Alimentazione vegetariana e vegana
Salute, benessere e prosperità
Articolo pubblicato sul Numero12/2009, pagina 10 de "Il Faro del Fenera"
Autore: diinabandhu - 30 Ottobre 2009
L'umanità sta attraversando un guado impetuoso, difficile, e oggi vediamo che tutto intorno a noi, e dentro di noi, turbina vorticosamente come un ciclone che si gonfia sempre di più. C'è un enorme bisogno di momenti di calma, spazi tranquilli da dedicare alla riflessione e alla meditazione, da utilizzare per ricongiungerci alla nostra anima, e per comprendere una volta per tutte che la causa dei nostri mali non risiede in altro luogo che non sia dentro di noi. In verità l'origine di ogni problema dimora stabilmente dentro noi stessi, in ogni cellula del nostro organismo, in ogni pensiero, in ogni emozione, in ogni sentimento, che poi si esprimono in parole, opere e, soprattutto, alimentano potenti egregore di energie sottili. Solamente laddove risiedono le cause autentiche è possibile trovare le soluzioni ed adottare i rimedi, è possibile avviare i processi di cambiamento e di guarigione. L'agitarsi, sbraitare, inveire, accusare, arrabbiarsi contro il mondo, non produce altro che maggiore turbamento, sofferenza, incomprensione, conflitto, dentro e fuori di noi.
Le -relativamente- "nuove" frontiere della scienza ci confermano gli insegnamenti degli antichi saggi, e cioè che la nostra minuscola realtà materiale non è altro che vibrazione: ciò che appare solido e tangibile ai nostri sensi non è altro che l'energia vibrante di un unico campo di coscienza, il quale si manifesta per mezzo di un'infinità di frequenze vibratorie che si intrecciano, combinano ed interagiscono secondo la Volontà e conformemente alle Leggi dell'Intelligenza Cosmica che lo esprime. Macrocosmo e microcosmo sono un tutt'uno, l'Uno E' nel Tutto e il Tutto E' nell'Uno: «È vero senza menzogna, certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una», recitano le tavole smeraldine di Ermete Trismegisto, o Mercurio Termassimo, o dio egizio Thot, "Ermes il tre volte grandissimo". Anche il cibo che ingeriamo, perlopiù inconsapevolmente, ogni giorno, tonnellate di cibo nell'arco di una vita, è fatto di atomi e di molecole, ed è soprattutto vibrazione che porta con sè un messaggio atomico, un'informazione energetica, che si trasferisce a colui che lo introduce nel proprio organismo, condizionandone i vari aspetti che lo compongono: fisico, eterico, astrale, mentale, animico e spirituale. Il tantra yoga annovera, in oltre 7.000 anni di tradizione mistica, numerosi grandi precettori i quali, tutti senza esclusione alcuna, da sempre hanno confermato l'estrema importanza di un'alimentazione senziente quale fondamento essenziale per l'evoluzione dell'individuo e della società. Il nostro corpo fisico è formato da migliaia di miliardi di cellule che necessitano di un'alimentazione appropriata per lo sviluppo biopsicologico del sistema endocrino e nervoso dell'individuo, il quale si produce e rigenera con la loro organizzazione strutturata. Il filosofo Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872) scriveva che “noi siamo ciò che mangiamo” e ciò che mangiamo riflette chi siamo, chi diventeremo, ma determina anche i principi etici che la società esprime. Se questo è vero, come è vero, se siamo quello che mangiamo, visto che mediamente siamo del tutto inconsapevoli del cibo che ingeriamo, la domanda è: «sappiamo per davvero chi siamo?». Mi sento di affermare, osservando il funzionamento del nostro mondo, che invece sappiamo chi "crediamo di essere", ovvero ci identifichiamo piuttosto con le attività che svolgiamo, con i ruoli scelti o imposti, con le maschere che più volte cambiamo nel corso della giornata, anziché con la Reale essenza che dimora in ciascuno di noi. Senza esserne consapevoli ci muoviamo freneticamente all'interno del sistema, seguendo usi e consuetudini profondamente radicati che derivano dai primi concetti educativi legati alla scuola, alle tradizioni, alla cultura. In questo modo i