Jainismo, nonviolenza e veganismo
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Estratto dal libro Il Jainismo
di Massimo Tettamanti e Claudia Pastorino
edito da Edizioni Cosmopolis - http://www.edizionicosmopolis.com
Presentazione
Pur affondando le sue robuste radici nell'antichità, essendo costituito da una comunità (asceti, monaci e laici) compatta e forte, e portando un messaggio filosofico e spirituale di altissimo livello, il Jainismo è rimasto per secoli assai poco noto all'Occidente. Ancora oggi, in Italia, questa Dottrina è pressoché totalmente sconosciuta, soprattutto a causa della scarsissima letteratura esistente in lingua italiana. (1)
Intorno al sesto secolo avanti Cristo, nell'India settentrionale, visse e predicò un grande Illuminato al quale viene riconosciuta personalità storica, Vardhamana Mahavira. Egli non fondò una nuova Dottrina, ma reiterò la Dottrina predicata dai ventitré Saggi (chiamati Tirthankara = costruttori del guado o costruttori del ponte) che lo avevano preceduto: il Jainismo, la più antica Dottrina della Nonviolenza e della Compassione universale.
Vardhamana era un principe che, all'età di trent'anni, decise di abbandonare ogni ricchezza ed ogni bene materiale per ritirarsi a meditare sulla natura dell'anima e sulla via per la Liberazione dalla sofferenza del ciclo trasmigratorio di morti e rinascite. Contemporaneo del Buddha, prese an- ch'Egli le distanze dal sistema vedico a causa soprattutto della divisione in caste e dei sacrifici animali.
Ma al contrario del Buddha che, dopo aver seguito per anni il modello ascetico, se ne discostò per ricercare la "via di mezzo", Vardhamana Mahavira rinvigorì le regole ascetiche, delineando un codice morale basato sul distacco e sulla Compassione verso qualsiasi creatura: umana, animale, vegetale, comprendendo anche gli elementi acqua, aria e terra. Il Jainismo rappresenta infatti, senza dubbio, il più alto e concreto tentativo che sia mai stato attuato in ambito spirituale per eliminare universalmente violenza e sofferenza e per instaurare un rapporto di collaborazione e fratellanza tra i viventi, in cui vi sia simpatia nei confronti della Vita in quanto tale, senza distinzioni di specie, razza, individuo o religione: siamo di fronte alla più esauriente risposta nella direzione dell'ecumenismo del panteismo.
Il Jainismo non è una vera e propria religione; al suo interno non si trovano un organo centrale, un papa, gerarchie ecclesiastiche, sacramenti, intermediari. Per il Jainismo ognuno ha, già da questa vita, la possibilità di accedere alla conoscenza e liberarsi dal ciclo trasmigratorio, ritenuto la causa di afflizioni e tribolazioni, ma ciò può avvenire esclusivamente attraverso lo sforzo personale dell'individuo stesso. Dunque, qui, non è possibile delegare a intermediari, rituali o sacramenti le proprie responsabilità: ogni progresso sulla via verso la Liberazione può avvenire esclusivamente grazie all'impegno del singolo. La Dottrina poggia sui "tre gioielli": la Retta Fede, la Retta Condotta, la Retta Conoscenza.
L'adozione dei tre gioielli comporta l'osservanza di cinque regole. La regola aurea del Jainismo è l'Ahimsa, cioé Nonviolenza universale e fratellanza attiva nei confronti di qualunque vivente. Il concetto jainista di Ahimsa significa amore e benevolenza verso ogni creatura. La regola dell'Ahimsa insegna a coltivare sentimenti di simpatia nei confronti della Vita in ogni sua manifestazione, non solo, quindi, verso singole specie, razze o singoli individui. Le altre regole sono: la sincerità, la lealtà (non rubare, non essere mai scorretti), la castità (per i monaci) o fedeltà coniugale (per i laici), e il non attaccamento ("non possedere nulla" per i monaci, e "non trattenere nulla più del necessario" per il laico).
