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Heidi racconta la sua storia



Non ci avrei mai creduto
Heidi racconta la sua storia


(da “Vegetarisch genießen” - trad. di Giuliano Bertuzzi)


Una immaginaria intervista a una mucca per far conoscere la realtà che sta dietro gli allevamenti intensivi per la produzione del latte.

Heidi non è un caso unico. Il suo destino toccante é condiviso da centinaia di migliaia di creature e rimane tuttavia all´oscuro dell´opinione pubblica. Heidi, un nome naturalmente fittizio, rompe oggi il suo silenzio nella speranza di riuscire forse a smuovere qualcosa.

Red: “Heidi, abbiamo appreso che lei desidera raccontare la sua storia di vita”.

Heidi: “Sí, è proprio cosí”.

Red: “Bene, allora possiamo cominciare”.

Heidi: “Venni concepita, nacqui e crebbi nel mondo oscuro di un´azienda di produzione del latte. All´etá di 18 mesi venni inseminata artificialmente, in modo che mettessi al mondo un piccolo. Il mio proprietario acquistó allo scopo lo sperma refrigerato di un cosiddetto toro di prima classe, selezionato nel catalogo per corrispondenza di un´azienda specializzata. Da questo toro erano state fecondate giá circa 65.000 mie compagne di sofferenza.
Dovetti ingoiare un paio di preparati ormonali, affinché lo sperma mi potesse fecondare con certezza.
All´etá di 27 mesi portai alla luce un giovane robusto di nome Moritz. Pesava 40 chili, una prestazione di tutto rispetto per una giovane madre come me, dato che secondo i criteri umani di crescita sarei stata una quindicenne.
Mi sono naturalmente rallegrata molto della nascita di mio figlio, tuttavia la mia gioia materna duró solamente due ore. Dopodiché mi venne strappato il mio piccolo. Non so che cosa gli sia accaduto. Udii ancora per giorni il suo richiamo verso di me, dato che venne allevato nello stesso edificio dove anch´io mi trovavo. Piansi a lungo e chiamai piú volte disperata mio figlio. Siccome non smisi di gridare venni picchiata ed insultata. Non vidi mai piú mio figlio. La mia amica mi raccontó che Moritz veniva allevato separatamente e cresciuto con del latte artificiale. Venne in questo modo ingrassato e portato alla tenera etá di poche settimane presso un uomo che con un dardo metallico dilanió il cervello del mio bambino, appese il piccolo corpo di Moritz per una zampa, gli squarció la gola con un coltello affilato, e una volta dissanguato lo fece a pezzi mentre era ancora caldo.
I pezzi di cadavere del mio piccolo, dato che sono prelibati e teneri, vennero acquistati volentieri dagli uomini e preparati come delicatezze in occasione di festivitá nel cerchio familiare o di inviti particolari. Non potevo credere che il mio proprietario, che spesso mi accarezzava e mi parlava, potesse fare tutto ció. Non potevo semplicemente crederci. Non puó essere – pensai. Oggi so che questa è la triste realtá per innumerevoli mie amiche.

Red: Questa è una storia incredibile! Come proseguí?

Heidi: Ogni giorno, un macchinario venne attaccato alle mie mammelle affinché mi venissero succhiati oltre 30 litri di latte. Il mio piccolo non lo ricevette mai poiché il mio latte gli veniva immediatamente portato via con un camion.
Ogni giorno vegetavo nel mio carcere ristretto, insieme alle mie compagne di destino. Avevo continuamente fame e sete: l´enorme furto di latte quotidiano mi toglieva tutte le forze!
La maggior parte del cibo che ingerivo serviva a farmi produrre il latte.
La superficie su cui giacevo per 12 ore al giorno, per ruminare o per dormire, era solo poco piú grande di uno dei vostri letti. Il terreno calpestabile del nostro carcere, che condividevo e condivido tutt´ora con circa 200 mie colleghe, è coperto di escrementi, dato che non abbiamo altrimenti un´altro luogo dove scaricarci. In un canale che scorre lungo la superficie calpestabile si trova un grande urinatoio che raccoglie ogni cosa: puzza in modo orribile ed è pieno di mosche e di altri parassiti…Vorrei scappare cosí volentieri da questa camera di tortura; sogno verdi distese, il vento ed una grande palla in cielo che mi riscalda. Non so assolutamente se ció esiste nella realtá.

Red: Heidi, come´è la sua giornata tipo?