condizionamenti inconsci influenzano pesantemente il nostro schema di pensiero e ogni scelta quotidiana. Di norma siamo seguaci fedeli di banalissimi e consolidati luoghi comuni che si camuffano da verità indiscutibili al punto che, se posti di fronte a informazioni diverse o addirittura contrastanti, ci chiudiamo opponendo persino il rifiuto a prenderle in considerazione. Prova ne sia che il concetto di "normalità" e di "etica" sono molto diversi secondo cultura, tradizione e religione. Per noi occidentali è ripugnante il solo pensiero di mangiare i cani, o i topi, mentre in Cina è "normale" cibarsi di questi animali, allo stesso modo in cui è "normale" per noi allevare o cacciare, macellare, mangiare, vitelli, vacche, maiali, polli, uccelli, conigli, animali selvatici, e molti altri. Per le comunità che praticano il cannibalismo è, o era, considerato "normale" uccidere e nutrirsi di esseri umani. Si badi bene che l'antropofagia non è del tutto in disuso, ed è senz'altro stata in uso in molte parti del mondo fino a pochi secoli or sono, ma in anni molto recenti è ricomparsa per motivi di sopravvivenza, e prosegue ancora in alcune sette quale pratica religiosa. Per esempio, il cannibalismo è descritto nella carestia russa del 1921-1923, nell'Holodomor (carestia-genocidio) in Ucraina del 1932-1933, nella carestia cinese del 1960 e in Corea del Nord in seguito alla carestia del 1993-1995. Nelle suddette carestie, in cui si contarono milioni di morti, i casi di cannibalismo furono nell'ordine delle migliaia e si verificarono anche atti criminali in cui bambini vennero rapiti e uccisi allo scopo di venderne la carne, spacciandola per carne di origine animale, ai prezzi altissimi determinati dalle carenze di cibo. Inoltre, esso è a tutt'oggi praticato dalla setta indù degli Agori, che consumano le carni dei cadaveri abbandonati sulle acque del fiume Gange nella credenza di allontanare la vecchiaia [fonte: wikipedia.org]. Per noi, adesso, queste immagini risultano disgustose e deprecabili, ma esse sono, o sono state, pratiche "normali" per cultura, tradizione, necessità, o altro. Detto questo, forse, è più facile comprendere come per quei milioni di persone nel mondo che hanno compiuto un progresso culturale, decidendo in coscienza di diventare vegetariane o vegane, appare sempre più tribale e deprecabile l'usanza di nutrirsi di animali, esseri viventi e senzienti uccisi allo scopo di mangiarne le carni, e non solo. Quale differenza c'è tra cannibali, cinesi, occidentali? Fondamentalmente nessuna, poiché tutti si nutrono delle parti di un cadavere animale, soltanto di specie diversa. Molti ritengono che una tale affermazione sia una forte provocazione ma, se ci pensiamo bene e sconfiggiamo il dogma culturale, non possiamo che prendere atto che si tratta di una dichiarazione assolutamente plausibile.
Nutrendoci di animali morti non facciamo altro che inviare nelle nostre cellule informazioni di sofferenza, rabbia, violenza, impotenza e morte, mutandoci poco alla volta in elementi malati, tristi, impauriti, arrabbiati, depressi, sofferenti e poco longevi e, per questo, deboli esseri bene matrix-integrati, dipendenti, facilmente gestibili e mansueti.
Nutrirsi di morte è contro natura rispetto alla costituzione fisica dell'essere umano, il quale non è onnivoro come ci viene insegnato; l'uomo è un "frugivoro", ossia è predisposto per alimentarsi di frutti, semi e verdure. Il fatto che egli si sia adattato a mangiare di tutto, non fa di lui un onnivoro ma lo rende più debole, malato, e tendenzialmente involuto. Di fatto constatiamo che l'uomo tecnologico dei tempi moderni è indifferente ed insensibile, sconnesso dalla natura e dalla Madre Terra, infelice, stressato e depresso. Verrà un giorno in cui si racconterà dei progenitori che si nutrivano di animali, inconsapevoli delle gravi conseguenze causate al pianeta ed alla vita da esso espressa, ma ugualmente responsabili del complice silenzioso assenso e della noncuranza del proprio stile di vita. Sui libri di scuola