione e sulla nostra conoscenza del mondo. E strano a dirsi, queste ricerche vengono finanziate da aziende fast food come McDonald's, Burger King, Kentucky Fried Chicken.

Spinti dagli sforzi degli attivisti per i diritti animali e dalla sempre crescente attenzione del pubblico per il benessere degli animali, queste aziende hanno finanziato ricerche che esaminano, fra altri aspetti, gli stati emotivi, mentali e comportamentali degli animali. Ciò che stanno scoprendo è inquietante. Sembra proprio che gli animali non umani ci assomigliano molto di più di quanto avremmo mai potuto immaginare. Provano dolore, stress, affetto, agitazione. Soffrono e amano.

Gli studi sul comportamento dei maiali al Purdue University negli Stati Uniti hanno mostrato che i maiali hanno bisogno di affetto e possono cadere facilmente nella depressione se vengono isolati dai loro consimili o se viene negato loro il tempo per giocare. La mancanza di stimoli psichici o fisici puo' portare al deterioramento della salute dell'animale ed a un aumentato rischio di malattia.
Così nel parlamento europeo e stata promulogata una legge che proibisce agli allevatori di tenere i maiali in gabbie singole a partire dal 2012; sarà obbligatorio sostituire le gabbie con recinti all'aria aperta. In Germania, il governa suggerisce agli allevatori di dare ai maiali almeno 20 secondi di contatto umano ogni giorno e di fornire loro dei giocatolli per evitare litigi.
La ricerca sui maiali è solo un esempio fra tanti.

I ricercatori sono rimasti sbalorditi da un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Science che parla delle capacità concettuali mostrate dai corvi della Nuova Caledonia. Negli esperimenti fatti all'Oxford University due uccelli, Betty e Abel, avevano la possibilità di scegliere fra due strumenti, un filo diritto e uno con un'estremità ritorta a mo' di gancino, per procursarsi un pezzo di carne messo dentro un tubo. Tutte e due hanno scelto il filo con gancio. Dopo un po' Alex, il maschio dominante, ha rubato a Betty il suo filo con gancio, lasciandole un filo diritto. Senza scomporsi tanto Betty, ha posizionato col becco il filo dentro una fessura e poi, sempre col becco, ha modellato un gancio come quello che le era stato sottratto. L'ha poi adoperato per agganciare il cibo. L'esperimento è stato ripetuto dieci volte; Betty ha ricostruito il gancio nove volte, dimostrando una capacità sofisticata di creare strumenti di lavoro.

Eppoi c'è il caso di Alex, un pappagallo africano, che ha mostrato la capacità di eseguire operazioni che si pensava solo gli umani fossero capaci di fare. Alex è in grado di identificare più di 40 oggetti e sette colori, calcolare il numero di oggetti e dividerli in categorie.
Altrettanto impressionante è il caso di Koko, la gorilla a cui è stato insegnato il languaggio dei segni. Ha imparato più di mille segni e capisce svariate migliaia di parole inglesi. I risultati dei suoi test di intelligenza vanno dal 70 al 95, cioè viene classificata con i slow learner, non con le persone ritardate.

La capacità di fare strumenti di lavoro e di usare linguaggio sono due dei moltissimi attributi che si pensava fossero solo umani. Un altro è la percezione di sè. Da sempre filosofi e comportamentalisti sostengono che gli animali non umani non hanno la percezione di sè perché privi di senso dell'individuale. Secondo gli studi più recenti questa ipotesi è sbagliata.

Al Washington National Zoo si è visto gli orangutan usare specchi per esplorare le parti del loro corpo che altrimenti non potrebbero vedere, mostrando chiaramente il senso di sè. Chantek, un orangutan che vive nell'Atlanta Zoo, è stato visto usare un specchio per pulirsi i denti e per aggiustarsi gli occhiali da sole. Secondo gli scienzati ciò che in ultimo distingue gli animali è la capacità umana di esprimere lutto per i morti; gli animali non hanno il senso della loro mortalità e quindi non possono concepire la propria morte.
Ma gli animali non umani, sembrerebbe, provono dolore quando vengono toccati dalla morte. Gli elefanti rimangono silenziosamente in piedi per giorni e giorni accanto ai corpi dei loro cari morti, qualche volta toccandoli con il probiscide. La biologa keniota Joyce Poole, che studia elefanti da 25 anni, afferma che "il loro comportamento nei confronti della morte dei cari mi lascia convinta che provano emozioni profonde e hanno un senso della morte".

