FAQ sull'alimentazione vegana e vegetariana
FAQ sul Vegetarismo e sul Veganismo
Versione 2.7
a cura di Marco Lorenzi
(lormar@comm2000.it)
Disclaimer
Questo testo non è assolutamente da intendersi come sostitutivo di un consulto medico. La scelta di diventare vegetariani o vegani deve essere ponderata ed è sempre consigliabile consultare un medico favorevole al vegetarismo, in grado di fornire consigli specifici e adattati ad ogni persona. L’alimentazione vegetariana comporta numerosi vantaggi se correttamente bilanciata, ma essa non è di per sé automaticamente bilanciata: eliminare sic et simpliciter dalla propria alimentazione i prodotti animali non è affatto sufficiente per alimentarsi in modo ottimale. Perciò è decisamente consigliabile farsi una cognizione di causa sulle basi della nutrizione e questo testo può essere considerato solo come un’introduzione all’argomento.
Introduzione
Il primo scopo di queste FAQ è quello di fornire delle risposte credibili e documentate alle più frequenti critiche che vengono rivolte al vegetarismo e al veganismo. La lettura attenta del testo dimostra che gran parte di queste critiche sono il frutto di convinzioni e opinioni prive di fondamento scientifico e che l’alimentazione vegetariana e vegana correttamente bilanciata è non solo possibile, ma anche consigliabile. Il secondo scopo di queste FAQ è quello di fornire nel contempo e in maniera sintetica alcuni consigli fondamentali su come organizzare un’alimentazione vegetariana o vegana, ovviamente senza alcuna pretesa di essere esaustivi. Il testo è strutturato in modo che sia possibile leggere anche solo le parti che interessano maggiormente.
1) I vegetariani sono a rischio di carenza di ferro e zinco?
Ferro e zinco sono due minerali comunemente ritenuti carenti nelle diete vegetariane e vegane. Questa diffusa convinzione è tuttavia errata: sebbene la carne sia una buona fonte di ferro eme, cioè di ferro meglio assimilabile (al contrario di latte, latticini e uova, che ne contengono poco o nulla) e zinco (presente anche nei latticini e nelle uova) le diete vegetariane e vegane correttamente bilanciate sono in grado di fornire quantità adeguate di questi minerali, come dimostrano numerosi studi (1-6). È invece vero che i vegetariani e i vegani hanno generalmente riserve di ferro (cioè livelli di ferritina) inferiori agli onnivori, ma ci sono buone ragioni per ritenere che questo sia più che altro un vantaggio per i vegetariani,o, quantomeno che ciò non abbia conseguenze negative. Infatti livelli di ferritina ("riserve" di ferro) più bassi con una sideremia (ferro nel sangue) normale non influenzano lo stato di salute del paziente, mentre livelli di ferritina elevati sono stati collegati con l'aumento dell'incidenza di patologie cardiovascolari e tumori (14-16). L'adeguatezza della dieta vegetariana quanto all'apporto di ferro è dimostrata soprattutto dal fatto che l'incidenza di anemia non differisce tra vegetariani e onnivori (4). Il ferro contenuto nei vegetali è meno biodisponibile di quello contenuto nei cibi animali ma l'assunzione nello stesso pasto di cibi ricchi in vitamina C (peperoni, agrumi, kiwi, broccoli, etc.) e acido citrico (agrumi) consente di rendere il ferro vegetale molto più assimilabile (un bicchiere di succo d'arancia quadruplica l'assimilabilità del ferro contenuto in un pasto)(7). Considerando che a) i vegetariani e in particolare i vegani assumono più ferro sebbene del tipo meno assimilabile (17), vitamina C (18) e acido citrico rispetto ai non vegetariani, b) che solo il 40% del ferro contenuto nella carne è ferro eme (19), il resto è non eme come nei vegetali, c) che in caso di riduzione della sideremia l'apparato digerente aumenta la sua capacità di assimilare il ferro non-eme per compensare eventuali carenze (9) è chiaro il perché sia facile evitare l'anemia da carenza di ferro nelle diete vegane e vegetariane. Vino rosso, cioccolato, caffè e tè, riducono l'assimilabilità del ferro non eme e pertanto è preferibile assumerli lontano dai pasti. Anche i latticini possono ridurre considerevolmente (tra il 30% e il 50%) l'assimilazione del ferro vegetale, per via del loro alto contenuto di calcio (8). Il ferro è presente in abbondanti quantità in tutti i legumi, nel cavolo, nei broccoli (e in generale in tutte le crocifere), nei cereali integrali e nella frutta secca. Quanto allo zinco, sebbene le diete vegane e vegetariane possano contenerne meno, esse non aumentano il rischio di carenze (2,10) anche perché una diminuzione dell'assunzione di zinco fa sì che esso sia assorbito in modo più efficiente durante la digestione (11). Il calcio diminuisce l'assimilazione anche di questo minerale (12) e pertanto una dieta ricca di latticini può facilitare la carenza di zinco (13). Buone fonti vegetali di zinco sono i legumi (ceci in particolare), i semi di zucca, il lievito alimentare, il muesli e i cereali integrali.
(1) Messina VK, Burke KI, Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
(2) Anderson, B. et al., The iron and zinc status of long-term vegetarian women. American Journal of Clinical Nutrition, n.34, (6), 1981, pag.1042-1048.
(3) Anderson BM, Gibson RS, Sabry JH, The iron and zinc status of long-term vegetarian women, Am J Clin Nutr 1981 Jun;34(6):1042-8.
(4) Craig WJ, Iron status of vegetarians. Am J Clin Nutr. 1994;59, (supplemento), pag.1233-1237.
(5) Worthington-Roberts BS, Breskin MW, Monsen ER, Am J Clin Nutr Iron status of premenopausal women in a university community and its relationship to habitual dietary sources of protein,1988 Feb;47(2):275-9.
(6) Gibson RS, Donovan UM, Heath AL, Dietary strategies to improve the iron and zinc nutriture of young women following a vegetarian diet. Plant Foods Hum Nutr 1997;51(1):1-16
(7) Monsen ER, Balintfy JL, Calculating dietary iron bioavailability: refinement and computerization,.J Am Diet Assoc 1982 Apr;80(4):307-11.
(8) Gleerup A, et al. Iron absorption from the whole diet: comparison of the effect of two different distributions of daily calcium intake. Am J Clin Nutr 1995;61:97-104.
(9) Hunt J.R. and Roughead Z.K., Adaptation of iron absorption in men consuming diets with high or low iron bioavailability, American Journal of Clinical Nutrition, Vol. 71, No. 1, 94-102, January 2000.
(10) RS Gibson, Content and bioavailability of trace elements in vegetarian diets, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 59, 1223S-1232S
(11) Johnson P.E. et al., Am J Clin Nutr 57:557-565 (1993).
(12) Morris E.R., Ellis R., "Bioavailability of Dietary Calcium: Effect of Phytate on Adult Men Consuming Non Vegetarian Diets" in Nutritional Bioavailability of Calcium, Am Chem Soc, 1985, 63-72, cit. in The Dietitian Guide to Vegetarian Diets, M & V Messina, 1996, Aspen Publ, USA
(13) RJ Wood, JJ Zheng, High dietary calcium intakes reduce zinc absorption and balance in humans, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 65 (1997), pag.1803-1809.
(14) Salonen JT, Nyyssonen K, Korpela H, Tuomilehto J, Seppanen R, Salonen R High stored iron levels are associated with excess risk of myocardial infarction in eastern Finnish men. Circulation 1992 Sep;86(3):803-11
(15) Lauffer RB, Iron stores and the international variation in mortality from coronary artery disease, .Med Hypotheses 1991 Jun;35(2):96-102
(16) Knekt P, Reunanen A, Takkunen H, Aromaa A, Heliovaara M, Hakulinen, Body iron stores and risk of cancer,T Int J Cancer 1994 Feb 1;56(3):379-82
(17) Rosado JL, Lopez P, Morales M, Munoz E, Allen LH. Bioavailability of energy, nitrogen, fat, zinc, iron and calcium from rural and urban Mexican diets. Br J Nutr. 1992 Jul;68(1):45-58.
(18) Draper A. et al., British Journal of Nutrition, v.69 p.3-19, 1993
(19) Estimation of available dietary iron. Monsen ER, Hallberg L, Layrisse M, Hegsted DM, Cook JD, Mertz W, Finch CA. Am J Clin Nutr. 1978 Jan;31(1):134-41.
2) I vegetariani e i vegani sono a rischio di carenza di calcio?
È essenziale che la propria alimentazione contenga quantità adeguate di calcio (sono consigliabili 800 mg al giorno) essendo questo minerale fondamentale per la formazione dello scheletro. Esso è abbondante nei latticini ed infatti i vegetariani ne assumono quantità pari o superiori rispetto agli onnivori (1-4), escludendo possibili carenze nutrizionali, come dimostra il fatto che i vegetariani hanno una densità ossea pari o superiore rispetto agli onnivori (5-7). Per i vegani la questione è più complessa: sebbene diversi studi (8,9) non rivelino carenze alimentari, altri autori hanno constatato che l'assunzione di calcio nella dieta vegana è al di sotto della dose giornaliera raccomandata. In realtà il problema non è solo quanto calcio si assume, ma anche quanto calcio viene escreto tramite le urine e le feci, dato che ciò che realmente conta è assumere il calcio necessario a compensare quello che viene eliminato dal corpo e quest'ultimo parametro è, ai fini della salute del proprio scheletro, molto più importante del primo (10). Le proteine animali e i cibi che le contengono possono aumentare notevolmente la quantità di calcio eliminato dal proprio corpo (11), mentre le proteine vegetali (in particolare quelle dei legumi) contribuiscono notevolmente meno a questo fenomeno (12). Di conseguenza, sebbene i vegani possano assumere meno calcio degli onnivori, il loro bisogno di questo minerale è probabilmente minore a causa della minore quantità escreta dal loro corpo. Sebbene questa tesi non sia ancora stata definitivamente dimostrata e siano ancora necessari altri studi, diverse ricerche epidemiologiche mostrano che l'osteoporosi e le fratture ossee sono più comuni tra le popolazioni che consumano molti latticini e altri alimenti animali (13-15) rispetto alle popolazioni che al contrario consumano pochi latticini. Altri studi rilevano che una alimentazione ricca di frutta e verdura è associata ad una maggiore densità ossea (16). Quanto alla biodisponibilità del calcio contenuto nei vegetali bisogna dire che essa è piuttosto variabile a seconda dei cibi ed è generalmente minore nei legumi e maggiore nelle crocifere (cavolo, cavolfiore, etc.) il cui calcio è anche più assimilabile di quello del latte di vacca (20). Il calcio nel latte di soia fortificato ha una biodisponibilità inferiore del 25% rispetto a quello contenuto nel latte (19). Il calcio è abbondantemente presente negli spinaci, bietole e rabarbaro, ma ha una biodisponibilità molto bassa. Un altro fattore che influenza notevolmente l'escrezione di calcio è il sodio. Più sodio si assume nei cibi, più calcio viene espulso dall'organismo (17) ed è pertanto essenziale ridurre il sale da tavola (cloruro di sodio) e i cibi che contengono abbondanti quantità di questo minerale (in generale i cibi elaborati, specie di cibi animali e quelli serviti nei fast-food come gli hamburger). Una alimentazione vegana e vegetariana basata su frutta e verdura fresca a su un ridotto consumo di sale aggiunto ai cibi, contiene sicuramente meno sodio dell'alimentazione onnivora media. Infine anche il fosforo ha una notevole importanza dato che esso dovrebbe essere presente nell'alimentazione in quantità pari al calcio e l'eccesso di fosforo può causare problemi allo scheletro anche se si assumono adeguate quantità di calcio (18). Sono ancora una volta i cibi animali (soprattutto la carne e il pesce), oltre che le bibite, a contenere la maggior parte del fosforo introdotto con l'alimentazione e quindi una dieta vegana e vegetariana sono preferibili anche da questo punto di vista. In definitiva i vegani dovrebbero semplicemente prestare attenzione a ottimizzare la propria assunzione di calcio, mangiando alimenti vegetali ricchi di questo minerale (tofu del tipo preparato con solfato di calcio, cavolfiore, cavolo, rapa, fagioli, fichi secchi, latte di soia fortificato, tahini, semi di sesamo tostati) e a ridurre sale e cibi molto salati. Anche la scelta di un'acqua minerale ad alto contenuto di calcio può essere d'aiuto.