saremo additati come oggi noi stessi facciamo con gli antichi che praticavano i sacrifici umani ed il cannibalismo. La libertà che ci è concessa non può esimersi dal rispetto e dall'empatia, doti assai rare ai giorni d'oggi. Molte altre sono le motivazioni per cui sarebbe auspicabile il passaggio pressoché globale all'alimentazione vegetariana e vegana, ne cito per brevità solamente alcune. Il modello alimentare basato sugli allevamenti animali è tra le principali cause di: malattie della civilizzazione per sovra-alimentazione nei cosiddetti "paesi civilizzati" (malattie cardiovascolari e circolatorie, infarto cardiaco, ictus, cancro, diabete, colesterolemia, ecc.), sotto-alimentazione e morte per mancanza di cibo nei paesi cosiddetti "sottosviluppati" (ogni sette secondi un bambino nel mondo muore di fame), inquinamento e gravi danni ambientali, effetto serra, disboscamento della foresta amazzonica, rarefazione delle riserve idriche potabili, desertificazione, riduzione delle terre fertili. L'abitudine di trovare il cibo già pronto e ben confezionato in un supermercato, ci rende sempre meno consapevoli e meno assennati. Non dimentichiamo mai che anche un piccolo pezzetto di prosciutto, ad esempio, è costato sofferenza, atrocità e morte ad un animale senziente, che prova le stesse nostre emozioni, che comprende perfettamente che sarà macellato e che ne è terrorizzato. Ogni essere vivente dotato di occhi ha anche un'anima, non si dice forse che gli occhi sono lo specchio dell'anima? Non è forse un comandamento quello di "non uccidere"? Hai mai guardato negli occhi un animale qualsiasi? Ebbene prova ad uccidere un animale guardandolo negli occhi se ne sei capace. Il fatto di delegare agli altri l'ingrato compito e lavarsene le mani, non ci rende meno responsabili del macellaio che esegue la sentenza senza appello, così come la responsabilità del boia che esegue la pena di morte ricade animicamente su tutta la comunità che la adotta e la accetta.
Il nostro mondo si vanta dell'amore, della compassione, della solidarietà, dei valori morali ed etici, eppure noi umani siamo quasi del tutto ignari del male che causiamo direttamente ed indirettamente con le nostre scelte ed i nostri stili di vita. L'amore, se tale è, per la verità non dovrebbe consentirci di causare così tanti danni e sofferenze, e allora forse dovremmo fermarci nel nostro spazio di silenzio e di tranquillità, e chiedere al nostro cuore spirituale di insegnarci cos'è il vero amore, quell' "Amor che move il sole e l'altre stelle" come ci ha insegnato Dante nel "Paradiso" della Divina Commedia. Se ci sarà concessa la Grazia di percepire il riflesso di quella vibrazione, anche per un solo istante, allora la nostra vita potrà cambiare per sempre, e diverrà impossibile il solo pensare di causare male ad alcun essere vivente.
Articolo pubblicato sul Numero12/2009, pagina 10 de "Il Faro del Fenera"
Autore: diinabandhu - 30 Ottobre 2009
L'umanità sta attraversando un guado impetuoso, difficile, e oggi vediamo che tutto intorno a noi, e dentro di noi, turbina vorticosamente come un ciclone che si gonfia sempre di più. C'è un enorme bisogno di momenti di calma, spazi tranquilli da dedicare alla riflessione e alla meditazione, da utilizzare per ricongiungerci alla nostra anima, e per comprendere una volta per tutte che la causa dei nostri mali non risiede in altro luogo che non sia dentro di noi. In verità l'origine di ogni problema dimora stabilmente dentro noi stessi, in ogni cellula del nostro organismo, in ogni pensiero, in ogni emozione, in ogni sentimento, che poi si esprimono in parole, opere e, soprattutto, alimentano potenti egregore di energie sottili. Solamente laddove risiedono le cause autentiche è possibile trovare le soluzioni ed adottare i rimedi, è possibile avviare i processi di cambiamento e di guarigione. L'agitarsi, sbraitare, inveire, accusare, arrabbiarsi contro il mondo, non produce altro che maggiore turbamento, sofferenza, incomprensione, conflitto, dentro e fuori di noi.
