Sperimentazione animale: una questione politica
di Marco Mamone Capria
Docente di Storia ed Epistemologia della Matematica e delle Scienze presso la SSIS dell'Università di Perugia
La sperimentazione su animali vivi, anche detta vivisezione, è una delle principali attività istituzionalizzate attraverso cui i cittadini sono quotidianamente e in diversi contesti indotti a rinunciare al loro diritto alla salute. Questa affermazione può suonare sorprendente per coloro i quali pensano che le sole obiezioni sollevate contro la sperimentazione animale abbiano a che fare con la preoccupazione per il benessere degli animali di laboratorio ('animalismo'). Di fatto si contano a migliaia gli scienziati e i medici che hanno sollevato obiezioni contro questa pratica su basi scientifiche, ma i media ne hanno sistematicamente censurato le opinioni. L'opposizione scientifica alla vivisezione è uno dei fenomeni più occultati e repressi in tutta la storia della scienza.
La ragione per cui questa controversia è accuratamente tenuta nascosta al pubblico è che la sperimentazione animale è connessa con diverse importanti questioni di interesse generale. Si fanno esperimenti su animali (che coinvolgono ogni anno circa mezzo miliardo di individui, per lo più roditori, ma anche uccelli, pesci, conigli, scimmie, cani, cavalli ecc.) soprattutto 1) per valutare tossicità e cancerogenicità di sostanze chimiche e agenti fisici; 2) per permettere l'introduzione di sostanze chimiche in alimenti, cosmetici e altri prodotti industriali; 3) per testare l'efficacia e gli effetti avversi dei farmaci; 4) per la ricerca 'di base'. In tutti questi casi, lo scopo preteso è, direttamente o indirettamente, la protezione della salute umana. In effetti la verità è proprio al contrario: l'ambiguità e l'inconcludenza degli esperimenti sugli animali sono ciò di cui l'industria farmaceutica e le agenzie regolatorie hanno bisogno per potersi discolpare nella probabile eventualità che ciò che hanno messo in commercio, o che hanno certificato, risulti causare danni agli umani come è accaduto migliaia di volte solo negli ultimi trent'anni. In particolare, i dati caotici e inconcludenti che questa riccamente finanziata varietà di pseudoscienza continua a produrre stanno inquinando il dibattito sui rischi associati agli OGM, alla radiazione elettromagnetica a basso livello, e alle sostanze chimiche usate nell'industria alimentare.
Ad aumentare la difficoltà del problema, le associazioni ambientaliste hanno spesso fatto propria questa pratica come mezzo per valutare i fattori inquinanti. Ciò è accaduto, tra le altre ragioni, perché anche scienziati ecologicamente sensibili, i quali spesso fungono da consiglieri scientifici di quelle associazioni, sono stati e sono incapaci di rompere i vincoli ideologici ed economici che costringono la loro ricerca nello schema della 'modellizzazione animale'. Come in altri settori scientifici, la fedeltà al paradigma imperante può essere difficile da rompere anche per chi possieda un non comune grado di coscienza politica.
D'altra parte, per ragioni connesse non solo al fato infelice delle centinaia di milioni di animali di laboratorio, ma anche con un sano e ampiamente condiviso scetticismo verso le supposte conquiste della medicina ufficiale, la maggior parte dei cittadini nei paesi occidentali dichiarano nei sondaggi di essere contrari alla vivisezione, tranne quando sono fuorviati dall'argomento fraudolento che "si tratta di scegliere tra un cane e il vostro bambino". Ciò mostra sia che la vivisezione è una questione politica viva, sia che la critica e la supervisione del ruolo ambivalente svolto dagli scienziati artefici del progresso di un tipo particolare di conoscenza ma spesso anche agenti di gruppi con interessi speciali è oggi più che mai necessario.
La strada che conduce alla difesa della salute della collettività e alla protezione ambientale passa per la rinascita del controllo democratico della scienza, per quanto riguarda sia i legami tra ricerca (inclusa quella 'di base') e interessi industriali, sia la nozione stessa di ciò che viene presentato come 'scientificamente dimostrato' in campo biomedico. È pure importante che si comprenda sempre più largamente che l'idea che ogni aumento della conoscenza scientifica beneficerebbe l'intera società, quali che siano i mezzi impiegati e i finanziamenti alla sua origine, è gravemente erronea, e che l'attuale prevalenza nei mezzi d'informazione di questo tipo di fondamentalismo sta mettendo in pericolo il futuro dell'umanità.