(1) Brants HA, Lowik MR, Westenbrink S, Hulshof KF, Kistemaker C. Adequacy of a vegetarian diet at old age. J Am Coll Nutr. 1990 Aug;9(4):292-302.
(2) Lloyd T, Schaeffer JM, Walker MA, Demers LM. Urinary hormonal concentrations and spinal bone densities of premenopausal vegetarian and nonvegetarian women.
Am J Clin Nutr. 1991 Dec;54(6):1005-10.
(3) Shultz T.D. Leklem J.E., JADA, 83: 27-33 (1983).
(4) Locong A., J Can Diet Ass 47:101-106 (1986).
(5) Marsh A.G., Am. J Clin Nutr 48:837-841 (1988).
(6) Marsh A.G., J Am Diet Ass 76:148-151 (1980).
(7) Sanchez T.V. et al., "Bone Mineral Density in Elderly Vegetarian and Omnivorous Females" in "Proceedings of 4th International Conference on Bone Mineral Measurements (NIAMMD, Bethesda, 1980).
(8) Draper, A. et al., The energy and nutrient intakes of different types of vegetarian: a case for supplements? British Journal of Nutrition v.69 p.3-19 (1993).
(9) Abdulla, M. et al., Nutrient intake and health status of vegans: chemical analyses of diets using the duplicate portion sampling technique. American Jnl of Clinical Nutrition v.34, p.2464-2477(1981).
(10) Heaney R.P., Cofactors Influencing the Calcium Requirement - Other Nutrients. NIH Consensus Development Conference on Optimal Calcium Intake. 1994 pag. 71-77.
(11) Breslau N.A. et al., J Clin Endocrinol Metabol 66:140-146 (1988).
(12) Remer T, Manz F., Estimation of the renal net acid excretion by adults consuming diets containing variable amounts of protein. Am J Clin Nutr 1994;59:1356-61.
(13) Feskanich D, Willett WC, Stampfer MJ, Colditz GA. Milk, dietary calcium, and bone fractures in women: a 12-year prospective study. Am J Publ Health 1997;87:992-7.
(14) Cumming RG, Klineberg RJ. Case-control study of risk factors for hip fractures in the elderly. Am J Epidemiol 1994;139:493-503.
(15) Abelow B.J. et al., Calcif Tissue Int 50:14-18, (1992).
(16) Susan A New, Simon P Robins, Marion K Campbell, James C Martin, Mark J Garton, Caroline Bolton-Smith, David A Grubb, Sue J Lee and David M Reid, Dietary influences on bone mass and bone metabolism: further evidence of a positive link between fruit and vegetable consumption and bone health, American Journal of Clinical Nutrition, Vol. 71, N. 1, 142-151, gennaio 2000.
(17) 31: McBean LD, Forgac T, Finn SC., Osteoporosis: visions for care and prevention--a conference report. J Am Diet Assoc. 1994 Jun;94(6):668-71.
(18) J.J.B. Anderson, J Nutr Biochem 2:300-307 (1991).
(19) Robert P Heaney, M Susan Dowell, Karen Rafferty and June Bierman, Bioavailability of the calcium in fortified soy imitation milk, with some observations on method American Journal of Clinical Nutrition, Vol. 71, No. 5, 1166-1169, May 2000.
(20) Weaver CM, Plawecki KL. Dietary calcium: adequacy of a vegetarian diet. Am J Clin Nutr. 1994 May; 59(5 Suppl):1238S-1241S. Review
3) I vegetariani e i vegani sono a rischio di carenza degli altri minerali?
Secondo numerosi studi epidemiologici le diete vegetariane non comportano rischi di carenze di minerali (1-9). Lo iodio, necessario per il funzionamento della tiroide, è presente in quantità adeguate nei latticini ma per i vegan vi possono essere carenze (a causa della variabilità del contenuto di iodio dei vegetali, in funzione del terreno su cui sono coltivati) che sono facilmente prevenibili usando sale iodato o introducendo nella propria dieta moderate quantità di alghe, ricchissime di questo minerale. Il selenio è un antiossidante contenuto sia negli alimenti vegetali che in quelli animali. Negli alimenti vegetali il contenuto di questo minerale è variabile come quello dello iodio e può essere carente nell'alimentazione dei vegani di alcuni paesi dell'Europa del nord. Comunque diversi studi non hanno rilevato carenze per vegetariani e vegani (3,4). Il rame è contenuto in molti vegetali e la sua carenza è molto rara. I vegetariani e soprattutto i vegani ne assumono quantità maggiori che gli onnivori. (4-6) Il magnesio è importante per il funzionamento di numerosi enzimi e per il tessuto osseo. I vegetariani e soprattutto i vegani ne assumono più degli onnivori (1,6) essendo questo minerale presente soprattutto nei cereali integrali. Il fosforo è essenziale per la formazione dello scheletro e deve essere presente nella dieta in quantità pari al calcio, ma i consumatori di carne e di bibite tendono ad assumerne troppo con conseguenze negative per le ossa. Vegetariani e vegani ne assumono quantità adeguate e non eccessive, diversamente da quanto spesso avviene per gli onnivori. Il potassio è importante per mantenere bassa la pressione sanguigna e per la salute delle ossa. Frutta e verdura ne sono particolarmente ricchi e infatti i vegetariani e i vegani ne consumano quantità adeguate e superiori a quelle degli onnivori, ciò che spiega in parte la minore incidenza di ipertensione (7). Cromo, manganese e molibdeno sono oligoelementi con diverse funzioni (non tutte note) nel nostro organismo. L'apporto di questi minerali nelle diete vegane e vegetariane è adeguato essendo contenuti abbondantemente nei cibi vegetali (8,9).
(1) Abdulla, M. et al., Nutrient intake and health status of lacto-vegetarians: chemical analyses of diets using the duplicate portion sampling technique. American Jnl of Clinical Nutrition v.40 (2) p.325-338 (1984).
(2) Freeland-Graves, J.H., Mineral adequacy of Vegetarian Diets. American Jnl of Clinical Nutrition v.48 p 859-862, (1988).
(3) Akesson B, Ockerman P.A. Br. J Nutrition, 53:199-205 (1985).
(4) Gibson R.S. et al., J Am Diet Ass, 119:215-220 (1989).
(5) Draper, A. et al., The energy and nutrient intakes of different types of vegetarian: a case for supplements? British Journal of Nutrition v.69 p.3-19 (1993).
(6) Janelle K.C., Barr S.I., JADA 95: 180-189 (1995).
(7) Ophir O, et al., Am J Clin Nutr 37:755-762 (1983).
(8) Rao C.N., Rao B.S.N., Nutr Metab, 24:224-254 (1980).
(9) Kelsay J.L. et al., Am J Clin Nutr 48:875-879, suppl. (1988).
4) I vegetariani sono a rischio di carenza di proteine? Le proteine animali sono indispensabili?
È una credenza tanto diffusa quanto infondata che le proteine animali siano indispensabili o migliori di quelle vegetali e che quindi i vegetariani siano a rischio di carenze proteiche. Gli studi epidemiologici e sperimentali su esseri umani hanno ampiamente dimostrato che una dieta vegetariana e vegana è perfettamente in grado di coprire il fabbisogno proteico di qualunque persona (1), anche di chi pratica sport o compie lavori pesanti, come è dimostrato dalla popolazione rurale cinese che pur consumando quantità minime di carne o pesce (e quindi ricavando le proteine quasi esclusivamente dai vegetali (2)) è tranquillamente in grado di svolgere i lavori agricoli (si tenga anche presente che l'agricoltura cinese è meno meccanizzata di quella dei paesi occidentali e dunque necessita maggiori sforzi fisici) (3).Spesso si sente affermare che le proteine animali sono proteine "nobili" diversamente da quelle contenute dei vegetali. In realtà questa affermazione ha ben poca rilevanza. Infatti le proteine sono costituite da aminoacidi alcuni dei quali possono essere sintetizzati dall'organismo umano mentre altri (gli aminoacidi essenziali) devono necessariamente essere introdotti con l'alimentazione. Le proteine contenute nei cibi animali contengono da sole tutti questi aminoacidi nelle giuste proporzioni (quindi per i vegetariani il problema non si pone neppure), mentre è necessario assumere diversi cibi vegetali per ottenere le giuste proporzioni di questi aminoacidi. Tuttavia non bisogna affatto credere che la necessità di combinare diversi cibi vegetali sia uno svantaggio o che sia comunque più complicato, dato che in un'alimentazione vegana corretta ciò avviene automaticamente senza bisogno di particolari accorgimenti. Chiunque mangi nell'arco della giornata dei cereali (pane, pasta, riso, etc.) e, nello stesso pasto o in pasti diversi, dei legumi (come i fagioli, le lenticchie, i ceci, etc) ottiene tutti gli aminoacidi necessari nelle giuste quantità e proporzioni (1,9). Infatti, i legumi sono carenti in metionina e cisteina, aminoacidi abbondanti invece nei cereali, mentre i cereali sono carenti in lisina e treonina, abbondanti invece nei legumi. Il consumo di legumi e cereali nell'arco della giornata e NON necessariamente nello stesso pasto, consente di ottenere tutti gli aminoacidi indispensabili nelle giuste quantità.In sintesi è il corretto apporto di aminoacidi ad essere indispensabile, e l'alimentazione vegana soddisfa pienamente questa esigenza se l'apporto calorico complessivo è adeguato (4-7). La soia è invece l'unico legume in grado di fornire da solo, senza essere associato ai cereali, tutti gli aminoacidi necessari nelle giuste proporzioni (9). I vegetariani che mangiano latticini e uova assumono ovviamente le stesse proteine animali della carne. Il vantaggio di ricavare le proteine dai vegetali anziché dai cibi animali è che, così facendo, si può soddisfare i propri bisogni alimentari senza introdurre colesterolo e grassi saturi, notoriamente deleteri per la salute e inevitabilmente presenti in tutti i cibi animali (1,10). Val la pena di ricordare che la convinzione per cui le proteine vegetali sarebbero da sole inadeguate a soddisfare i bisogni proteici dell'uomo deriva dalle solite fuorvianti conclusioni delle ricerche sperimentali compiute su animali, ricerche che hanno ampiamente dimostrato di essere notevolmente inaffidabili oltre che antiscientifiche (11).
(1) Messina VK, Burke KI, Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
(2) Chen J, Campbell TC, Li J, Peto R. In: Diet, Life-style and Mortality in China. A study of the characteristics of 65 Counties. Oxford University Press, Cornell University Press, and the China People's Medical Publishing House; 1990.
(3) Anne Simon Moffat, "China: A Living Lab for Epidemiology", Science n. 248, 4 maggio, 1990, pag.554. Il 70% delle proteine nell'alimentazione occidentale deriva da prodotti animali. In Cina solo l'11% delle proteine deriva da carne o pesce mentre l'89% deriva da fonti vegetali.
(4) Abdulla, M. et al., Nutrient intake and health status of vegans: chemical analyses of diets using the duplicate portion sampling technique. American Jnl of Clinical Nutrition v.34, p.2464-2477(1981).
