Animali o cibo?
di Emanuela Barbero
La crescente sensibilità e attenzione verso le condizioni degli animali, soprattutto quelli di allevamento, che vengono - non a caso - anche chiamati “da reddito”, ci pone oggi più che mai di fronte alla profonda immoralità del trattamento che noi umani riserviamo alle altre creature viventi e sta mettendo sempre più in discussione l’assunto che la specie umana abbia veramente il diritto di “dominare” su tutte le altre. Questo assunto, nella cultura occidentale, fonda le proprie radici principalmente nella Bibbia ed è stato successivamente ribadito anche dall’Umanesimo, eppure esso non è del tutto estraneo neppure ad altre culture, pur se lontane tra loro e molto diverse sotto numerosi altri aspetti. Gli umani sono spesso in disaccordo e si fanno persino guerra per le più svariate ragioni, da quelle religiose a quelle politiche ed economiche, però su una cosa sembrano essere tutti d’accordo: gli interessi degli animali non meritano nessuna considerazione. Non solo: gli umani hanno il diritto di disporre liberamente delle loro vite per la propria esclusiva convenienza.
Ciò che ne deriva è il fatto che gli esseri umani impongono a tutte le altre specie che vivono su questo pianeta soprusi di ogni ordine e grado, attraverso una sistematica violenza volta al proprio massimo profitto ed esclusivo tornaconto. Gli umani non prendono assolutamente in considerazione gli interessi degli altri esseri viventi, neppure quelli basilari come il diritto di vivere conformemente alla propria natura e tanto meno quello primario alla vita.
La specie umana è passata, senza evidentemente porsi alcun problema di ordine etico, dalla cultura rurale basata su una pastorizia di sussistenza agli allevamenti intensivi, vere e proprie fabbriche dove gli animali, trasformati in semplici oggetti, vengono fatti nascere con l’unico scopo di essere sfruttati al massimo livello possibile e poi macellati, fatti a pezzi e “consumati”. In tutto questo “processo produttivo” non vi è alcuna considerazione per la loro sofferenza né per la loro vita, mentre le legislazioni vigenti in materia sono del tutto inadeguate a garantire anche solo il minimo rispetto delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche.
L'origine del vostro "cibo"
Gli animali che arrivano nei piatti di chi mangia carne, nascono e vivono le loro brevi e innaturali vite in enormi capannoni maleodoranti fatti di cemento e di sbarre dove non è assolutamente possibile vivere secondo la loro natura: sono stati così trasformati da complessi esseri viventi in semplici macchine. Vittime innocenti del nostro spietato sistema economico e produttivo, miliardi di creature vivono le loro non-vite in gabbie anguste e in spazi sovraffollati, senza mai vedere il cielo né un prato verde, senza conoscere il sole né l’aria né la minima libertà di movimento e di relazione con gli altri animali della loro specie.
Le galline vengono allevate in enormi capannoni e sistemate in lunghe file di piccolissime gabbie impilate su più piani per consentire agli allevatori la maggior concentrazione numerica possibile - e dunque il massimo guadagno. Questi enormi complessi arrivano a contenere anche diversi milioni di galline, sia che si tratti di galline ovaiole che da carne (broilers).
Ai maiali non spetta una sorte migliore: le scrofe sono costrette a partorire una cucciolata dietro l’altra e ad allattare la propria prole attraverso sbarre metalliche, strette perennemente in una gabbia della dimensione del proprio corpo, dove faticano persino a girarsi.
I vitelli vengono separati quasi immediatamente dalle madri e nutriti con appositi pastoni perché il latte a loro destinato dalla natura possa essere invece consumato da un’altra specie, quella degli umani: gli unici mammiferi che si nutrono del latte di un’altra specie e per di più gli unici che continuano a farlo anche da adulti. Per potersi appropriare del latte delle mucche, gli umani le ingravidano artificialmente, a ciclo continuo, e le stipano in enormi capannoni in cui tutti i processi sono ormai meccanizzati: dalla mungitura alla somministrazione del cibo. Ogni mucca ha a disposizione uno spazio molto limitato e non le è permesso avere alcuna relazione né con i suoi piccoli né con i propri simili.
Stress e malattie sono la norma
Gli animali, dato che in realtà non sono macchine e neppure oggetti, quando vengono trattati in modo così innaturale, sono ovviamente soggetti a stress e malattie. Inoltre essi si annoiano terribilmente perché non è loro possibile svolgere alcuna funzione naturale né interagire con i propri simili e per questo, come capita anche agli umani in analoghi casi di immobilità forzata e sovraffollamento, spesso diventano nervosi ed aggressivi.
