La rivoluzione vegetariana salverà il pianeta?
Nella giornata mondiale dell’Alimentazione l’appello degli animalisti: un altro modo di mangiare è possibile e “costa” meno alla terra
di Antonella Mariotti
Diventare vegetariani o vegani. E’ questo il regalo più importante che si possa fare al Pianeta e a noi stessi in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Lo dice l’Enpa, l’Ente nazionale protezione animali, lo dicono le associazioni di vegetariani e vegani ma lo sostengono anche autorevoli economisti ed esperti di alimentazione o medici. Basta solo fare un conto: una caloria vegetale ne costa più o meno dieci di petrolio per produrla, una caloria proveniente dalla carne ne costa almeno cento.
Una scelta etica fondamentale, sia per salvare l’uomo e gli altri esseri viventi, sia per preservare il pianeta dalla deriva della desertificazione, della perdita della biodiversità e dei pericolosi cambiamenti climatici.
A sostenerlo sono anche economisti e scienziati. Primo fra tutti Jeremy Rifkin, il quale si è reso portavoce di un messaggio forte e inequivocabile: il mondo per salvarsi, ha bisogno di una rivoluzione vegetariana. I dati, del resto, parlano chiaro: sulla terra ci sono circa 6,5 miliardi di persone, ma - secondo la FAO - solo il 20% può nutrirsi in modo adeguato. Il 26% del Pianeta è invaso dagli allevamenti di animali, che ogni anno producono oltre 1500 miliardi di tonnellate di deiezioni, causa – a loro volta – dell’emissione del 18% dei gas serra (i veicoli ne producono solo il 14%).
Le deiezioni totali prodotte dagli allevamenti avicoli ogni anno sono pari a 50 miliardi di tonnellate, 1000 miliardi quelle dei bovini e 550 milioni di tonnellate quelle prodotte dagli altri animali. Soltanto gli Usa producono 500 milioni di chili al secondo per un totale di oltre 1500 miliardi di tonnellate annue.
I terreni della foresta amazzonica, strappati al loro naturale splendore selvaggio, sono ormai devastati dall’uomo che ogni anno taglia alberi e massacra centinaia di specie animali e vegetali per far diventare quei terreni o pascoli per armenti, destinati alla produzione di hamburger per Paesi già ipercolesterolici, o campi per produrre foraggi per gli allevamenti. L’88% dei terreni disboscati dell’Amazzonia sono stati destinati al pascolo, così come il 70% di quelli panamensi e costaricani, distruggendo il più importante polmone del mondo.
I danni sono irreparabili. La deforestazione distrugge la biodiversità, toglie ossigeno, favorisce i fenomeni di desertificazione, aumenta l’emissione di gas prodotti dagli animali allevati in modo intensivo e ne sacrifica la vita a vantaggio di pochi, con un prezzo pagato invece da molti – uomini e animali - e dalla natura tutta. Occorrono in media più di 16 chili di foraggio per produrre un chilo di carne e, secondo i dati FAO, e dai 1.000 a 2.000 litri d’acqua per produrre un chilo di grano mentre per ottenere la stessa quantità di proteine animali ne servono da 13mila a 15mila litri. Se tali risorse fossero impiegate per le colture cerealicole e leguminose, probabilmente la fame nel mondo sarebbe solo un ricordo.
Ma non è tutto: negli allevamenti gli animali vengono bombardati con massicce dosi di antiobiotici che finiscono per entrare nella catena alimentare dell’uomo (soltanto in Europa se ne consumano ogni anno 5mila kg), determinando i pericolosissimi fenomeni di antibiotico-resistenza.
«I motivi alla base della scelta vegana o vegetariana non sono legati soltanto al dovuto rispetto per gli animali o ragioni dietetico – salutiste», commenta il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri, che prosegue: «Il rispetto per la vita tutta e l’obiettivo di realizzare un mondo più equo passano per una scelta che ormai ci rende cittadini più consapevoli, più capaci di valutare che i nostri comportamenti hanno impatti e ripercussioni globali».
Tra le diete vegetariane quella vegana (senza carne, pesce, uova, formaggi e derivati) è espressione di un profondo rispetto per l’ambiente e la natura. Il futuro della Terra e la sua sopravvivenza sono legati indissolubilmente al rispetto essenziale di tutti quegli equilibri interconnessi tra loro, ad iniziare da ciò che consumiamo, a tavola e non. Decidere di diventare vegetariani e poi vegani fa bene non soltanto a noi stessi ma anche agli animali e a tutti quei popoli che -a causa del consumo sfrenato imperante nell’altra metà del mondo- diventano sempre più poveri.