(5) Roshanai F., Sanders T.A.B., Hum. Nutr.: Appl. Nutr., 38A: 345-354 (1984).
(6) Lockie A.H. et al., Hum. Nutr.: Appl. Nutr., 41A:204-211 (1985).
(7) Rana S.K., Sanders T.A.B., Br. J. Nutrition 56:17-27 (1986).
(8) Draper A. et al., Br. J. Nutrition, 69:3-19 (1993).
(9) Young VR. Soy protein in relation to human protein and amino acid nutrition. J Am Diet Assoc.1991;91:828-835.
(10) Barnard N.D., Nicholson A., Howard J.L., The Medical Costs Attributable to Meat Consumption. Preventive Medicine, vol.24, 1995, pag.646-655.
(11) The Dietitian's Guide to Vegetarian Diets, M e V. Messina, 1996, Aspen Publ., USA, pag.86
5) I vegetariani e i vegani sono a rischio di carenze vitaminiche?
La dieta vegetariana è in grado di fornire tutte le vitamine necessarie in quantità adeguate senza alcun problema; la dieta vegana è anch'essa tranquillamente in grado di soddisfare le esigenze nutrizionali per quanto concerne tutte le vitamine, tranne per la B12. La vitamina A, essenziale per la vista, la crescita ossea e il sistema immunitario è soprattutto presente in tutti i frutti e le verdure di colore giallo-arancione e i vegani e vegetariani ne assumono perfino più degli onnivori (1). La vitamina B1 (tiamina) è essenziale per la conversione dei carboidrati in energia e le diete vegetariane ne contengono notevoli quantità (2) essendo essenzialmente presente nei cereali integrali. La vitamina B2 (riboflavina) ha numerose funzioni essendo connessa col funzionamento di molti enzimi del corpo umano. È presente soprattutto nei cibi animali ma anche in molti vegetali (cereali integrali, broccoli, funghi, piselli). I vegetariani ne assumono quantità analoghe agli onnivori (3); i vegani ne assumono quantità inferiori ma comunque sufficienti (4) anche perché l'RDA (quantità giornaliera raccomandata) stabilita per questo nutriente appare troppo elevata (5). La vitamina B3 (niacina) è necessaria per la prevenzione della pellagra ed è contenuta nei cereali, specie quelli integrali. I vegetariani e i vegani ne assumono quantità largamente sufficienti (6). La vitamina B6 è importante il metabolismo delle proteine ed è contenuta soprattutto nei cereali specialmente se integrali. La sua carenza è rara e tanto i vegetariani (6) quanto i vegani (7) (specie questi ultimi) non hanno problemi di carenze. L'acido folico è necessario per il metabolismo delle proteine e per la divisione cellulare ed è abbondantemente contenuto nei vegetali (broccoli, asparagi, arance, legumi, etc.) L'assunzione di acido folico nei vegetariani e ancor più nei vegani, è perfettamente adeguata e superiore a quello degli onnivori (7). La biotina è contenuta nei cereali, nella soia, nei pomodori, nelle arachidi e nel lievito di birra; è presente solo in piccole quantità nella carne. Vegetariani e vegani ne consumano quantità adeguate, probabilmente più degli onnivori (8). La vitamina C è un potente antiossidante, è necessaria a mantenere un sistema immunitario efficiente e a prevenire lo scorbuto. È contenuta quasi esclusivamente nei vegetali e in particolare nella frutta. Vegetariani e, soprattutto, i vegani ne assumono quantità largamente superiori agli onnivori (7). La vitamina D ha numerose funzioni (soprattutto per i tessuti ossei) ed è sintetizzata dal nostro corpo in presenza di luce solare (basta una esposizione al sole della faccia e delle mani per 10-15 minuti 2-3 volte la settimana) (9). In mancanza di un'adeguata esposizione al sole, che è di gran lunga il più importante fattore che determina la presenza di questa vitamina nel sangue (10), i vegani devono introdurla nella dieta tramite alimenti vegetali fortificati (p.e. latte di soia, alcune margarine) i vegetariani tramite le uova e il latte. Tuttavia la vitamina D viene accumulata nel corpo e quindi quella prodotta durante i mesi estivi è generalmente sufficiente anche per il periodo invernale. È importante notare che le persone anziane e di colore sintetizzano meno efficacemente questa vitamina e che le creme solari ad alto livello di protezione, bloccando gli ultravioletti, impediscono la sintesi della vitamina D. Del resto anche gli onnivori che si espongono raramente alla luce solare (p.e. per ragioni climatiche) possono incorrere in carenze di questa vitamina. Si ricordi infine che solo la vitamina D2 (ergocalciferolo) addizionata ai cibi è sicuramente vegana. La vitamina D3 (colecalciferolo) è molto spesso di derivazione animale. La vitamina E è un potente antiossidante che previene l'azione dei radicali liberi e quindi l'invecchiamento ed è contenuta negli oli vegetali (ma non nei grassi animali), nelle patate dolci, nel cavolo, nelle nocciole e altri vegetali. I vegetariani e i vegani assumono più vitamina E degli onnivori e quindi non si pongono problemi di carenze (11). La vitamina K ha diverse funzioni nel nostro organismo e la principale è la regolazione della sintesi di alcuni fattori della coagulazione del sangue. Le carenze (che aumentano il rischio di emorragie) sono molto improbabili sia per gli onnivori che per vegani e vegetariani essendo presente in notevoli quantità nei vegetali a foglia verde (una porzione di cavolo verde fornisce oltre 5 volte l'RDA) (12) ed è sintetizzata dai batteri dell'intestino. La carnitina, talvolta chiamata vitamina BT, non deve necessariamente essere introdotta con la dieta dato che è prodotta in quantità adeguate dal nostro fegato. Non è contenuta nei vegetali ma tanto i vegani che i vegetariani hanno adeguati livelli ematici di questa sostanza (13). La vitamina B12 nel nostro corpo ha diverse funzioni legate alla divisione cellulare ed è l'unica vitamina generalmente carente in una dieta vegana, pur essendone necessaria una quantità bassissima (1-2 microgrammi al giorno). Le fonti di questa vitamina sono solo animali (i vegetali ne possono contenere delle tracce, in genere non sufficienti) e pertanto i vegetariani che includono uova e/o latte e derivati non hanno problemi di carenza (7) se assumono abbondanti quantità di prodotti animali, quantità che potrebbero però risultare dannose per quanto concerne la prevenzione delle patologie degenerative correlate al consumo di cibi animali. I sintomi di una carenza di questa vitamina sono, vertigini, difficoltà di concentrazione, formicolii, problemi della memoria, debolezza, anemia perniciosa (caratterizzata dalla formazione di globuli rossi di dimensioni anormali che tuttavia nei vegani si manifesta in genere solo dopo l'insorgere dei sintomi neurologici). Per via delle scorte che ha il nostro organismo, la carenza di questa vitamina può manifestarsi non prima di un anno (ma anche dopo 20 anni) di dieta del tutto priva di B12 (14). I prodotti vegetali fermentati (p.e. il tempeh) che si ritenevano contenere abbondanti quantità di questa vitamina, in realtà contengono solo degli analoghi che non svolgono la loro funzione nel nostro organismo (14). Alcune alghe possono contenere piccole tracce di questa vitamina, ma non sono una fonte affidabile. La soluzione al problema è però comunque assai semplice. Basta far uso di specifici lieviti alimentari contenenti B12 (difficilmente reperibili in Italia), di prodotti alimentari fortificati (come latte di soia, cereali, hamburger vegetariani, etc.) oppure integratori alimentari che non siano di origine animale.
Di seguito l’elenco di alcuni integratori vegani:
Solgar; Vita B12 100
Nature’s Plus; Shot-O-B12
Phoenix; Long Life B12
Stur-Dee; Cod. 803 – Vitamina B12
Pegaso; Life Plan Bilife 12
Nature’s Plus; Vitamin B12 1000
1) Alexander D. et al., European Journal of Clinical Nutrition, 48: 538-546 (1994).
(2) Janelle K.C., Barr S.I., JADA 95: 180-189 (1995).
(3) Millet P. et al. American Journal of Clinical Nutrition, 50: 718-727 (1989).
(4) Calkins B.M. et al., American Journal of Clinical Nutrition, 40: 896-905 (1984).
(5) Campbell T.C. et al., American Journal of Clinical Nutrition, 51:436-445 (1990).
(6) Shultz T.D. Leklem J.E., JADA, 83: 27-33 (1983).
(7) Draper A. et al., British Journal of Nutrition, v.69 p.3-19, 1993.
(8) Lombard K.A. Mock D.M., Journal of American Clinical Nutrition 50: 486-490 (1989).
(9) Specker B.L. et al., J Pediatric, 107:372-376 (1985).
(10) Poskit E.M.E. et al., British Medical Journal, 1:221-223 (1979).
(11) Pronczuk et al, J Am Coll Nutr, 11: 50-55 (1992).
(12) Provisional Table of the Vitamin K Content of Foods, USDA, Human Nutrition Information Service HNIS/PT-104.
(13) Lombard K.A. et al., American journal of clinical nutrition 50: 301-306 (1989).
(14) Herbert V., Vitamin B12: plant sources, requirements, and assay. Am J Clin Nutr, 1988; 48: 852-858.
6) Il fatto che l’alimentazione vegana sia carente di vitamina B12 non significa che essa non è una dieta naturale?
Questa domanda (per nulla peregrina) necessita a nostro avviso di una risposta su due piani diversi. Sul piano puramente fattuale l'osservazione che attualmente la B12 sia praticamente assente in una dieta vegana non integrata non significa che tale alimentazione non sia naturale, ma piuttosto che i cibi che mangiamo oggi sono diversi (cioè hanno una composizione diversa) rispetto agli stessi cibi che mangiavano i nostri antenati. Un tempo la B12 era molto più diffusa a causa della minore igiene delle acque e del cibo che contenevano maggiori residui microbici e per esempio in passato il Tempeh preparato artigianalmente era una buona fonte di questa vitamina. Perciò in passato un'alimentazione vegana sarebbe stata probabilmente adeguata anche quanto alla B12. Inoltre lo studio dei mezzi che il nostro corpo usa per ottimizzare e conservare e le nostre riserve di questa vitamina dimostra che anche l'alimentazione dei nostri progenitori ne conteneva quantità piuttosto modeste. Ad ogni modo mangiare del lievito (quello giusto) ogni tanto non è affatto "innaturale", non più di quanto lo sia mangiare del seitan o della pasta al pomodoro. Per quanto riguarda gli altri nutrienti abbiamo già visto che una dieta vegana equilibrata non comporta particolari rischi carenziali. Se può essere vero che con una dieta vegana siano più comuni alcuni errori nelle abitudini alimentari che portino a carenze di alcuni nutrienti, lo stesso si può dire per una alimentazione onnivora, ovviamente per quanto riguarda nutrienti diversi. Infatti se una alimentazione vegana non corretta può portare a carenze di alcuni minerali e vitamine, l'alimentazione onnivora spesso comporta carenze di antiossidanti (vitamina A, C, E, ) folati e fibre. Inoltre non dimentichiamoci che anche gli eccessi (p.e. di colesterolo, grassi saturi, proteine animali) comuni nelle diete onnivore sono altrettanto pericolosi. Sul piano etico la scelta vegana ha implicazioni molto importanti e sotto questo aspetto è del tutto irrilevante lo stabilire se un'azione sia o meno naturale (lo stupro, l'omicidio e la violenza - cioè le conseguenze della legge della giungla sono quanto di più naturale e meno moralmente giustificabile esista). Rifiutare un comportamento apparentemente innaturale che gioverebbe agli animali non umani e accettare altri comportamenti più o meno innaturali che gioverebbero ai propri simili (p.e. trattenersi dall'uccidere per il proprio vantaggio) è specista (*) e quindi arbitrariamente discriminatorio. Qualunque cosa si voglia pensare a proposito della naturalità della dieta vegana, è un fatto che mangiare prodotti animali significhi contribuire a causare una immane quantità di sofferenza in miliardi di esseri senzienti. Non crediamo che questa sofferenza possa essere giustificata solo dal "vantaggio" per alcuni di non dover mangiare del lievito o bere del latte di soia fortificato.