Sappiamo che tutti gli animali amano il gioco, specialmente quando sono cuccioli. Chi ha osservato il gioco di cuccioli, gattini o orsetti non può fare a meno di notare le similarità con il gioco con i bambini umani.

Gli studi sui topi mostrano che durante il gioco il loro cervello rilascia grandi quantità di dopamine, una sostanza associata con il piacere negli umani.
Notando le notevoli similarità nella chimica e nell'anatomia cerebrali fra animali umani e non, Steven Siviy, uno scienziato che si occupa di comportamento al Gettysburg College, Pennsylvania, fa una domanda che viene fatta sempre di più dai ricercatori: se accettiamo il concetto di evoluzione per selezione naturale, come facciamo a pensare che i sentimenti sono apparsi di improvviso con l'arrivo degli esseri umani?

Le recenti scoperte sono molto diverse dai concetti della scienza ortodossa. Fino a poco tempo fa, gli scienziati continuavano a ripetere che la maggior parte degli animali agiva per istinto, e quelli che sembravano comportamenti imparati, altro non erano che il risultato della genetica.

Ora sappiamo che le anatre devono insegnare le rotte di migrazioni ai figli. Si sta addirittura scoprendo che l'insegnamento viene fatto da genitore ai figli molto di più di quanto deriva dal comportamento geneticamente stabilito e che la maggior parte degli animali impara con l'esperienza, sperimentando costantamente e risolvendo problemi con la tecnica trial and error.

Cosa vuol dire tutto ciò per i nostri comportamenti nei confronti degli animali non umani? Cosa vuol dire per i migliaia di animali che ogni anno vengono usati per sperimentazione dolorosa nei laboratori? O per i milioni di animali domestici allevati in condizioni crudeli per finire macellati per il consumo umano? Dovremmo abolire le trappole e scoraggiare la vendita e l'acquisto di pellicce? E cosa vuol dire per l'uccisione degli animali per sport la caccia alla volpe in Inghilterra, la corrida in Spagna, il combattimento dei galli in Messico? E per il nostro divertimento dovremmo mettere leoni in gabbie negli zoo e usare gli elefanti nei circhi?

Si comincia a discutere di questi trattamenti nelle aule di giustizia e nei parlamenti di tutto il mondo.
Oggi all'Harvard e ad altre 25 facoltà di giurisprudenza negli Stati Uniti esistono corsi sui diritti animali e per la prima volta vengono sentiti casi che riguardano animali non umani negli tribunali.

In ultima analisi il viaggio umano riguarda l'estensione della compassione a circoli sempre più grandi e sempre più inclusivi. All'inizio la compassione venne riconosciuta solo ai parenti e al clan.
Poi venne estesa a gente che condividevano valori e avevano una religione, una nazionalità o un'ideologia in comune.
Nell'Ottocento, i primi enti di protezione degli animali furono fondati, includendo gli animali non umani nel circolo della compassione.
Oggi milioni di persone, unite nel movimento animalista, continuano ad approfondire e ad aumentare l'interesse umano per, e la compassione nei confronti degli animali non umani. I recenti studi su emozioni, cognizione e comportamento animale aprono una nuova fase nel viaggio umano sulla terra, consentendoci di aumentare e approfondire la nostra compassione nei confronti degli animali non umani.

Questa volta dovremmo includere la comunità più estesa di animali non umani in viaggio insieme a noi.


(*) Jeremy Rifkin è l'autore di Ecocidio (ed. italiana Oscar Mondadori, 2001) e di Il secolo biotech (ed. italiana Baldini&Castoldi, 1998). E' anche presidente della Foundation on Economic Trends, con sede a Washington DC.




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