Heidi: Vengo munta, poi mangio qualcosa, poi rumino, poi dormo, poi vengo di nuovo munta, mangio di nuovo qualcosa, rumino di nuovo ció che ho mangiato, dormo un po´ e tutto da capo, ogni giorno, ogni giorno…
Non capisco perché gli uomini si comportano con me. Io non voglio mangiare cosí tanto ma sono costretta perché il consumo di energia dovuto alla munzione mi sfinisce. È davvero una sensazione orribile.

Red: Come poté superare la perdita di Moritz?

Heidi: Non ebbi alcun tempo per questo. Giá due mesi dopo il parto di Moritz venni di nuovo fecondata artificialmente ed ebbi cosí un doppio carico: donare il mio latte e far crescere in me un nuovo piccolo. Questo doppio carico mi indebolí incredibilmente. E poi la paura: forse me lo portano via di nuovo! Questa non è vita!
Il mio utero si infiammó, anche per via del continuo contatto con gli escrementi carichi di batteri e con il cibo ricco di germi. La mia febbre e la mia infezione vennero combattuti per mezzo di antibiotici da un uomo dal camice bianco. Il mio proprietario si arrabbió con me perché dovette gettare via il mio latte per un paio di giorni, a causa dei resti degli antibiotici e dei batteri purulenti. Fui come costretta a ridivenire velocemente sana, poiché altrimenti avrebbero fatto con te quello che hanno fatto con Moritz, come mi disse anche una mia amica.

Red: Cosa accadde con il secondo figlio?

Heidi: Io divenni sana e regalai la vita ad una fanciulla. Come mi venna portata via anche la dolce Vroni, quasi impazzii. Mia figlia venne tuttavia sempre lasciata in vita. La mia amica mi tolse subito la consolazione dicendomi che Vroni sarebbe stata allevata per poter prendere il mio posto.
Dopo due mesi venni di nuovo fecondata. Seguí una ulteriore gravidanza sofferente, e poi la nascita di Oscar. Non ho piú urlato quando me lo hanno portato via, ho solo pianto in modo apatico. Non potevo in ogni caso fare nulla.

Red: Come si sente di fronte a tutto ció?

Heidi: Sono sfinita. La continua esposizione alla munzione attraverso i macchinari e le tre stressanti gravidanze mi hanno reso totalmente fiacca e senza speranza. Le infiammazioni all´utero diventano sempre piú forti, le fatture mediche sempre piú care. Credo che verró presto sostituita da mia figlia Vroni, perché per il mio proprietario non rappresento piú fattore di rendita. Il mio proprietario nel momento in cui qualche tempo fa mi venne fatta una perizia disse ad un altro uomo che io avevo fornito, secondo i suoi calcoli, circa 30.000 litri di latte e che per questo mi aveva ammortizzata.
Sono esausta come essere vivente e senza piú alcun valore da un punto di vista commerciale. L´ultimo incasso che il mio proprietario fará attraverso di me sará con il sangue della mia macellazione. Con me non potrá peró incassare piú di tanto: i miei pezzi di cadavere sono duri ed irrigiditi a causa dei miei sforzi. Potrebbero andare bene, come ho potuto apprendere da un colloquio, “solo per lo spezzatino o per dei wurstel”. A parte questo solamente un terzo dei miei pezzi vitali è utilizzabile, dato che molti organi sono malati per via degli effetti di tutti i medicamenti che ho dovuto ingerire per anni. Come ho potuto anche apprendere vengo oggi considerata semplicemente una mucca vecchia, nonostante come essere umano non avrei ancora 20 anni!
Sono solo una “disposable cow” (una mucca “da consumo”), come si dice in Inghilterra: per tre interi anni quantitá immense di latte, ed un parto dopo l´altro parti, poi la malattia ed il macello.

Red: E come prosegue ora la tua storia?

Heidi: Mi dia uno sguardo! Sono alla fine. Domani, lo sento, verró uccisa con la stessa brutalitá che è toccata ai miei piccoli. E´ stata una vita orribile e piena di paura, dolori e sofferenza.
Per favore, vi imploro di pubblicare il nostro colloquio nella vostra rivista, in modo che gli uomini possano apprendere dell´indicibile sofferenza di noi animali da macello e che il loro cuore possa essere toccato.
Forse cosí qualcuno puó decidere di cambiare le sue abitudini alimentari e impegnarsi a favore di noi creature senza alcun diritto. Cosí almeno la mia sofferenza avrebbe significato qualcosa…

Tradotto dalla rivista tedesca “Vegetarisch genießen” (“Gustare vegetariano”), edita dalla casa editrice “Das Brennglass”. Per riscontri: abo@vegetarisch-geniessen.com

Internet: www.vegetarisch-geniessen.com





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