(*) Definire il concetto di specismo e approfondire la questione dell'attribuzione dei diritti fondamentali ai non-umani esula dallo scopo di queste FAQ, essendo questioni che necessitano una trattazione più articolata di quanto sia possibile in questa sede. Si veda pertanto: "Liberazione Animale", P. Singer, Ed. Mondadori, "I diritti animali", T. Regan, Ed. Garzanti e la bibliografia sulla pagina http://utenti.tripod.it/vegan/html/bibliografia.htm
7) Se diventassimo tutti vegan ci sarebbe abbastanza terra per coltivare i vegetali necessari a soddisfare le esigenze alimentari dell'umanità? (*)
Certamente sì. Anzi, ci sarebbe molta più terra a disposizione se i vegani e i vegetariani aumentassero di numero. La spiegazione di questo apparente paradosso sta nel fatto che la produzione di carne e altri prodotti animali necessita di quantità molto elevate di prodotti vegetali da destinare all'alimentazione degli animali allevati, mentre se tali prodotti vegetali fossero direttamente destinati al consumo umano, con la stessa quantità di derrate si potrebbero nutrire molte più persone di quelle che è possibile nutrire utilizzando la carne degli animali, ottenuta dalla trasformazione degli alimenti vegetali da parte degli animali stessi. La scelta di un'alimentazione vegetariana, o ancor meglio vegana, può quindi rappresentare un contributo alla soluzione del problema della fame nel mondo. In altre parole, per produrre una bistecca bisogna necessariamente alimentare con del cibo vegetale l'animale che la produrrà. L'animale trasformerà questo cibo in carne (o latte o uova) che poi verrà consumata dall'uomo. Tuttavia durante questo processo di trasformazione si hanno notevoli perdite di proteine ed energia contenute nei vegetali, dato che parte dei nutrienti vegetali serviranno semplicemente a sostenere il metabolismo degli animali, a produrre tessuti non commestibili (ossa, cartilagini, frattaglie) e in parte andranno persi tramite gli escrementi. Il risultato è che se destinassimo un ettaro di terra all'allevamento bovino otterremmo in un anno 66 Kg di proteine. Destinando lo stesso terreno alla coltivazione della soia otterremmo nello stesso tempo 1848 Kg di proteine, cioè 28 volte di più (1). Per quanto riguarda il rendimento energetico, un ettaro coltivato a patate permette di ottenere 102.080 Mj di energia, un ettaro coltivato a riso 87.768 Mj (2) Invece un ettaro di terreno destinato all'allevamento di manzo permette di ottenere 4.796 Mj di energia mentre lo stesso spazio adibito all'allevamento di pollame permette di ottenere 7.056 Mj (2). Questi dati parlano molto chiaro: a parità di ettari di terreno utilizzati la coltivazione di prodotti vegetali consente di alimentare molte più persone dell'allevamento di animali da carne e di conseguenza quante più persone seguono una dieta vegetariana tanto meno sono le terre necessarie a sfamare l'umanità.
(*) Questa risposta e la successiva sono basate sull’articolo “Ecologia ed alimentazione vegetariana”, L’idea vegetariana n.114, 1998, pag 12-16.
(1) J. Andrè, Sette miliardi di vegetariani, 1988, Giannone Ed., Palermo.
(2) F. Caporali, Ecologia per l'agricoltura, UTET 1991.
8) È più ecologicamente sostenibile la produzione di alimenti vegetali o la produzione di alimenti di origine animale? (*)
Non ci sono dubbi: la produzione di alimenti vegetali è molto più ecologicamente sostenibile della produzione di carne, latte o uova. La prima ragione risulta evidente dalla lettura della risposta alla domanda precedente: se è necessaria meno terra per sfamare un vegetariano rispetto ad un onnivoro, è chiaro che l'impatto ambientale di miliardi di esseri umani che mangiano carne sarà nettamente superiore rispetto ad un'umanità vegetariana, perché non dovranno essere abbattute le foreste per lasciare spazio ai pascoli e si dovrà utilizzare meno energia sotto forma di combustibili fossili per coltivare i campi (e questo a sua volta ridurrà l'emissione di gas serra), meno pesticidi e meno fertilizzanti (entrambe prodotti estremamente inquinanti). Alcuni dati possono confermare quanto sopra: nella foresta dell'Amazzonia l'88% dei terreni disboscati è adibito a pascolo (1), quasi il 70% delle zone disboscate del Costa Rica e del Panama sono state trasformate in pascoli (2), a partire dal 1960 oltre un quarto delle foreste del centro America sono state spazzate via per ottenere spazio per gli allevamenti (2); per ottenere un Kg di farina è necessario utilizzare circa 22 g di petrolio, per produrre un Kg di carne è necessario impiegare 193 g di petrolio: quasi 9 volte tanto (3), tant'è vero che secondo Ernst U. v. Weizäcker del Wuppertal Institute for Climate, Environment and Energy, il contributo all'effetto serra dato dagli allevamenti è circa pari a quello dato dalla totalità del traffico degli autoveicoli nel mondo (4). Non si può non accennare all'inquinamento direttamente prodotto dagli allevamenti: In Italia vengono prodotti annualmente circa cento milioni di quintali di deiezioni animali. Esse sono caratterizzate da un basso contenuto di sostanza secca da una alto contenuto di metalli pesanti, quali zinco e rame, che sono somministrati artificialmente agli animali allevati e che possono raggiungere nel terreno concentrazioni notevoli, al limite della fitotossicità; inoltre sono causa di una vera e propria "fecalizzazione ambientale" con i conseguenti rischi di inquinamento microbiologico che una simile concentrazione di deiezioni comporta anche per le falde acquifere, sempre più contaminate da nitrati e nitriti (5). Oltre al contenuto organico e al contenuto di metalli pesanti degli escrementi animali esiste il problema dei residui dei farmaci (soprattutto antibiotici ed ormoni) (5). Un altro grosso problema degli allevamenti intensivi e dei terreni coltivati a foraggio è il loro enorme bisogno di acqua. L'acqua potabile viene utilizzata non solo per irrigare le sempre maggiori estensioni di terreno richieste per soddisfare il bisogno di foraggi ma anche per pulire continuamente le stalle ed i macelli dai residui della macellazione e dagli escrementi oltre che per abbeverare gli animali. Per produrre un grammo di proteine animali è necessario usare in media 15 volte la quantità d'acqua necessaria per produrre un grammo di proteine vegetali e del resto basta pensare che quasi la metà dell'acqua potabile utilizzata ogni anno negli USA è destinata agli allevamenti (6).
(*) Questa risposta e la precedente sono basate sull’articolo “Ecologia ed alimentazione vegetariana”, L’idea vegetariana n.114, 1998, pag 12-16.
(1) The Year the World Caught Fire, rapporto del WWF International, dicembre 1997.
(2) Catherine Caulfield, "A Reporter at Large: The Rain Forests" New Yorker, 14 gennaio 1985.
(3) Le secteur agro-alimentaire face au probleme de l'energie, OCSE, Parigi 1982. Op. cit. in: J. Andrè, Sette miliardi di vegetariani, Giannone Ed.
(4) Jeremy Rifkin, Das Imperium der Rinder, Campus Verlag, pag. 12, 1992.
(5) Roberto Marchesini, Oltre il muro: la vera storia di mucca pazza, 1996, Muzzio Ed., Padova
(6) Frances Moore Lappè, Diet for a Small Planet, Ballantine Books, 1982, pag. 80.
9) I bambini e i neonati devono mangiare carne, uova e latte?
Se correttamente bilanciata una alimentazione vegetariana o vegana è perfettamente in grado di coprire i bisogni nutrizionali dei bambini dopo lo svezzamento, fermo restando che prima dello svezzamento è fortemente consigliato l'allattamento al seno e che il latte delle madri vegetariane e vegane è completo dal punto di vista nutrizionale (1). Le madri vegane prima e durante l'allattamento devono prestare particolare attenzione ad assumere quantità adeguata di vitamina D (soprattutto tramite l'esposizione al sole o integratori), B12 (mediante cibi fortificati o integratori) e acidi grassi essenziali (gli omega-3 in particolare, mediante olio di lino), dato che una carenza alimentare nelle madri potrebbe modificare la composizione del loro latte e diminuirne il contenuto di nutrienti essenziali per il lattante. Anche dopo lo svezzamento l'alimentazione vegetariana e vegana sono adeguate e infatti la Associazione Dietologi Americani (ADA) ha dichiarato nel suo "Position Statement" sulle diete vegetariane (2) che esse offrono tutti i principi nutritivi necessari alla crescita e allo sviluppo del bambino e diversi studi epidemiologici su bambini vegetariani e vegani non macrobiotici lo confermano (3-7). L'apporto proteico è perfettamente adeguato: le proteine vegetali, contenute specialmente nei legumi, contengono tutti gli aminoacidi necessari (8,9) e nelle diete vegetariane che includono latticini e/o uova sono ampiamente presenti le stesse proteine animali contenute nella carne o nel pesce. L'apporto di ferro, zinco ed altri oligoelementi è adeguato in particolare se vengono inclusi nella dieta legumi in abbinamento a fonti di vitamina C (per massimizzare l'assimilazione del ferro), frutta secca e semi (noci, pistacchi, semi di zucca) (10-15). L'apporto di calcio è adeguato anche nelle diete vegane purché si introducano abbondanti quantità di vegetali ricchi di questo minerale (16) e/o latte di soia o altri prodotti fortificato con calcio. È essenziale l'esposizione al sole del bambino per almeno 20-30 minuti 2-3 volte alla settimana al fine di garantire una sufficiente produzione di vitamina D. L'apporto di vitamina B12 è adeguato nelle diete vegetariane (17), ma nelle diete vegane è necessario introdurre degli specifici lieviti alimentari o degli integratori. Infine è consigliabile evitare di alimentare i bambini e i neonati con cibi ad alto contenuto di fibre (meglio usare cereali raffinati e semi-raffinati) che riempiono troppo velocemente i loro piccoli stomachi e favorire cibi a maggiore densità energetica e nutrizionale. In conclusione, appurata l'adeguatezza delle diete vegetariane correttamente bilanciate, vale la pena di sottolineare che un'alimentazione con un ridotto o nullo contenuto di cibi animali comporta numerosi vantaggi a lungo termine per la salute (18) in particolare in riferimento all'incidenza delle patologie più diffuse nei paesi industrializzati (quali cancro, patologie cardiovascolari, diabete, etc). Per quanto concerne specificatamente l'alimentazione dei bambini, diversi studi rilevano che i neonati alimentati con latte di latte di mucca hanno una maggiore probabilità di ammalarsi di diabete da adulti (19-21) e che l'arteriosclerosi e le patologie correlate possono essere molto più efficacemente prevenute con una alimentazione a basso contenuto di grassi saturi (quindi essenzialmente animali) fin dall'infanzia (22). Inoltre una dieta a basso contenuto di cibi animali minimizza l'esposizione della madre e del bambino a contaminanti chimici sicuramente cancerogeni come la diossina e i PCB, molto più concentrati in latte, uova, carne e pesce che nei vegetali (23). In uno studio americano è risultato che nella maggior parte dei casi il latte delle madri onnivore contenevano 50-100 volte più PCB (PoliCloroBifenili) rispetto al latte delle madri vegetariane (23).