Il Jainismo è una Dottrina spirituale ateista, che non presuppone, cioè, l'esistenza di un Dio né di più Dei creatori dell'universo. Nel Jainismo la deità è in ogni singola energia vivente, anzi È l'energia vivente stessa. Dunque il Sacro è dentro di noi e intorno a noi, miracoloso nella sua immanente semplicità! Il Jainismo postula la Dottrina dell'Anekantavada, cioé "molteplicità dei punti di vista" e "relatività della conoscenza", in base alla quale ogni oggetto del pensiero, ogni affermazione, ogni teoria, religione, idea, sono contemporaneamente veri e non veri. L'Anekantavada insegna ad accettare tutte le opinioni altrui e a riconoscere in ciascuna di esse una parte di verità. L'adozione di questa Dottrina apre la mente e il cuore a un reale ecumenismo e a una sincera accettazione del prossimo e di ogni pensiero differente dal proprio. Altri due postulati fondamentali della spiritualità jainista sono la Costante Vigilanza e l'Intenzione.
Grandissima importanza viene attribuita alla costante vigilanza: "La disattenzione è la causa dell'afflusso del karma. L'attenzione impedisce l'afflusso del karma. Chi non è costantemente attento è ignorante. Chi è costantemente vigile è saggio." (2)
"Oh esseri umani! Siate sempre vigili! Chi è costantemente vigile acquisisce sempre più conoscenza. Chi non è costantemente vigile non è beato. Chi è costantemente vigile è beato!" (3)
Dunque ogni essere umano dovrebbe costantemente essere concentrato sul non causare danni ad altre vite: quando cammina, quando si nutre, quando sposta gli oggetti, e in ogni atto della sua giornata.
La costante vigilanza è sempre innocente anche quando, per un incidente fortuito, causa involontariamente una violenza. Viceversa, la disattenzione (concentrarsi solo su se stessi, sui propri bisogni, i propri egoismi, ecc.) è sempre colpevole e crea accumulo di karma infausto, anche quando non provoca violenza ad altre vite.
Similmente, anche l'intenzione di procurare danno alle altre vite è ugualmente colpevole come l'atto stesso di danneggiarle. "Anche la sola intenzione di uccidere causa la schiavitù del karma, sia che tu uccida sia che tu non uccida; dal punto di vista reale, questa è la natura della schiavitù del karma". (4)
Coltivare intenzioni positive verso noi stessi e verso gli altri, nutrire sentimenti di amore e di fratellanza attiva verso tutte le creature, riconoscere se stesso in ogni essere vivente: questi sono gli insegnamenti del Jainismo. La proposizione dottrinale Jainista è, infatti, "Vivi e lascia vivere. Ama tutti, servi tutti!", ove per tutti si intendono gli esseri umani, animali, vegetali, ma anche l'aria, il vento, la rugiada... Arrivare a sentire il proprio se vibrare all'unisono con la creazione e con le creature, giungere a percepire quella comunanza intima, a sperimentare quell'identica finalità di destini... questo è l'insegnamento del Jainismo!
Per il Jainismo l'anima di ogni vivente è eterna e divina, e aspira a liberarsi dal corpo materiale per raggiungere lo stadio di "Anima Liberata". Occorre sciogliere il nodo tra l'anima e la materia, determinato dai frutti delle azioni che sono state compiute, sia cattive che buone, che generano inevitabilmente karma (negativo o positivo).
L'obiettivo del Jaina è l'ottenimento di un'anima perfetta: l'anima perfetta possiede pura conoscenza, perfetta comprensione, potere personale e onniscienza; l'anima perfetta potrà finalmente liberarsi dai karma accumulati nelle precedenti esistenze e porre fine al ciclo trasmigratorio di morti e rinascite. Tutte le anime sono potenzialmente divine; nessuna è superiore o inferiore a un'altra; tutte sono potenzialmente onniscienti e sante; la santità non può arrivare o essere impartita dal di fuori: è già dentro ciascuno e lì può essere coltivata attraverso la pratica delle cinque regole, attraverso le meditazioni, attraverso il distacco e l'autopurificazione.
Alcune comunità jainiste praticano attività devozionali nei confronti di rappresentazioni dei Tirthankara (statue, immagini) ma è interessante notare come questa adorazione sia fine a se stessa e non concepita per chiedere l'intercessione dei Saggi nelle umane vicende, come grazie, miracoli, miglioramenti materiali o spirituali.
L'individuo ritorna a fondersi con l'Assoluto e si libera dalla sofferenza delle rinascite, soltanto dopo essersi completamente liberato dagli attaccamenti, attraverso il distacco dalle passioni, le austerità, l'ascetismo e la stretta osservanza del comandamento dell'Ahimsa, la Nonviolenza attiva verso tutte le creature: questa è la via della Liberazione.