Le galline, stipate all’inverosimile in strette gabbie sovraffollate dove non possono mai sbattere le ali o razzolare, iniziano a beccarsi tra di loro. I maiali, che sono animali curiosi e intelligenti, in mancanza di altri stimoli e come unico passatempo possibile, si mordono reciprocamente la coda. I vitelli invece mordono le sbarre di metallo per procurarsi il ferro loro negato dalla dieta artificiale somministrata, che è invece finalizzata a mantenerne le carni tenere e bianche per un mercato esigente e abituato alla carne di vitello anemica.
In seguito ai numerosi problemi posti dall’innaturalità dell’allevamento intensivo, anziché migliorare le condizioni di stabulamento garantendo agli animali più spazio vitale e un minimo di libertà di movimento, l’industria dell’allevamento ha invece optato per la soluzione economicamente più remunerativa: il taglio del becco per le galline e quello della coda per i maiali. Quanto ai vitellini, essi vengono immobilizzati affinché non abbiano alcuna possibilità di accedere alle sbarre di metallo e non si sviluppi la loro muscolatura, eventualità che renderebbero la carne meno bianca e tenera, quindi meno apprezzata e costosa sul mercato. Vitelli e maiali vengono correntemente castrati, quasi sempre senza anestesia (perché costa) affinché siano più docili e le loro carni più gradevoli al palato.
Inoltre, allo scopo di evitare possibili disastrose epidemie, sempre in agguato in ambienti così artificiali e sovraffollati, gli animali sono tenuti sotto costante terapia antibiotica: farmaci che finiscono poi inevitabilmente anche nella catena alimentare umana e che costituiscono la causa principale della crescente resistenza agli antibiotici da parte della nostra specie, che diventa così sempre più esposta alle infezioni batteriche.
Ma non basta: affinché la resa economica sia più elevata possibile, è d’uso corrente somministrare ormoni agli animali di allevamento al fine di farli crescere più in fretta o di far produrre loro più latte: in Italia questa pratica è illegale ma nella realtà si legge spesso di fatti di questo genere e non mancano anche denunce al riguardo. Negli Stati Uniti la somministrazione di ormoni è addirittura consentita dalla legge e costituisce dunque la norma.
Il cibo del vostro cibo
Sempre allo scopo di massimizzare i profitti, gli animali da allevamento sono nutriti con ogni tipo di scarto di produzione: oltre a tutti i generi di scarti delle lavorazioni degli alimenti per gli umani, vengono utilizzati gli oli esausti e i rifiuti industriali, le lettiere dei polli e dei maiali, gli animali eutanizzati e quelli trovati morti ai bordi delle strade (negli Stati Uniti).
Come ci spiega l’economista Jeremy Rifkin nel suo libro “Ecocidio - Ascesa e caduta della cultura della carne” (Mondatori, 2001), sono stati avviati progetti di ricerca che hanno lo scopo di verificare la somministrabilità, ai bovini, di cartone e carta da giornale e si è calcolato che mischiando al mangime della polvere di cemento come supplemento alimentare il peso degli animali aumenterebbe fino al 30%. Si è giunti alla conclusione che la fibra fornita dal fieno potrebbe essere sostituita da assai più economici pallini plastici composti dall’80-90% di etilene e dal 10-20% di propilene.
Del resto perché stupirsi di tutto questo in un mondo dominato dal profitto e dalla crescente richiesta di cibo animale? La domanda di carne a livello mondiale è in costante aumento ed è destinata a salire ancora, mano a mano che i paesi in via di sviluppo si avvicinano agli standard occidentali di benessere. Come pensare dunque di poter continuare a soddisfarla senza ricorrere ad ogni tipo di espediente?
Poiché la corsa verso il benessere è sostanzialmente di carattere economico e non riguarda gli aspetti etici e sociali che vi sono implicati, vengono sempre più incoraggiate e diffuse anche soluzioni come la clonazione e pesanti modificazioni genetiche per aumentare la produttività degli animali e ben difficilmente le aziende dell’agri-business invertiranno di propria iniziativa questa lucrosa (per loro) tendenza. Solo le nostre pressioni e scelte personali potranno invertire questa folle corsa: ciascuno di noi ha dunque la possibilità di fare la propria parte.