(1) Messina VK, Burke KI. Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
(2) Messina M, Messina V. The Dietitian’s Guide to Vegetarian Diets: Issues and Applications. Gaithersburg, MD: Aspen Publishers, Inc.;1996.
(3) O’Connell JM, Dibley MJ, Sierra J, Wallace B, Marks JS, Yip R. Growth of vegetarian children: The Farm Study. Pediatrics. 1989;84:475-439.
(4) Sanders T.A.B., Growth and development of British vegan children. Am J Clin Nutr. 1988;48:822-825.
(5) Sanders T.A.B., Reddy S. Vegetarian diets and children. Am J Clin Nutr. 1994;59(suppl):1176S-1181S.
(6) JT Dwyer, WH Dietz Jr, EM Andrews and RM Suskind, Nutritional status of vegetarian children, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 35, 204-216, 1982.
(7) Nathan I; Hackett AF; Kirby S., A longitudinal study of the growth of matched pairs of vegetarian and omnivorous children, aged 7-11 years, in the north-west of England. Eur J Clin Nutr 1997; 51: 20-5.
(8) Klaper M, Pregnancy, Children, and the Vegan Diet, 1994, pag.12-14, Gentle World Inc., USA.
(9) Young VR, Pellett PL. Plant proteins in relation to human protein and amino acid nutrition. Am J Clin Nutr. 1994; 59 (suppl 5):1203S-1212S.
(10) Anderson BM, Gibson RS, Sabry JH: The iron and zinc status of long-term vegetarian women. Am J Clin Nutr 34: 1042-1048, 1981.
(11) Latta D, Liebman M, Iron and zinc status of vegetarian and non-vegetarian males. Nutr Rep Int 30: 141-149, 1984.
(12) Helman AD and Darnton-Hill I: Vitamin and iron status in new vegetarians. Am J Clin Nutr 45: 785-789, 1987.
(13) Hallberg L, Bioavailability of dietary iron in man. Ann Rev Nutr 1: 123-147, 1981.
(14) Freeland-Graves JH, Bodzy PW, Epright MA. Zinc status of vegetarians. J Am Diet Assoc. 1980;77:655-661.
(15) WJ Craig, Iron status of vegetarians, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 59, 1233S-1237S.
(16) Weaver CM, Plawecki KL. Dietary calcium: adequacy of a vegetarian diet. Am J Clin Nutr 1994;59(suppl):1238S-41S.
(17) Draper, A. et al., The energy and nutrient intakes of different types of vegetarian: a case for supplements? British Journal of Nutrition v.69 p.3-19, (1993).
(18) La bibliografia citabile sarebbe interminabile. Per una valutazione dell’impatto negativo sulla salute della alimentazione carnea si veda in particolare Barnard NB, Nicholson A, Howard JL, The Medical Costs Attributable to Meat Consumption. Preventive Medicine; VOL 24, 1995, P646-55. Inoltre si veda TC Campbell, C Junshi, Diet and Chronic Degenerative Diseases: Perspectives from China. American Journal of Clinical Nutrition, vol. 59, 1153S-1161S.
(19) Gerstein H.C., Cow's milk exposure and type I diabetes mellitus: a critical overview of the clinical literature. Diabetes Care, 17(1):13-9 1994.
(20) Scott FW. Cow milk and insulin-dependent diabetes mellitus: is there a relationship? Am J Clin Nutr 1990;51:489-91.
(21) Karjalainen J, Martin JM, Knip M, et al., A bovine albumin peptide as a possible trigger of insulin-dependent diabetes mellitus. N Engl J Med 1992;327:302-7.
(22) Berenson GS, Srinivasan SR, Nicklas TA, Atherosclerosis: a nutritional disease of childhood. Am J Cardiol 1998 Nov 26;82(10B):22T-29T
(23) J. Hergenrather et al., New England Journal of Medicine, 304: 792 (1981).
10) Come devono mangiare un vegan o un vegetariano per non incorrere in carenze? Quali sono le possibili carenze alimentari e come si possono compensare?
Un vegetariano non deve seguire particolari regole per avere una alimentazione correttamente bilanciata, ma alcuni consigli possono essere dati. Innanzi tutto è imperativo non sostituire la carne aumentando l'assunzione di altri cibi animali (latticini e uova): così facendo i benefici per la salute sarebbero scarsi visto che l'assunzione di grassi animali rimarrebbe sostanzialmente inalterata e non verrebbe aumentata significativamente l'assunzione di cibi vegetali, i cui benefici per la salute sono assodati. In secondo luogo è opportuno mangiare molti legumi che forniscono proteine e ferro, abbinandoli nello stesso pasto a cibi ad alto contenuto di vitamina C (come la frutta) per massimizzare l'assimilazione del ferro. Per i vegani è opportuno seguire qualche regola in più. Come per i vegetariani è importante mangiare molti legumi abbinati a cibi ad alto contenuto di vitamina C (questo significa semplicemente mangiare frutta alla fine del pasto oppure bere durante o alla fine del pasto dei succhi di agrumi). È consigliabile includere nella dieta moderate quantità di semi e frutta secca (pistacchi, mandorle, semi di zucca, noci), ricchi di zinco e ferro. In particolare le noci contengono acido linolenico, un acido grasso in grado, secondo alcuni studi, di ridurre l'incidenza di malattie cardiovascolari. È anche opportuno ridurre l'assunzione di zucchero e dolciumi. È infine essenziale introdurre nella propria alimentazione una fonte affidabile di vitamina B12. Qualora la propria dieta non fosse bilanciata correttamente è possibile incorrere in qualche carenza alimentare. Vale la pena di sottolineare che queste carenze sono facilmente curabili modificando leggermente la propria dieta o - al limite - con degli integratori, diversamente dalle patologie degenerative causate dalla alimentazione carnea, contro le quali la medicina moderna può ancora poco. Per i vegetariani l'unica carenza realisticamente ipotizzabile è quella di ferro. In tal caso è opportuno aumentare l'assunzione di legumi, broccoli, cavolo, verza, pane e altri farinacei integrali preferibilmente lievitati con lievito naturale e non chimico. Comunque, per aumentare l'assimilabilità del ferro è necessario consumare nello stesso pasto cibi contenenti questo minerale, cibi ricchi in vitamina C e altri acidi contenuti nella frutta (come l'acido citrico)(1). È inoltre preferibile evitare di mangiare nello stesso pasto i latticini il cui calcio limita l'assorbimento del ferro, caffè, tè, cioccolato e vino per via del tannino che contengono. Ovviamente sono tutte raccomandazioni da seguire con elasticità. Per i vegani le possibili ma infrequenti carenze sono, oltre al ferro, iodio, zinco, calcio, vitamina B12 e acidi grassi della famiglia omega-3.
Iodio: Il contenuto di iodio dei vegetali varia molto in funzione della terra in cui sono coltivati ed in genere è sufficiente per le esigenze del nostro corpo. Nel caso vi fossero dubbi è sufficiente acquistare sale iodato al posto del sale normale. Anche le alghe, in particolare Laminaria digitata, la Laminaria japonica, la Alaria esculenta e la Palmaria palmata, contengono notevoli quantità di questo minerale: un solo grammo di Laminaria digitata secca (Kombu) ne contiene 3-11 mg, 10-70 volte l'RDA (che è di 150-300 mcg) (2).
Zinco: è sufficiente aumentare l'assunzione di cibi che contengono più zinco (ceci, lenticchie, fagioli Azuki, germe di grano, nocciole, pistacchi, semi di zucca) e diminuire prodotti a base di soia non fermentata per via del loro alto contenuto in fitati che ne inibiscono l'assimilazione. Anche gli altri legumi contengono fitati ma se fatti germogliare essi diminuiscono notevolmente, rendendo i germogli delle ottime fonti di zinco altamente assorbibile. I cereali integrali contengono anch'essi acido fitico ma anche notevolmente più zinco dei cereali raffinati e nel complesso è meglio preferli a questi ultimi (3). L'assimilazione dello zinco (e del ferro) nei cereali integrali è notevolmente facilitata se con tali cereali vengono confezionati prodotti lievitati con lievito naturale che riduce la presenza di acido fitico. Inoltre, specie nei casi di carenze e nei vegani da lungo tempo, è molto probabile che i cereali integrali siano preferibili ai cereali raffinati, dato che l'apparato digerente si adatta ad una alimentazione ricca di fitati (4,5).
Calcio: siccome la questione del calcio nell'alimentazione vegana non sia del tutto chiarita è opportuno prestare attenzione ad includere nella propria dieta abbondanti quantità di legumi, broccoli, rape, cavolo oppure usare alimenti arricchiti (p.e. alcuni tipi di latte di soia o di succhi di frutta). I fichi secchi contengono molto calcio ma sono piuttosto calorici. Alcuni tipi di tofu, quelli preparati con solfato di calcio, sono un'ottima fonte. Un'altra buona fonte di questo minerale sono i semi di sesamo tostati (il calore riduce il loro contenuto di acido fitico che impedisce l'assorbimento del calcio) che possono essere aggiunti un po' a tutti i piatti, o il tahini. Anche la scelta di un'acqua minerale ad alto contenuto di calcio (che è molto variabile in funzione delle diverse acque) può essere utile per raggiungere la dose consigliata. Per la salute dello scheletro è inoltre consigliabile ridurre il consumo di sale da cucina e di bibite.
Vitamina B12: le carenze di B12 sono l'unico reale rischio di un'alimentazione vegana praticata per lungo tempo (non meno di un anno, in genere molto di più) senza integrazione di vitamina B12. Oltre che per gli integratori si può optare anche per i prodotti fortificati (cereali, succhi di frutta, hamburger vegetali).
Omega-3: le carenze di B12 sono l'unico reale rischio di un'alimentazione vegana praticata per lungo tempo (non meno di un anno, in genere molto di più) senza integrazione di vitamina B12. Oltre che per gli integratori si può optare anche per i prodotti fortificati (cereali, succhi di frutta, hamburger vegetali).
(1) Monsen E.R., Iron nutrition and absorption: Dietary factors which impact iron bioavailability. Journal of The American Dietetic Association. 1988; 88: 786- 790.
(2) Indergaard, M. & Minsaas, J., Animal and human nutrition. In Seaweed Resources in Europe: Uses and Potential, Guiry, M. D., Blunden, G. [Ed.], 1991, John Wiley & Sons, pag. 21-64.
(3) Sandstrom B, Arvidsson, B, Cederblad A, et al. Zinc absorption from composite meals. I. The significance of wheat extraction rate, zinc, calcium and protein content in meals based on bread. Am J Clin Nutr 1980;33:739-745.
(4) L Sian, et al., American Journal of Clinical Nutrition, Vol 63, 348-353, Zinc absorption and intestinal losses of endogenous zinc in young Chinese women with marginal zinc intakes.
(5) Campbell-Brown M et al., Zinc and copper in Asian pregnancies: is there evidence for a nutritional deficiency? Br J Obstet Gynaecol 92:875-885, 1985.
(6) Freese R, Mutanen M., Alpha-Linolenic acid and marine long-chain fatty acids differ only slightly in their effects on hemostatic factors in health subjects. Am J Clin Nutr 66:591-8, 1997.
(7) Cunnane SC, Ganguli S, Menard C, et al. High alpha-linolenic acid flaxseed: some nutritional properties in humans. Br J Nutr 69:443-453, 1993.
(8) Per una sintesi piuttosto esauriente dell'argomento si veda Davis B., Essential Fatty Acids in Vegetarian Nutrition, Issues In Vegetarian Nutrition, v.7, n.4, estate 1998.
11) È vero che secondo gli studi scientifici i vegan e i vegetariani hanno una salute migliore rispetto gli onnivori?