Docente di Storia ed Epistemologia della Matematica e delle Scienze presso la SSIS dell'Università di Perugia
La sperimentazione su animali vivi, anche detta vivisezione, è una delle principali attività istituzionalizzate attraverso cui i cittadini sono quotidianamente e in diversi contesti indotti a rinunciare al loro diritto alla salute. Questa affermazione può suonare sorprendente per coloro i quali pensano che le sole obiezioni sollevate contro la sperimentazione animale abbiano a che fare con la preoccupazione per il benessere degli animali di laboratorio ('animalismo'). Di fatto si contano a migliaia gli scienziati e i medici che hanno sollevato obiezioni contro questa pratica su basi scientifiche, ma i media ne hanno sistematicamente censurato le opinioni. L'opposizione scientifica alla vivisezione è uno dei fenomeni più occultati e repressi in tutta la storia della scienza.
La ragione per cui questa controversia è accuratamente tenuta nascosta al pubblico è che la sperimentazione animale è connessa con diverse importanti questioni di interesse generale. Si fanno esperimenti su animali (che coinvolgono ogni anno circa mezzo miliardo di individui, per lo più roditori, ma anche uccelli, pesci, conigli, scimmie, cani, cavalli ecc.) soprattutto 1) per valutare tossicità e cancerogenicità di sostanze chimiche e agenti fisici; 2) per permettere l'introduzione di sostanze chimiche in alimenti, cosmetici e altri prodotti industriali; 3) per testare l'efficacia e gli effetti avversi dei farmaci; 4) per la ricerca 'di base'. In tutti questi casi, lo scopo preteso è, direttamente o indirettamente, la protezione della salute umana. In effetti la verità è proprio al contrario: l'ambiguità e l'inconcludenza degli esperimenti sugli animali sono ciò di cui l'industria farmaceutica e le agenzie regolatorie hanno bisogno per potersi discolpare nella probabile eventualità che ciò che hanno messo in commercio, o che hanno certificato, risulti causare danni agli umani come è accaduto migliaia di volte solo negli ultimi trent'anni. In particolare, i dati caotici e inconcludenti che questa riccamente finanziata varietà di pseudoscienza continua a produrre stanno inquinando il dibattito sui rischi associati agli OGM, alla radiazione elettromagnetica a basso livello, e alle sostanze chimiche usate nell'industria alimentare.
Ad aumentare la difficoltà del problema, le associazioni ambientaliste hanno spesso fatto propria questa pratica come mezzo per valutare i fattori inquinanti. Ciò è accaduto, tra le altre ragioni, perché anche scienziati ecologicamente sensibili, i quali spesso fungono da consiglieri scientifici di quelle associazioni, sono stati e sono incapaci di rompere i vincoli ideologici ed economici che costringono la loro ricerca nello schema della 'modellizzazione animale'. Come in altri settori scientifici, la fedeltà al paradigma imperante può essere difficile da rompere anche per chi possieda un non comune grado di coscienza politica.
D'altra parte, per ragioni connesse non solo al fato infelice delle centinaia di milioni di animali di laboratorio, ma anche con un sano e ampiamente condiviso scetticismo verso le supposte conquiste della medicina ufficiale, la maggior parte dei cittadini nei paesi occidentali dichiarano nei sondaggi di essere contrari alla vivisezione, tranne quando sono fuorviati dall'argomento fraudolento che "si tratta di scegliere tra un cane e il vostro bambino". Ciò mostra sia che la vivisezione è una questione politica viva, sia che la critica e la supervisione del ruolo ambivalente svolto dagli scienziati artefici del progresso di un tipo particolare di conoscenza ma spesso anche agenti di gruppi con interessi speciali è oggi più che mai necessario.
La strada che conduce alla difesa della salute della collettività e alla protezione ambientale passa per la rinascita del controllo democratico della scienza, per quanto riguarda sia i legami tra ricerca (inclusa quella 'di base') e interessi industriali, sia la nozione stessa di ciò che viene presentato come 'scientificamente dimostrato' in campo biomedico. È pure importante che si comprenda sempre più largamente che l'idea che ogni aumento della conoscenza scientifica beneficerebbe l'intera società, quali che siano i mezzi impiegati e i finanziamenti alla sua origine, è gravemente erronea, e che l'attuale prevalenza nei mezzi d'informazione di questo tipo di fondamentalismo sta mettendo in pericolo il futuro dell'umanità.
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