La Danimarca vuole tassare la carne perché inquina
29 APRILE 2016 | di Beatrice Montini | @beamontini
Mangiare un solo hamburger equivale a usare l’acqua necessaria per due mesi di docce. Al contrario per un chilo di carote bastano 131 litri di acqua. E se mangiare chilo di maiale produce 12,1 Kg di Co2 con le lenticchie siamo sotto al chilo. Per questo la Danimarca sta considerando la possibilità di introdurre una tassa per cercare di disincentivare il consumo di carne, considerato troppo inquinante: una tassa sulla carne rossa.
Il Consiglio danese sull’etica (costituito grazie ad una legge del parlamento danese nel 1987 per animare il dibattito pubblico con “consigli ed informazioni riguardanti problemi etici”) ritiene che sia un obbligo etico per i cittadini quello di minimizzare il proprio impatto sul clima. Dunque ha pensato di affrontare la questione disincentivando il consumo di carne rendendolo economicamente svantaggioso. Dopo una prima applicazione solo alla carne rossa, la tassa verrebbe estesa agli altri cibi, a seconda dell’impatto climatico di ciascun elemento. La proposta – approvata a stragrande maggioranza dal Consiglio – è ora al vaglio del governo. “Lo stile di vita degli abitanti della Danimarca è ancora lontano dall’essere definito “sostenibile” e, visto che dobbiamo impedire l’innalzamento delle temperature oltre i 2°C, è necessario agire velocemente e coinvolgere nel cambiamento anche il cibo”, afferma il Consiglio.
Già nel 2006 un rapporto della Fao ha evidenziato come i gas serra prodotti dall’allevamento siano superiori a quelli del settore dei trasporti: il 18% del totale. E da allora gli studi in materia si sono moltiplicati . Un recente articolo apparso su Business Insider ha calcolato la produzione di Co2 per i vari tipi di carne mettendoli a confronto con la produzione di proteine vegetali. Un chilo di agnello porta con sé una parallela produzione di 39,2 kg di Co2 (l’equivalente di un viaggio in auto di almeno 140 km). Le lenticchie? Siamo sotto al chilo. La situazione non migliora se ci concentriamo sull’acqua. Il cibo ricavato dagli animali ne consuma almeno da 5 a 10 volte di più di quella che serve ad un’alimentazione vegetale: se per 1 kg di carne bovina sono necessari non meno di 15 mila litri di acqua (più o meno l’equivalente di 110 vasche da bagno), circa 6 mila invece per un chilo di maiale, mentre per 1 kg di riso ne sono sufficienti poco più di 2.500. Per i vegetali in generale il rapporto acqua-calorie è di 1,34 al litro: la metà della carne di pollo, quasi dieci volte di meno se si prende in considerazione il manzo. Passando al “consumo di suolo”, secondo un calcolo fatto considerando non solo lo spazio occupato dagli allevamenti ma anche dalla coltivazione di vegetali necessari al sostentamento degli animali (secondo le statistiche della Fao, il 50% della produzione mondiale di cereali ed il 90% di quella di soia sono destinate al bestiame come mangimi) l’industria alimentare sfrutta ad oggi circa il 40% dello spazio disponibile sulla Terra. Un esempio su tutti: la foresta Amazzonica, in cui l’88% del territorio disboscato è stato adibito a pascolo. Senza contare l’altra pesante conseguenza degli allevamenti: le deiezioni del bestiame. Una sola vacca da latte ne produce quanto 20–40 persone.
Fonte: http://veggoanchio.corriere.it/2016/04/29/la-danimarca-vuole-tassare-la-carne-inquina-troppo/
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