I Jaina ritengono che, per percorrere la strada verso la Liberazione, sia indispensabile assumere soltanto cibo vegetariano, libero da violenze, poiché, cibandosi dei corpi degli animali, l'anima involve inevitabilmente nelle uccisioni, nella disperazione e nel dolore.
I Jaina non si cibano neppure dei vegetali nati sotto terra, come ad esempio patate, carote, rape, eccetera, estirpando i quali si uccide l'intera pianta, togliendole la possibilità di continuare a vivere, crescere e produrre i suoi frutti.
Presso i templi e le comunità Jainiste, gli animali non devono dunque temere per la propria incolumità, anzi... I Jaina gestiscono alloggi (chiamati "panjarpol") per animali anziani o feriti, e sovente acquistano animali dai macelli per dare loro salvezza e ospitalità. In ogni panjarpol vi sono stalle, ricoveri per uccelli, centri veterinari e anche reparti per animali normalmente considerati reietti o "disgustosi".
Per queste caratteristiche, il Jainismo si trova ad essere una Dottrina che, pur così antica, è oggi in linea con il più rigoroso animalismo propugnato da filosofi e scienziati contemporanei.
Per il Jainismo la scelta vegetariana è indispensabile per avere successo nel proprio percorso di miglioramento: sia i laici che i monaci e gli asceti osservano uno stretto regime vegetariano.
Da quando, poi, l'uomo ha industrializzato la sofferenza e lo sfruttamento degli animali creando gli allevamenti intensivi, i Jaina hanno ulteriormente disciplinato la Dottrina, sconsigliando tutti gli alimenti di origine animale (latte, uova, latticini, ecc.) poiché provenienti da gravi forme di maltrattamento. Ingerire cibo derivante non solo dall'assassinio, ma anche dal violento sfruttamento, dall'angoscia, dal dolore, disturba il progresso spirituale, impedisce al corpo immateriale di diventare puro e forte, ed è considerato peccato grave di Himsa (violenza).
Infatti questo volume contiene, dopo una prima parte interamente dedicata alla descrizione della Dottrina, un'ampia parte di aggiornamento dottrinale ("The Book of Compassion") nella quale vengono descritte diverse forme di sfruttamento degli animali, affinché ciascuno possa, avendo appreso la realtà attuale della produzione industriale, adottare la condotta più appropriata in accordo con la propria coscienza e la propria morale. In questa seconda parte viene suggerita l'adozione della scelta di vita vegan (stretto regime vegetariano, che esclude dalla dieta anche i derivati animali), al fine di garantire, oggi, la piena attuazione della regola aurea dell'Ahimsa tutta calata nella società contemporanea.
Raramente dottrine o religioni aggiornano e rinvigoriscono i propri dettami con tanta dovizia e tanto rigore... Del resto il Jainismo si è sempre distinto per la disciplina e per l'integrità, qualità che, per contro, contribuirono a renderlo minoritario nel corso dei secoli.
Questo volume è stato scritto in stretta collaborazione e sotto la diretta supervisione dei Jaina americani e indiani con cui gli autori collaborano, da alcuni anni, per la diffusione in Italia della conoscenza di questa antichissima e pur così attuale Dottrina panteista dell'Ecologia e della Nonviolenza universale, in linea con il più vigoroso pacifismo, animalismo ed ecologismo moderni.
Claudia Pastorino
(1) In Italia venne pubblicato un testo sull'argomento nel 1962, "Il Giainismo" di Carlo Della Casa (Edizione Bollati Boringhieri). È stato necessario attendere fino al 2001 per poter finalmente accedere al Canone del Jainismo tradotto in lingua italiana, "SAMAN SUTTAM, il Canone del Jainismo, la più antica Dottrina della Nonviolenza" a cura di Claudia Pastorino e Claudio Lamparelli (Collana "Uomini e Religioni", Mondadori Editore).
(2) Da "SAMAN SUTTAM, il Canone del Jainismo, la più antica Dottrina della Nonviolenza".
(3) Ibid.
(4) Ibid.
Si ringrazia la Casa Editrice Cosmopolis per la gentile concessione a pubblicare questo estratto.
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