Le -relativamente- "nuove" frontiere della scienza ci confermano gli insegnamenti degli antichi saggi, e cioè che la nostra minuscola realtà materiale non è altro che vibrazione: ciò che appare solido e tangibile ai nostri sensi non è altro che l'energia vibrante di un unico campo di coscienza, il quale si manifesta per mezzo di un'infinità di frequenze vibratorie che si intrecciano, combinano ed interagiscono secondo la Volontà e conformemente alle Leggi dell'Intelligenza Cosmica che lo esprime. Macrocosmo e microcosmo sono un tutt'uno, l'Uno E' nel Tutto e il Tutto E' nell'Uno: «È vero senza menzogna, certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una», recitano le tavole smeraldine di Ermete Trismegisto, o Mercurio Termassimo, o dio egizio Thot, "Ermes il tre volte grandissimo". Anche il cibo che ingeriamo, perlopiù inconsapevolmente, ogni giorno, tonnellate di cibo nell'arco di una vita, è fatto di atomi e di molecole, ed è soprattutto vibrazione che porta con sè un messaggio atomico, un'informazione energetica, che si trasferisce a colui che lo introduce nel proprio organismo, condizionandone i vari aspetti che lo compongono: fisico, eterico, astrale, mentale, animico e spirituale. Il tantra yoga annovera, in oltre 7.000 anni di tradizione mistica, numerosi grandi precettori i quali, tutti senza esclusione alcuna, da sempre hanno confermato l'estrema importanza di un'alimentazione senziente quale fondamento essenziale per l'evoluzione dell'individuo e della società. Il nostro corpo fisico è formato da migliaia di miliardi di cellule che necessitano di un'alimentazione appropriata per lo sviluppo biopsicologico del sistema endocrino e nervoso dell'individuo, il quale si produce e rigenera con la loro organizzazione strutturata. Il filosofo Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872) scriveva che “noi siamo ciò che mangiamo” e ciò che mangiamo riflette chi siamo, chi diventeremo, ma determina anche i principi etici che la società esprime. Se questo è vero, come è vero, se siamo quello che mangiamo, visto che mediamente siamo del tutto inconsapevoli del cibo che ingeriamo, la domanda è: «sappiamo per davvero chi siamo?». Mi sento di affermare, osservando il funzionamento del nostro mondo, che invece sappiamo chi "crediamo di essere", ovvero ci identifichiamo piuttosto con le attività che svolgiamo, con i ruoli scelti o imposti, con le maschere che più volte cambiamo nel corso della giornata, anziché con la Reale essenza che dimora in ciascuno di noi. Senza esserne consapevoli ci muoviamo freneticamente all'interno del sistema, seguendo usi e consuetudini profondamente radicati che derivano dai primi concetti educativi legati alla scuola, alle tradizioni, alla cultura. In questo modo i condizionamenti inconsci influenzano pesantemente il nostro schema di pensiero e ogni scelta quotidiana. Di norma siamo seguaci fedeli di banalissimi e consolidati luoghi comuni che si camuffano da verità indiscutibili al punto che, se posti di fronte a informazioni diverse o addirittura contrastanti, ci chiudiamo opponendo persino il rifiuto a prenderle in considerazione. Prova ne sia che il concetto di "normalità" e di "etica" sono molto diversi secondo cultura, tradizione e religione. Per noi occidentali è ripugnante il solo pensiero di mangiare i cani, o i topi, mentre in Cina è "normale" cibarsi di questi animali, allo stesso modo in cui è "normale" per noi allevare o cacciare, macellare, mangiare, vitelli, vacche, maiali, polli, uccelli, conigli, animali selvatici, e molti altri. Per le comunità che praticano il cannibalismo è, o era, considerato "normale" uccidere e nutrirsi di esseri umani. Si badi bene che l'antropofagia non è del tutto in disuso, ed è senz'altro stata in uso in molte parti del mondo fino a pochi secoli or sono, ma in anni molto recenti è ricomparsa per motivi di sopravvivenza, e prosegue ancora in alcune sette quale pratica religiosa. Per esempio, il cannibalismo è descritto nella carestia russa del 1921-1923, nell'Holodomor (carestia-genocidio) in Ucraina del 1932-1933, nella carestia cinese del 1960 e in Corea del Nord in seguito alla carestia del 1993-1995. Nelle suddette carestie, in cui si contarono milioni di morti, i casi di cannibalismo furono nell'ordine delle migliaia e si verificarono anche atti criminali in cui bambini vennero rapiti e uccisi allo scopo di venderne la carne, spacciandola per carne di origine animale, ai prezzi altissimi determinati dalle carenze di cibo. Inoltre, esso è a tutt'oggi praticato dalla setta indù degli Agori, che consumano le carni dei cadaveri abbandonati sulle acque del fiume Gange nella credenza di allontanare la vecchiaia [fonte: wikipedia.org]. Per noi, adesso, queste immagini risultano disgustose e deprecabili, ma esse sono, o sono state, pratiche "normali" per cultura, tradizione, necessità, o altro. Detto questo, forse, è più facile comprendere come per quei milioni di persone nel mondo che hanno compiuto un progresso culturale, decidendo in coscienza di diventare vegetariane o vegane, appare sempre più tribale e deprecabile l'usanza di nutrirsi di animali, esseri viventi e senzienti uccisi allo scopo di mangiarne le carni, e non solo. Quale differenza c'è tra cannibali, cinesi, occidentali? Fondamentalmente nessuna, poiché tutti si nutrono delle parti di un cadavere animale, soltanto di specie diversa. Molti ritengono che una tale affermazione sia una forte provocazione ma, se ci pensiamo bene e sconfiggiamo il dogma culturale, non possiamo che prendere atto che si tratta di una dichiarazione assolutamente plausibile.