I viaggi della morte
Ma ancora non è tutto. Giunti al fatidico momento di essere abbattuti, per gli animali si rende necessario il trasporto verso il luogo di macellazione, trasporto che dura non di rado giorni interi, spesso senza soste né cibo né acqua. Per la verità le leggi imporrebbero soste intermedie, tuttavia i controlli sono sempre troppo pochi e le irregolarità molte, ma, ancora una volta, perché stupirsi? Dopotutto “sono soltanto animali”. Molti di essi non reggono queste terribili condizioni, a cui vanno aggiunti stress e paura, e muoiono durante il tragitto, oppure cadono e vengono calpestati dai compagni a loro volta stanchi e terrorizzati, ritrovandosi poi spesso con ferite aperte, quando non addirittura con arti e schiene spezzati (questa eventualità non è affatto rara tant’è vero che negli Stati Uniti per questi animali è stato appositamente coniato il termine downer). Le pecore, che sono animali molto timorosi di natura, durante il trasporto arrivano persino a morire di crepacuore: il loro cuore si spacca, letteralmente, dal terrore.
Quante volte incrociamo questi carichi di morte sulle autostrade o nei punti sosta? Vagoni stipati all’inverosimile di vite palpitanti, con creature urlanti e spaventate, affamate e assetate, lasciate impietosamente per giorni interi sotto il sole cocente in estate e alla mercé dei rigori del gelo in inverno: “tanto sono nati solo per essere mangiati”.
Ultima puntata: "lo smontaggio"
Quelli sopravvissuti persino ai lunghi viaggi della morte nei vagoni piombati, devono poi ancora affrontare la terribile agonia delle lame rotanti: questo nel caso delle galline a cui viene recisa la testa dopo essere state appese in lunghe file per le zampe a testa in giù. Oppure, nel caso di mucche, vitelli, maiali, capre, pecore e agnelli, vengono utilizzati dei proiettili captivi.
Operazioni svolte per lo più di fretta e senza molta attenzione da personale ad alto turnover, dove ogni animale assiste all’uccisione brutale di molti suoi compagni prima di giungere al proprio turno.
Non tutti muoiono sul colpo, ma non c’è tempo per ripetere l’operazione e così alcuni di loro vengono fatti a pezzi quando sono ancora vivi e coscienti.
I filmati disponibili testimoniano urla di terrore, zoccoli puntati per terra con la forza della disperazione, immancabili tentativi di fuga dettati dall’insopprimibile spirito della sopravvivenza e dall’esuberanza della vita, occhi roteanti e terrorizzati, sguardi imploranti che trafiggono l’anima, sangue che schizza da tutte le parti, l’opprimente sensazione del fetore rivoltante… Molte di queste mansuete e sfortunate creature, fino alle loro ultime forze residue, cercano invano di opporre resistenza e di fuggire, rispondendo ad un indomito impulso vitale, ma la macchina di morte messa a punto dall'uomo è ben oliata e procede efficiente e spietata: essa non prevede la grazia per nessuno.
Così muoiono tutti gli animali da allevamento, sia i milioni di milioni vissuti nei capannoni di cemento che quei pochi altri un po’ meno sfortunati, nati e cresciuti in condizioni meno grame negli allevamenti cosiddetti “biologici”.
Resta il fatto che alla fine muoiono tutti allo stesso modo.
E nessuno di vecchiaia.
Chi amare e chi mangiare?
A questo punto viene spontaneo chiedersi in base a quali criteri ciascuno di noi scelga chi amare e chi mangiare. C’è chi vive con cani e gatti e mai si sognerebbe di mangiarli. Poi però a cena mangia tranquillamente coniglio, maiale, pollo, vitello… Ma non sono tutti quanti animali allo stesso modo?
Tutti loro sono in grado di vivere una ricca e intensa vita di relazione con i propri simili (e non solo), provano emozioni e sensazioni, gioia e soddisfazione, angoscia e paura, piacere e dolore, respirano, vedono, sentono… e amano!
Vi siete mai chiesti com’è possibile amare appassionatamente alcuni animali e allo stesso tempo mangiarne tranquillamente altri?
Un invito e una riflessione: in nome del rispetto della vita e degli altri animali, quando ci mettiamo a tavola cerchiamo di alimentarci col cibo meno intriso di violenza e di crudeltà di cui possiamo disporre. Perché, come già sosteneva Gandhi, il grado di civiltà di una nazione si misura anche da come tratta gli animali. La pace e la nonviolenza cominciano dalla nostra tavola.
Maggio 2006
Visitata 9538 volte