I molti dati epidemiologici ottenuti da una moltitudine di studi scientifici parlano chiaro: i vegetariani (1-14) e soprattutto i vegani (8-14) godono di salute migliore rispetto agli onnivori. In particolare la dieta che minimizza o elimina completamente i cibi animali è in grado di ridurre considerevolmente l'incidenza di numerose patologie, in particolare delle patologie degenerative che sono le prime cause di morte nei paesi industrializzati e le più difficili da curare (ma anche le più semplici da prevenire minimizzando o escludendo i prodotti animali dalla propria dieta). I vegetariani e i vegani si ammalano considerevolmente meno di tumore, di ipertensione, arteriosclerosi, infarto, ictus, diabete, obesità, osteoporosi, calcoli e altre patologie (1-13). Come abbiamo visto questo tipo di alimentazione non comporta rischi di carenze se è seguita con cognizione di causa, ma anche ammesso e non concesso che le diete vegane siano più difficili da bilanciare in maniera corretta (per quelle vegetariane ciò è praticamente escluso) e che quindi sia maggiore il rischio di carenze di certi specifici nutrienti, rimarrebbero comunque ottimi motivi per preferire il veganismo rispetto l'onnivorismo. Infatti è evidente che le possibili ma rare carenze di una dieta vegana non correttamente bilanciata possono essere compensate con degli integratori in maniera molto semplice e senza rischi. Al contrario le patologie correlate con il consumo di alimenti animali e prevenibili in larga misura con una alimentazione vegana, sono difficilmente curabili e le terapie farmacologiche e chirurgiche comportano spese, rischi e conseguenze a lungo termine tali dal rendere indubbiamente preferibile l'eventuale (ma non certo necessario) ricorso ad integratori alimentari. In sintesi: meglio un'anemia transitoria curabile con del ferro da assumere per bocca, che un tumore maligno al colon, o un infarto del miocardio che sono tra le prime cause di mortalità nei paesi industrializzati. Le conclusioni sono evidenti: se ben bilanciate la dieta vegetariana e vegana oltre a non comportare alcun particolare problema carenziale, sono in grado di prevenire molte di quelle malattie che mietono più vittime, causano più sofferenza e comportano maggiori spese sanitarie, nei paesi industrializzati (6). Sarebbe comunque auspicabile un aumento degli studi epidemiologici sulla salute dei vegani, essendo questi ultimi a tutt'oggi relativamente scarsi.
(1) McMichael AJ., Vegetarians and longevity: imagining a wider reference population. Epidemiology v.3 (5) p.389-391, 1992.
(2) Chang-Claude J. et al, Mortality pattern of German vegetarians after 11 years of follow-up. Epidemiology vol.3 (5) p.395-401, 1992.
(3) Thorogood M. et al., Risk of death from cancer and ischaemic heart disease in meat and non-meat eaters. British Medical Journal v.308 p.1667-1670, 1994.
(4) Kahn H.A. et al., Association between reported diet and all-cause mortality: 21 year follow-up on 27,350 adult Seventh-Day Adventists. American Journal of Epidemiology vol.119 (5) p.775-787, 1984.
(5) Messina VK, Burke KI, Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
(6) Barnard N.D., Nicholson A., Howard J.L., The Medical Costs Attributable to Meat Consumption. Preventive Medicine; Vol 24, 1995, P646-55.
(7) ML Burr, BK Butland, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 48, 830-832 (1988), Heart disease in British vegetarians.
(8) Ellis, FR. & Montegriffo, V.M.E. (1970). Veganism, clinical findings and investigations. Am. J. Clin. Nutr. 23:249-255.
(9) Ellis, FR. & Montegriffo, V.M.E. (1971). The health of vegans. Plant Fds. Hum. Nutr. 2:93-103.
(10) Ellis, FR., West, E.D. & Sanders, T.A.B. (1976). The health of vegans compared with omnivores: assessment by health questionnaire. Plant Fds. Man. 2:43-52.
(11) Sanders, T.A.B. (1978). The health and nutritional status of vegans. Plant Fds. Man. 2:181-193.
(12) Sanders, T.A.B. (1983). Vegetarianism: dietetic and medical aspects. J. Plant Foods. 5:3-14.
(13) Lockie, A.H., Carlson, E., Kipps, M. & Thomson, J. (1985). Comparison of four types of diet using clinical, laboratory and psychological studies. J. Roy. Coll. Gen. Pract.35:333-336.
(14) Carlson, E., Kipps, M., Lockie, A. & Thomson, J. (1985). A comparative evaluation of vegan, vegetarian and omnivore diets. J. Plant Foods 6:89-100.
12) Perché escludere anche il pesce dalla propria dieta? Non è forse vero che il pesce fa bene?
I nutrienti potenzialmente utili che il pesce fornisce a chi lo consuma sono essenzialmente proteine e ferro, contenuti entrambe in quantità adeguate in una dieta vegetariana e vegana (1,2) e non è pertanto necessario introdurne ulteriormente essendo l'eccesso di proteine e di ferro nell'alimentazione correlati con un aumento dell'incidenza di tumori e patologie cardiovascolari (3-7). Secondo molti studi, alcuni acidi grassi della famiglia degli omega-3 (l'EPA e il DHA), contenuti soprattutto nel pesce, ridurrebbero l'incidenza di malattie cardiovascolari, ma altri studi hanno al contrario rilevato che chi mangia spesso pesce ha una maggiore incidenza di patologie cardiache (8) o, comunque, che il pesce non ha effetti protettivi (9). È comunque ampiamente dimostrato che sia i vegetariani che, soprattutto, i vegani hanno già una incidenza di queste patologie decisamente inferiore agli onnivori (1) e i cibi vegetali (in particolare l'olio di lino, le noci, il germe di grano, la soia e suoi derivati) contengono un tipo di acido grasso della famiglia degli omega-3 (l'acido alfa-linolenico) che l'organismo umano è in grado di convertire in DHA ed EPA (10). Non va dimenticato, inoltre, che il pesce contiene anche altri grassi saturi (molto ridotti nei cibi vegetali) e colesterolo (del tutto assente nei prodotti vegetali), sostanze che sicuramente aumentano l'incidenza di patologie cardiovascolari. Infatti la dieta elaborata dal Dr. Ornish, l'unica in grado di apportare, senza l'uso di farmaci, sostanziali miglioramenti nelle persone affette da malattie cardiovascolari, è praticamente vegana e non prevede il pesce (né, ovviamente, la carne) (11). Infine una dieta ricca di pesce è anche ricca di proteine animali che aumentano notevolmente l'escrezione di calcio e quindi il rischio di osteoporosi (12). Consumare abbondanti quantità di latticini per aumentare l'assunzione di calcio probabilmente non diminuirebbe il rischio di osteoporosi e sicuramente aumenterebbe ulteriormente i grassi animali e i rischi correlati. Un altro problema è l'elevato contenuto di inquinanti tossici dei cibi animali e in particolare del pesce che è tra le prime cause dell'esposizione umana alla diossina (13,14) e al mercurio (15), sostanze che ne rendono sconsigliabile il consumo per via dei loro accertati effetti cancerogeni e neurotossici, specie per i bambini. A conferma di ciò uno studio giapponese ha dimostrato un aumento dell'incidenza di cancro e patologie neurologiche nei consumatori di pesce (16). La dieta migliore per limitare al massimo l'assunzione di queste sostanze tossiche è quella vegana (17). Ci sono anche ottime ragioni ecologiche per non mangiare pesce. Infatti secondo i dati del 1994 forniti dal WWF inglese vi sono almeno 15 specie di pesci commercialmente sfruttabili il cui stock si è notevolmente ridotto, 12 specie il cui stock è sovrasfruttato e 3 specie già scomparse (18). Secondo i dati delle Nazioni Unite almeno 17 delle maggiori aree di pesca nel mondo hanno raggiunto o superato il livello di sfruttamento massimo (19). Questo sfruttamento eccessivo ha portato ad una rapida diminuzione del pescato ed è molto significativo che nel 1994, secondo i dati delle Nazioni Unite, i pescatori abbiano speso 124 miliardi di dollari per un pescato del valore di soli 70 miliardi di dollari (19). Il guadagno dei pescatori è stato pagato con le sovvenzioni che gli Stati hanno erogato usando il denaro di tutti i contribuenti. Inoltre è da rilevare il problema degli scarti della pesca che evidenzia chiaramente la rapacità con la quale l'uomo sfrutta i mari. Basti pensare che, secondo i dati della FAO, ogni anno vengono scaricati in mare tra i 17 e i 29 miliardi di tonnellate di pesce pescato (e quindi ormai già morto) in quanto non gradito dai consumatori dei paesi ricchi (18). Gli allevamenti di pesci non sarebbero una soluzione ecologicamente ed economicamente valida innanzitutto perché gran parte dei pesci allevati sono alimentati con farine proteiche spesso ottenute triturando altri pesci "di scarto" (20) pescati a maggiori profondità. Questo non farebbe che aumentare lo sfruttamento dei mari dato che il mercato dei pesci meno pregiati verrebbe favorito, contribuendo così a danneggiare gli ecosistemi marini anche a maggiori profondità. Inoltre gli allevamenti ittici sono altamente inquinanti (per via delle grosse quantità di liquami prodotti - fino ad una tonnellata di rifiuti solidi per ogni tonnellata di pesce prodotta - e dei farmaci utilizzati) (21), necessitano di ampi spazi lungo le coste o di enormi quantità di acqua dolce (8 tonnellate d'acqua per ogni tonnellata di pesce contro le 5 tonnellate per la carne di maiale) (21) e non sono in grado di competere con le fonti vegetali di proteine quanto ad efficienza: 5Kg di pesci oceanici ridotti in mangime per ogni Kg di pesce d'allevamento (21).
(1) Messina VK, Burke KI, Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
(2) Craig WJ., Iron status of vegetarians. Am J Clin Nutr, 1994;59, (supplemento), pag.1233-1237.
(3) Armstrong B.K, Doll, R., Int J Cancer 15:617-631 (1975).
(4) Jain M. et al., Int J Cancer 26:757-768 (1980).
(5) Committee on Diet, Nutrition, and Cancer of the National Research Council. Diet, Nutrition, and Cancer. National Academy Press, Washington DC, 1982.
(6) Salonen JT, Nyyssonen K, Korpela H, Tuomilehtl J, Seppanen R, Salonen R. High stored iron levels are associated with excess risk of myocardial infarction in eastern Finnish men. Circulation. 1992; 86: 803- 811.
(7) Stevens, R.G. et al., Moderate elevation of body iron level and increased risk of cancer occurrence and death. International Jnl of Cancer v.56 p.364-369 (1994)
(8) Ascherio A., Rimm EB, Stampfer MJ, Giovannucci EL, Willett WC. Dietary intake of marine n-3 fatty acids, fish intake, and the risk of coronary disease among men. N Engl J Med 1995;332:977-82.
(9) Mann J.I. et al., Dietary determinants of ischaemic heart disease in health conscious individuals. Heart, 78:450-5,(1997).
(10) Davis, B. Essential Fatty Acids in Vegetarian Nutrition. Issues in Veg Diet 1998;7:5-7
(11) Ornish, D. et al. Can lifestyle changes reverse coronary heart disease? Lancet 336:129-133 (1990).
(12) Breslau N.A. et al., J Clin Endocrinol Metabol 66:140-146 (1988).
(13) FDA Launches Study on Dioxin in Fish, Dairy Foods, Food Chemical News February 27, 1995.
(14) U.S. Environmental Protection Agency, Estimating Exposure To Dioxin-Like Compounds Vol. II: Properties, Sources, Occurrence And Background Exposures, EPA/600/6-88/005CB; giugno 1994, External Review Draft, pag. 4-37.
(15) Mahaffey R.K., Rice G., Mercury Study Report To Congress Volume IV: An Assessment of Exposure to Mercury in the United States, EPA-452/R-97-006, dicembre 1997.