16/10/2013
Fonte : http://www.lastampa.it/2013/10/16/scienza/ambiente/focus/la-rivoluzione-vegetariana-salver-il-pianeta-QKd7BOvQFt6fwWwhK0YxaN/pagina.html
di Antonella Mariotti
Diventare vegetariani o vegani. E’ questo il regalo più importante che si possa fare al Pianeta e a noi stessi in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Lo dice l’Enpa, l’Ente nazionale protezione animali, lo dicono le associazioni di vegetariani e vegani ma lo sostengono anche autorevoli economisti ed esperti di alimentazione o medici. Basta solo fare un conto: una caloria vegetale ne costa più o meno dieci di petrolio per produrla, una caloria proveniente dalla carne ne costa almeno cento.
Una scelta etica fondamentale, sia per salvare l’uomo e gli altri esseri viventi, sia per preservare il pianeta dalla deriva della desertificazione, della perdita della biodiversità e dei pericolosi cambiamenti climatici.
A sostenerlo sono anche economisti e scienziati. Primo fra tutti Jeremy Rifkin, il quale si è reso portavoce di un messaggio forte e inequivocabile: il mondo per salvarsi, ha bisogno di una rivoluzione vegetariana. I dati, del resto, parlano chiaro: sulla terra ci sono circa 6,5 miliardi di persone, ma - secondo la FAO - solo il 20% può nutrirsi in modo adeguato. Il 26% del Pianeta è invaso dagli allevamenti di animali, che ogni anno producono oltre 1500 miliardi di tonnellate di deiezioni, causa – a loro volta – dell’emissione del 18% dei gas serra (i veicoli ne producono solo il 14%).
Le deiezioni totali prodotte dagli allevamenti avicoli ogni anno sono pari a 50 miliardi di tonnellate, 1000 miliardi quelle dei bovini e 550 milioni di tonnellate quelle prodotte dagli altri animali. Soltanto gli Usa producono 500 milioni di chili al secondo per un totale di oltre 1500 miliardi di tonnellate annue.
I terreni della foresta amazzonica, strappati al loro naturale splendore selvaggio, sono ormai devastati dall’uomo che ogni anno taglia alberi e massacra centinaia di specie animali e vegetali per far diventare quei terreni o pascoli per armenti, destinati alla produzione di hamburger per Paesi già ipercolesterolici, o campi per produrre foraggi per gli allevamenti. L’88% dei terreni disboscati dell’Amazzonia sono stati destinati al pascolo, così come il 70% di quelli panamensi e costaricani, distruggendo il più importante polmone del mondo.
I danni sono irreparabili. La deforestazione distrugge la biodiversità, toglie ossigeno, favorisce i fenomeni di desertificazione, aumenta l’emissione di gas prodotti dagli animali allevati in modo intensivo e ne sacrifica la vita a vantaggio di pochi, con un prezzo pagato invece da molti – uomini e animali - e dalla natura tutta. Occorrono in media più di 16 chili di foraggio per produrre un chilo di carne e, secondo i dati FAO, e dai 1.000 a 2.000 litri d’acqua per produrre un chilo di grano mentre per ottenere la stessa quantità di proteine animali ne servono da 13mila a 15mila litri. Se tali risorse fossero impiegate per le colture cerealicole e leguminose, probabilmente la fame nel mondo sarebbe solo un ricordo.
Ma non è tutto: negli allevamenti gli animali vengono bombardati con massicce dosi di antiobiotici che finiscono per entrare nella catena alimentare dell’uomo (soltanto in Europa se ne consumano ogni anno 5mila kg), determinando i pericolosissimi fenomeni di antibiotico-resistenza.
«I motivi alla base della scelta vegana o vegetariana non sono legati soltanto al dovuto rispetto per gli animali o ragioni dietetico – salutiste», commenta il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri, che prosegue: «Il rispetto per la vita tutta e l’obiettivo di realizzare un mondo più equo passano per una scelta che ormai ci rende cittadini più consapevoli, più capaci di valutare che i nostri comportamenti hanno impatti e ripercussioni globali».
Tra le diete vegetariane quella vegana (senza carne, pesce, uova, formaggi e derivati) è espressione di un profondo rispetto per l’ambiente e la natura. Il futuro della Terra e la sua sopravvivenza sono legati indissolubilmente al rispetto essenziale di tutti quegli equilibri interconnessi tra loro, ad iniziare da ciò che consumiamo, a tavola e non. Decidere di diventare vegetariani e poi vegani fa bene non soltanto a noi stessi ma anche agli animali e a tutti quei popoli che -a causa del consumo sfrenato imperante nell’altra metà del mondo- diventano sempre più poveri.
16/10/2013
Fonte : http://www.lastampa.it/2013/10/16/scienza/ambiente/focus/la-rivoluzione-vegetariana-salver-il-pianeta-QKd7BOvQFt6fwWwhK0YxaN/pagina.html
Visitata 3847 volte