Febbre suina: chi paga?
Febbre suina: rischi per la salute ed enormi spese per i vaccini. Chi paga?
FEBBRE SUINA: RISCHI PER LA SALUTE ED ENORMI SPESE PER I VACCINI.
PERCHE' GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI NON PAGANO, VISTO CHE SONO LA CAUSA DEL PROBLEMA?
Secondo il Ministro del Welfare, in Italia verranno vaccinati contro la febbre suina, o virus H1N1, 8,5 milioni di italiani entro l'anno e da gennaio 2010 tutta la fascia di popolazione tra i 2 e i 27 anni, per un totale di 15,4 milioni di persone.
Vaccinare, però, non risolverà la situazione, se il problema non viene attaccato alla radice: questo genere di epidemie sono causate dagli allevamenti intensivi, dalle condizioni di sovraffollamento e di scarsa igiene. Fino a che non si interverrà sui modelli di consumo, fino a che non si farà educazione - per prevenire - anziché tentare di correre ai ripari troppo tardi, questi problemi non potranno che aumentare nel tempo.
Il mercato della carne ormai è globale, una polpetta che compriamo in un supermercato in Italia può essere stata prodotta con carni provenienti da tre diverse nazioni sparse nel mondo. Gli allevamenti sono sempre più industrializzati in tutto il mondo, e quindi sempre più pericolosi per la quantità di animali allevati e le epidemie che in essi si possono sviluppare.
Non basta che gli animali siano riempiti di antibiotici e altri farmaci, perché le condizioni in cui sono costretti a vivere sono talmente innaturali, l'affollamento è talmente spinto, l'igiene è talmente scarsa, che è impossibile che periodicamente non scoppino epidemie più o meno estese. Gli animali non sono macchine, come a molti allevatori e consumatori fa comodo pensare, quindi si ammalano se costretti a vivere in condizioni insostenibili per qualsiasi essere vivente.
Quando accade, però, chi paga, da un punto di vista economico (perché gli animali già pagano con la propria vita, sempre e comunque), non sono certo le industrie dell'allevamento intensivo, ma sono sempre i cittadini con le loro tasse. Anzi, spesso in casi di epidemie i proprietari degli allevamenti vengono perfino "risarciti" - coi soldi pubblici - anziché essere puniti per il danno procurato alla salute pubblica e all'ambiente.
Oltre a questo, chiediamoci quanti saranno i danni più o meno gravi alla salute delle persone che verranno vaccinate: un vaccino è un farmaco, e come tale ha sempre degli effetti collaterali, variabili da una persona all'altra, che possono anche essere molto gravi.
Per frenare questo problema occorre agire su due fronti: su quello istituzionale, per porre fine a questa inammissibile regalia di denaro dei cittadini ai proprietari delle industrie zootecniche, e per far diminuire il numero di animali allevati; non possono esistere tecniche di allevamento "sostenibili" finché il numero di animali allevati rimane così enorme, e anzi, cresce di anno in anno. Ma occorre agire anche sul fronte personale, perché la responsabilità non è solo degli allevatori o dei governi, ma anche dei consumatori, che devono rendersi conto che l'attuale livello di consumo di carne, pesce e altri prodotti animali è quello che causa questi problemi.
E' impossibile continuare con questi livelli di consumo e allo stesso tempo chiedere "sicurezza" sanitaria. I consumi di carne vanno diminuiti, in modo drastico, da subito, se vogliamo arginare i pericoli sanitari, oltre che quelli ambientali.
[COMUNICATO STAMPA
della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV - 28 luglio 2009]
FEBBRE SUINA: RISCHI PER LA SALUTE ED ENORMI SPESE PER I VACCINI.
PERCHE' GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI NON PAGANO, VISTO CHE SONO LA CAUSA DEL PROBLEMA?
Secondo il Ministro del Welfare, in Italia verranno vaccinati contro la febbre suina, o virus H1N1, 8,5 milioni di italiani entro l'anno e da gennaio 2010 tutta la fascia di popolazione tra i 2 e i 27 anni, per un totale di 15,4 milioni di persone.
Vaccinare, però, non risolverà la situazione, se il problema non viene attaccato alla radice: questo genere di epidemie sono causate dagli allevamenti intensivi, dalle condizioni di sovraffollamento e di scarsa igiene. Fino a che non si interverrà sui modelli di consumo, fino a che non si farà educazione - per prevenire - anziché tentare di correre ai ripari troppo tardi, questi problemi non potranno che aumentare nel tempo.
Il mercato della carne ormai è globale, una polpetta che compriamo in un supermercato in Italia può essere stata prodotta con carni provenienti da tre diverse nazioni sparse nel mondo. Gli allevamenti sono sempre più industrializzati in tutto il mondo, e quindi sempre più pericolosi per la quantità di animali allevati e le epidemie che in essi si possono sviluppare.
Non basta che gli animali siano riempiti di antibiotici e altri farmaci, perché le condizioni in cui sono costretti a vivere sono talmente innaturali, l'affollamento è talmente spinto, l'igiene è talmente scarsa, che è impossibile che periodicamente non scoppino epidemie più o meno estese. Gli animali non sono macchine, come a molti allevatori e consumatori fa comodo pensare, quindi si ammalano se costretti a vivere in condizioni insostenibili per qualsiasi essere vivente.
Quando accade, però, chi paga, da un punto di vista economico (perché gli animali già pagano con la propria vita, sempre e comunque), non sono certo le industrie dell'allevamento intensivo, ma sono sempre i cittadini con le loro tasse. Anzi, spesso in casi di epidemie i proprietari degli allevamenti vengono perfino "risarciti" - coi soldi pubblici - anziché essere puniti per il danno procurato alla salute pubblica e all'ambiente.
Oltre a questo, chiediamoci quanti saranno i danni più o meno gravi alla salute delle persone che verranno vaccinate: un vaccino è un farmaco, e come tale ha sempre degli effetti collaterali, variabili da una persona all'altra, che possono anche essere molto gravi.
Per frenare questo problema occorre agire su due fronti: su quello istituzionale, per porre fine a questa inammissibile regalia di denaro dei cittadini ai proprietari delle industrie zootecniche, e per far diminuire il numero di animali allevati; non possono esistere tecniche di allevamento "sostenibili" finché il numero di animali allevati rimane così enorme, e anzi, cresce di anno in anno. Ma occorre agire anche sul fronte personale, perché la responsabilità non è solo degli allevatori o dei governi, ma anche dei consumatori, che devono rendersi conto che l'attuale livello di consumo di carne, pesce e altri prodotti animali è quello che causa questi problemi.
E' impossibile continuare con questi livelli di consumo e allo stesso tempo chiedere "sicurezza" sanitaria. I consumi di carne vanno diminuiti, in modo drastico, da subito, se vogliamo arginare i pericoli sanitari, oltre che quelli ambientali.
[COMUNICATO STAMPA
della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV - 28 luglio 2009]
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