Nutrendoci di animali morti non facciamo altro che inviare nelle nostre cellule informazioni di sofferenza, rabbia, violenza, impotenza e morte, mutandoci poco alla volta in elementi malati, tristi, impauriti, arrabbiati, depressi, sofferenti e poco longevi e, per questo, deboli esseri bene matrix-integrati, dipendenti, facilmente gestibili e mansueti.
Nutrirsi di morte è contro natura rispetto alla costituzione fisica dell'essere umano, il quale non è onnivoro come ci viene insegnato; l'uomo è un "frugivoro", ossia è predisposto per alimentarsi di frutti, semi e verdure. Il fatto che egli si sia adattato a mangiare di tutto, non fa di lui un onnivoro ma lo rende più debole, malato, e tendenzialmente involuto. Di fatto constatiamo che l'uomo tecnologico dei tempi moderni è indifferente ed insensibile, sconnesso dalla natura e dalla Madre Terra, infelice, stressato e depresso. Verrà un giorno in cui si racconterà dei progenitori che si nutrivano di animali, inconsapevoli delle gravi conseguenze causate al pianeta ed alla vita da esso espressa, ma ugualmente responsabili del complice silenzioso assenso e della noncuranza del proprio stile di vita. Sui libri di scuola saremo additati come oggi noi stessi facciamo con gli antichi che praticavano i sacrifici umani ed il cannibalismo. La libertà che ci è concessa non può esimersi dal rispetto e dall'empatia, doti assai rare ai giorni d'oggi. Molte altre sono le motivazioni per cui sarebbe auspicabile il passaggio pressoché globale all'alimentazione vegetariana e vegana, ne cito per brevità solamente alcune. Il modello alimentare basato sugli allevamenti animali è tra le principali cause di: malattie della civilizzazione per sovra-alimentazione nei cosiddetti "paesi civilizzati" (malattie cardiovascolari e circolatorie, infarto cardiaco, ictus, cancro, diabete, colesterolemia, ecc.), sotto-alimentazione e morte per mancanza di cibo nei paesi cosiddetti "sottosviluppati" (ogni sette secondi un bambino nel mondo muore di fame), inquinamento e gravi danni ambientali, effetto serra, disboscamento della foresta amazzonica, rarefazione delle riserve idriche potabili, desertificazione, riduzione delle terre fertili. L'abitudine di trovare il cibo già pronto e ben confezionato in un supermercato, ci rende sempre meno consapevoli e meno assennati. Non dimentichiamo mai che anche un piccolo pezzetto di prosciutto, ad esempio, è costato sofferenza, atrocità e morte ad un animale senziente, che prova le stesse nostre emozioni, che comprende perfettamente che sarà macellato e che ne è terrorizzato. Ogni essere vivente dotato di occhi ha anche un'anima, non si dice forse che gli occhi sono lo specchio dell'anima? Non è forse un comandamento quello di "non uccidere"? Hai mai guardato negli occhi un animale qualsiasi? Ebbene prova ad uccidere un animale guardandolo negli occhi se ne sei capace. Il fatto di delegare agli altri l'ingrato compito e lavarsene le mani, non ci rende meno responsabili del macellaio che esegue la sentenza senza appello, così come la responsabilità del boia che esegue la pena di morte ricade animicamente su tutta la comunità che la adotta e la accetta.
Il nostro mondo si vanta dell'amore, della compassione, della solidarietà, dei valori morali ed etici, eppure noi umani siamo quasi del tutto ignari del male che causiamo direttamente ed indirettamente con le nostre scelte ed i nostri stili di vita. L'amore, se tale è, per la verità non dovrebbe consentirci di causare così tanti danni e sofferenze, e allora forse dovremmo fermarci nel nostro spazio di silenzio e di tranquillità, e chiedere al nostro cuore spirituale di insegnarci cos'è il vero amore, quell' "Amor che move il sole e l'altre stelle" come ci ha insegnato Dante nel "Paradiso" della Divina Commedia. Se ci sarà concessa la Grazia di percepire il riflesso di quella vibrazione, anche per un solo istante, allora la nostra vita potrà cambiare per sempre, e diverrà impossibile il solo pensare di causare male ad alcun essere vivente.
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