(16) Acta Pathol Jpn, 1982, 32 (suppl. 1):73
(17) Hall, R H. A new threat to public health: organochlorines and food. Nutrition & Health v.8 p.33-43 (1992).
(18) Greenpeace News 1/1995
(19) Lester Brown et al., Vital Signs 1994, Worldwatch Institute, pag. 32.
(20) C. Safina, "The World's Imperiled Fish", Scientific American, novembre 1995.
(21) A. Platt McGinn, World Watch ed. italiana, novembre 1998, pagg. 14-15.
13) Chi fa sport può essere vegan?
Certamente sì. Le diete vegetariane e vegane sono del tutto compatibili con un'attività sportiva (1) anche molto intensa e sono addirittura consigliabili per chi pratica sport di resistenza, in virtù dell'elevato apporto di carboidrati che è fondamentale per l'atleta (2) e più facilmente ottenibile con questo tipo di alimentazione (1). È ormai noto da tempo che sono non tanto le proteine quanto proprio i carboidrati (e i grassi) a fornire le energie necessarie ad un atleta. È infatti il glicogeno presente nei muscoli a determinare in gran parte la resistenza muscolare dell'atleta e la produzione del glicogeno è correlata con l'assunzione di carboidrati complessi (1). Quanto alle proteine va detto che non vi è un consenso generale sull'effettiva necessità di un aumento dell'assunzione per chi compie attività fisica anche intensa e alcuni studi concludono che tale aumento non sia necessario (3). Secondo altri studi invece il fabbisogno proteico giornaliero aumenta da 0,8g per ogni Kg di peso corporeo (fabbisogno normale), fino a 1,2g -1,8g per 1Kg peso corporeo (fabbisogno di atleti professionisti) (4). Comunque solo una parte di questo aumento del fabbisogno proteico è dovuto all'aumento della massa muscolare e gran parte di esso è invece dovuto semplicemente all'aumento del fabbisogno energetico (4) che potrebbe essere soddisfatto anche con una maggiore assunzione di carboidrati complessi. A conferma di ciò è dimostrato che negli sportivi un'alimentazione carente di carboidrati aumenta il fabbisogno proteico (5). Comunque, anche dando per dimostrato l'opportunità gli sportivi di assumere più proteine, va detto che vegetariani e vegani possono senza problemi soddisfare tale fabbisogno aumentando le calorie consumate: i vegetariani ottengono mediamente il 12,5% delle calorie dalle proteine e i vegani l'11% (6), il che significa che un atleta di 80 Kg che consumasse 3600 Kcal al giorno in una dieta vegetariana otterrebbe 1.41g di proteine per Kg di peso corporeo (più che a sufficienza per la stragrande maggioranza degli sportivi) e 1,2g di proteine per Kg di peso corporeo seguendo una dieta vegana (sufficienti per una gran parte degli sportivi) (6). Aumentare, anche sensibilmente, tali valori in una dieta vegana e vegetariana mantenendo costanti le calorie introdotte è comunque fattibile semplicemente aumentando la quantità di legumi e diminuendo la quantità di cereali nei pasti. Per quanto riguarda il ferro va detto che specialmente le donne che praticano attività sportiva intensa sono a maggiore rischio di carenza di questo minerale e che bassi livelli di ferritina nel sangue possono compromettere le prestazioni atletiche. Vegani e vegetariani dovrebbero prestare particolare attenzione ai valori ematici di ferritina e, solo nel caso di effettiva carenza, ricorrere ad integratori (secondo alcuni studi, le concentrazioni di ferritina molto elevate aumentano l'incidenza di cancro e patologie cardiovascolari). Ad ogni modo, gli studi recenti compiuti sugli atleti vegetariani mostrano che i loro parametri fisici non hanno nulla da invidiare agli onnivori (7,8) e un famoso studio dei primi del secolo (9) rileva una notevole prevalenza delle prestazioni fisiche di vegetariani sugli onnivori. Tuttavia la migliore conferma della validità delle diete vegetariane per gli sportivi è forse il fatto che atleti come Boris Becker, Martina Navratilova, Carl Lewis (campione olimpionico di salto in lungo e di velocità vegano), Piero Venturato (due volte campione mondiale di tutte le categorie di culturismo, oltre che sette volte campione italiano e cinque volte campione europeo), Edwin Moses (Campione olimpionico 400 m), Paavo Nurmi, (venti volte campione mondiale di marcia su strada) Alex Rabassa, (32000 Km di marcia in 500 giorni circa) e molti altri, siano vegetariani.
(1) Nieman D.C., American Journal of Clinical Nutrition, 1988;48:754-61 (suppl.)
(2) Plomden M.S., Bernadot D., Journal of American Dietetic Association 93:691-696 (1993).
(3) Millward J. et al., Proceedings of the Nutrition Society, 1994; 53, pag.223-240.
(4) Lemon P.W., International Journal of Sport Nutrition, 1995; 5, pag. 39-61 (Suppl.)
(5) Lemon P.W., Mullin J.P., Journal of Applied Physiology, 1980; 48, pag.624-629.
(6) Larson D.E., Vegetarian Diet for Exercise and Athletic Training and Performing: An Update, Issues in Vegetarian Dietetics, vol.4, n.3, 1997 pag. 1-7. Per una sintesi dei risultati degli studi sull'apporto proteico nelle diete vegetariane e vegane si veda Vegan Nutrition, G. Langley, The Vegan Society, 1995, pag. 9-11 e la bibliografia ivi indicata.
(7) Hanne N. et al,. J Sports Med, 1986;26:180-185.
(8) Cotes J.E. et al., J Physiol 1970;209:30P-32P.
(9) Fisher I., Yale Med J, 1906-1907;13:205-221.
14) Se non me ne importasse nulla della salute e dell'ambiente perché dovrei diventare vegan?
Esiste un'altra ottima ragione (probabilmente quella più importante di tutte) per essere vegetariani o -molto meglio- vegani, a prescindere dai benefici per la propria salute e per l'ambiente. Forse non tutti si rendono conto che la produzione di carne, latte e uova significa per miliardi di animali una esistenza fatta solo di sofferenze che somiglia molto più ad una lunga morte che ad una seppur breve vita. La quasi totalità della carne che gli uomini mangiano deriva da animali cresciuti in allevamenti intensivi, rinchiusi in ambienti incompatibili con le loro esigenze fisiologiche, privati di qualunque libertà di movimento, alimentati al solo fine di produrre il massimo nel più breve tempo possibile e infine uccisi sistematicamente e senza pietà in quelle macabre "catene di smontaggio" che sono i moderni macelli. Il latte viene prodotto da vacche inseminate artificialmente e geneticamente selezionate per produrne quanto più possibile, sebbene questo induca negli animali delle tare genetiche che sono causa di sofferenze per tutta la loro vita. I vitelli vengono strappati alla nascita alle loro madri perché non ne bevano il latte, rinchiusi in stretti box nei quali vengono alimentati con una dieta innaturale per renderli anemici e far sì che la loro carne rimanga bianca e tenera come vogliono i consumatori e infine vengono mandati al macello. È forse superfluo sottolineare che se non fossero ingravidate e quindi non mettessero al mondo i vitelli destinati al macello, le vacche, a loro volta destinate ad essere trasformate in carne, non produrrebbero latte, il cui consumo causa anch'esso immani sofferenze che possiamo evitare solo con una dieta vegana. Le uova sono prodotte in sterminati "lager di galline": gli allevamenti intensivi nei quali, per massimizzare la produzione, le galline sono allevate per tutta la loro breve vita in gabbie che lasciano ad ogni animale uno spazio di 450 centimetri quadrati, cioè meno di un di un foglio di carta A4. La "vita" della gallina è quanto di peggio si possa immaginare: appena nati i pulcini maschi vengono buttati vivi in un tritacarne per diventare mangime, mentre per quelli femmina la sofferenza è appena iniziata: tagliano loro il becco perché non possano beccare a morte i loro compagni di gabbia e, diventati galline, vengono rinchiusi in spazi così piccoli da rendere impossibile qualunque movimento. Se esse sono "così fortunate" da non morire per le malattie, lo stress o per le mutilazioni causate dalle altre galline, vengono macellate per diventare carne di seconda scelta, non appena la loro produttività diminuisce sotto un livello fissato dall'allevatore. A questo punto la domanda che dobbiamo porci è una sola e cioè, mettendo su un piatto della bilancia la propria abitudine di mangiare prodotti animali e sull'altro l'immensa quantità di sofferenza e morte che questa abitudine comporta per altri esseri senzienti, da che parte penderà l'ago della bilancia? Noi crediamo che la risposta possa essere una sola e cioè che l'olocausto di infinite vite coscienti nei macelli e negli allevamenti pesi incommensurabilmente di più della nostra abitudine alimentare che causa questo olocausto.
15) Se l'alimentazione vegan è preferibile, perché la stampa e la TV talvolta la sconsiglia?
Nonostante vi siano molte buone ragioni per divenire vegetariani o, ancora meglio, vegani, i media si rifiutano di affrontare seriamente questo argomento e spesso si schierano contro il vegetarismo sostenendo, con l'aiuto compiacente dell' "esperto" nutrizionista di turno, che l'alimentazione vegetariana è inadeguata o addirittura pericolosa, rifiutandosi di prendere in considerazione i dati scientifici e le ragioni morali che stanno alla base della decisione di molti vegetariani. Le ragioni di ciò sono almeno di duplice ordine: economico e psicologico. I mezzi di informazione vivono sulla pubblicità e l'industria alimentare, in particolare quella dei prodotti animali, è uno dei principali acquirenti di spazi pubblicitari nelle TV e sui giornali. È evidente che se quella realtà che i produttori di alimenti animali vogliono nascondere in tutti i modi, la realtà degli allevamenti intensivi e dei macelli, arrivasse sulle pagine dei quotidiani e sugli schermi televisivi, il numero di vegetariani aumenterebbe e i produttori subirebbero gravissime perdite economiche con la conseguenza che non vorrebbero più continuare a pagare spazi pubblicitari sui media che hanno divulgato queste informazioni. Ciò sarebbe drammatico per questi ultimi, in quanto si vedrebbero privati di una considerevole parte dei loro guadagni. Le ragioni di ordine psicologico sono invece più sottili e non riguardano solo i media e i giornalisti. Non dobbiamo dimenticare che il vegetarismo porta con sé delle conseguenze rivoluzionarie sul piano sociale e morale: gli animali sono esseri coscienti, in grado di soffrire quanto gli esseri umani, inoltre gli uomini possono vivere senza mangiare gli animali e quindi essi non hanno il diritto di ammazzarli per il banale scopo di procurarsi dei piaceri voluttuari. Purtroppo la gente non ama sentirsi dire che il proprio comportamento è moralmente sbagliato anche perché il rendersi conto di questo significa rinunciare ad abitudini (come quella di mangiar carne) e a convinzioni consolidate (p.e. che gli animali siano esseri inferiori a nostra disposizione). insomma la gente preferisce razionalizzare i propri atti con delle argomentazioni pretestuose come l'inadeguatezza della dieta vegetariana, piuttosto che metterli in discussione accettando di ascoltare ciò che abbiamo da dire. Questa è una delle ragioni per le quali il vegetarismo trova dei forti ostacoli psicologici sia nell'uomo della strada sia nelle persone che, grazie al loro lavoro, avrebbero la possibilità di diffondere il nostro messaggio.
16) L’uomo è onnivoro e deve mangiare anche carne.
La risposta a questa domanda è implicita (ma anche piuttosto evidente) nei dati che abbiamo elencato nelle risposte precedenti a proposito dell'adeguatezza del vegetarismo e del veganismo. Che l'uomo sia un animale onnivoro è senz'altro vero se si dà al termine onnivoro il significato giusto e cioè se si intende dire che l'uomo può mangiare sia cibi vegetali che animali. La possibilità di digerire una ampia varietà di cibi ha costituito nel passato un notevole vantaggio evolutivo per la specie umana dato che ha permesso ai primi uomini di sopravvivere anche in condizioni ambientali (e quindi di disponibilità alimentare) critiche. Tuttavia da questo non si può dedurre che l'uomo, in quanto onnivoro, debba necessariamente mangiare sia cibi vegetali che animali. La prova migliore di questo fatto è che molti studi epidemiologici hanno dimostrato che quanti più cibi animali un uomo mangia, tanto maggiore è la probabilità che esso contragga patologie degenerative (1-8). Da questo possiamo dedurre che esistono cibi più adatti all'alimentazione umana (quelli vegetali) e altri cibi meno adatti (quelli animali). Ciò naturalmente non toglie che l'uomo sia un onnivoro e che possa mangiare anche cibi meno adatti alla sua fisiologia. Del resto anche le mucche, animali sicuramente erbivori, vengono spesso alimentate con farine animali, e come gli uomini che mangiano spesso carne, contraggono patologie (p.e. la BSE) dopo un lungo periodo di tempo. È quindi chiaro che gli uomini possono mangiare cibi animali, ma questa non è una ragione per affermare che tali cibi debbano necessariamente essere consumati per ottimizzare la propria salute.
(1) Djuric Z. et al., Oxidative DNA damage levels in blood from women at high risk for breast cancer are associated with dietary intakes of meats, vegetables, and fruits, Journal of The American Dietetic Association, maggio 1998, Vol. 98, n.5.
(2) Kahn H.A. et al., Association between reported diet and all-cause mortality: 21 year follow-up on 27,350 adult Seventh-Day Adventists. American Journal of Epidemiology v.119 (5) p.775-787, 1984.
(3) Snowdon, D.A. et al., Meat consumption and fatal ischaemic heart disease. Preventive Medicine v.73 (5), pag. 490-500 (1984).
(4) Willett, W.C. et al., Relation of meat, fat and fibre intake to the risk of colon cancer in a prospective study among women. New England Jnl of Medicine v.323 (24) p.1664-1672 (1990).
(5) Bidoli, E. et al., Food consumption and cancer of the colon and rectum in North-Eastern Italy. International Jnl of Cancer v.50, pag.223-229, (1992).
(6) Snowdon, D.A. and Phillips. R.L., Does a vegetarian diet reduce the occurrence of diabetes? American Jnl of Public Health v.75 (5) p.507-512, (1985).
(7) Giovannucci, E. et al., A prospective study of dietary fat and risk of prostate cancer. Jnl of the National Cancer Institute v.85 (19) p.1571-1579, (1993).
(8) Mills, P.K. et al., Cohort study of diet, lifestyle and prostate cancer risk in Adventist men. Cancer v.64 p.598-604, (1989).
17) I vantaggi di una dieta vegan o vegetariana sono ottenibili semplicemente modificando una dieta onnivora o assumendo certi integratori. Non è affatto necessario essere vegan o vegetariani per minimizzare i rischi di patologie prevenibili con l'alimentazione. Inoltre tali diete aumentano l'incidenza di patologie carenziali. (*)
Queste affermazioni sono spesso ripetute dai critici dell'alimentazione vegetariana e vegana nell'intento di dimostrare che il problema dell'alimentazione onnivora è l'eccessivo consumo di cibi animali, i quali, se prodotti rispettando le norme sanitarie e consumati nelle giuste quantità, sarebbero invece salutari o perfino necessari.
Ci sono buone ragioni per non condividere questa impostazione:
1) Numerosi studi confermano la correlazione tra consumo di alimenti animali (specie la carne) e patologie degenerative (p.e. malattie cardiovascolari, tumori, etc.) (7-14). Non è un caso se tra i vegetariani e i vegani l'incidenza di tumore, di ipertensione, arteriosclerosi, infarto, ictus, diabete, obesità, osteoporosi, calcoli e altre patologie è significativamente inferiore. I prodotti animali e in particolare le carni contengono necessariamente notevoli quantità di colesterolo e grassi saturi (sostanze note per aumentare l'incidenza di patologie cardiovascolari e diabete) oltre che tracce di nitrosamine e amine eterocicliche (sostanze cancerogene), che sono invece del tutto assenti o presenti in quantità drasticamente minore nell'alimentazione vegetariana. Ridurre significativamente ma non annullare il consumo di cibi carnei, sicuramente abbassa la probabilità di contrarre tali patologie, esattamente come ridurre il numero di sigarette fumate senza smettere di fumare riduce la probabilità di contrarre il cancro ai polmoni, ma ciò non toglie che alcuni studi mostrino come anche piccole quantità di carne aumentino in maniera significativa l'incidenza di alcune patologie (15,16). Un discorso in parte analogo, può essere fatto per il consumo di latticini e uova, come dimostrano alcuni studi e confronti dei fattori di rischio nei vegani e nei vegetariani (17-22). Pertanto, a meno di non individuare altri vantaggi per la salute, appare comunque sconsigliabile il consumo di cibi animali. Che esistano concreti vantaggi associati al consumo di tali prodotti è tuttavia assai improbabile, dato che tutti i nutrienti che abbiano un effetto di protezione rispetto alle più gravi e diffuse patologie sono presenti esclusivamente, principalmente o, quantomeno, anche nei cibi vegetali e dato che è ampiamente dimostrata l'adeguatezza nutrizionale del vegetarismo e del veganismo (23). Non si dimentichi inoltre un fatto banale ma importante: mangiare anche carne significa mangiare meno cibi vegetali a parità di apporto calorico e quindi ridurre inevitabilmente la quantità consumata di cibi sicuramente protettivi nei confronti delle patologie degenerative.
2) È senz'altro vero che una parte delle patologie causate dai cibi animali non è dovuta ai cibi in sé, ma alle modalità di produzione (p.e. il morbo di Creutzfeldt-Jakob). Tuttavia rimane difficilmente contestabile che i cibi animali siano di per sé più facilmente contaminati da farmaci, pesticidi e organismi patogeni. Infatti:
2.a) I farmaci vengono abitualmente ed inevitabilmente utilizzati negli allevamenti a scopi terapeutici o preventivi per evitare il diffondersi di epidemie devastanti (1). Talvolta i farmaci vengono usati anche con lo scopo di accelerare l'accrescimento degli animali. È pertanto naturale che piccoli residui possano essere presenti nelle carni ed è difficile stabilire con certezza quali conseguenze possa avere l'esposizione a tali residui nel lungo periodo.
2.b) I pesticidi largamente utilizzati in agricoltura ed altri contaminanti chimici (cfr. i famosi "polli alla diossina") sono invece spesso presenti nelle carni degli animali, in quanto essi fungono da "accumulatori biologici" di queste sostanze che sono inevitabilmente presenti, magari in piccole quantità, nei mangimi vegetali e animali ma che con il tempo si depositano e si concentrano nei tessuti degli animali che li mangiano (2-4). Non per nulla il 90% della diossina assorbita nel corso della vita da una persona deriva dal consumo di carne, pesce e latticini (5).
2.c) Carne e soprattutto pesce sono prodotti molto deperibili e facilmente contaminabili da organismi patogeni quali la salmonella. Questa caratteristica è intrinseca nei cibi animali e i metodi di produzione intensivi che forniscono la quasi totalità di questi prodotti non sono certo la soluzione del problema: sono stati proprio i metodi di produzione intensiva ad essere causa dell'epidemia del morbo della mucca pazza. Non è un caso se la stragrande maggioranza delle ospedalizzazioni dovute a contaminazioni alimentari sono causate da cibi animali (6).
3) Naturalmente è possibile che esista una sorta di livello di soglia del consumo di cibi animali al di sotto del quale i rischi per la salute siano minimi e pertanto non statisticamente rilevabili, tuttavia:
3.a) vale quanto detto a proposito del fumo: il fatto che una sigaretta al mese non aumenti il rischio di cancro ai polmoni in maniera rilevabile non significa che fumare non faccia male;
3.b) introdurre piccole quantità di prodotti animali non apporta alcun vantaggio rilevante da un punto di vista della riduzione dei paventati (ma assai poco provati) rischi carenziali che le diete vegetariane o vegane comporterebbero secondo alcuni. Infatti se è vero che probabilmente mangiare una bistecca al mese non aumenti significativamente le probabilità di infarto o cancro al colon è anche vero che tale bistecca non fornirebbe un apporto di nutrienti di una qualche rilevanza nel complesso della propria alimentazione (una bistecca al mese non toglie la necessità di assumere da altre fonti la quasi totalità della vitamina B12, zinco, ferro e proteine);
4) Gli studi fino ad oggi compiuti escludono che tutti benefici delle diete vegetariane e vegane siano da ricercare in alcuni specifici nutrienti, ma rilevano che è l'equilibrio complessivo di una corretta alimentazione vegetariana (o, ancor più, vegana) a fornire tali benefici. Da questo si deduce che non si può pensare di ottenere gli stessi vantaggi di una alimentazione basata su cibi vegetali, semplicemente assumendo integratori di fibre, vitamine o minerali: il vegetarismo offre i vantaggi che offre in virtù dell'abbondanza di certi tipi di alimenti e della assenza di altri. Inoltre è evidente che, dato un certo fabbisogno energetico giornaliero, le calorie necessarie possono essere fornite da vari tipi di cibi, ma scegliere di mangiare anche carne significa inevitabilmente ridurre il consumo di vegetali, e quindi degli alimenti maggiormente protettivi, per aumentare il consumo di cibi nocivi per la salute.
5) Anche ammesso e non concesso che le diete vegane siano più difficili da bilanciare in maniera corretta (per quelle vegetariane è praticamente escluso) e che quindi sia maggiore il rischio di carenze di certi specifici nutrienti, rimarrebbero comunque ottimi motivi per preferire il veganismo rispetto l'onnivorismo. Infatti è evidente che le possibili ma rare carenze di una dieta vegana possono essere compensate con degli integratori in maniera molto semplice e senza rischi. Al contrario le patologie correlate con il consumo di alimenti animali e prevenibili in larga misura con un'alimentazione vegana, sono difficilmente curabili e le terapie farmacologiche e chirurgiche comportano spese, rischi e conseguenze a lungo termine tali dal rendere indubbiamente preferibile l'eventuale (ma non certo necessario) ricorso ad integratori alimentari. In sintesi: meglio un'anemia transitoria curabile con del ferro da assumere per bocca, che un tumore maligno al colon, o un infarto del miocardio che sono tra le prime cause di mortalità nei paesi industrializzati.
6) Una delle ragioni per quali una dieta vegana potrebbe teoricamente essere a maggiore rischio di carenze è che la nostra società è diffusa una cultura carnivora e le abitudini, la cultura alimentare oltre che la stessa disponibilità di alimenti sono condizionati da questo fatto, rendendo meno facile la diffusione delle conoscenze (e degli alimenti) necessari per seguire un'alimentazione vegana bilanciata. Inoltre sono sempre delle ragioni storico-culturali (la costante carenza di cibo e quindi il prevalere di patologie carenziali in larghe fasce della popolazione fino al recente passato) a causare un timore ingiustificato di "non avere abbastanza da mangiare" e quindi a spingere la gente al consumo di cibi animali, un tempo rari e quindi considerati "più ricchi". Una diffusione del veganismo, del vegetarismo e delle loro basi culturali e scientifiche, renderebbe più facile per la maggior parte della popolazione l'alimentarsi in maniera corretta senza aumentare il rischio di carenze e diminuendo notevolmente l'incidenza delle patologie più gravi e comuni nei paesi occidentali.
(1) R. Marchesini, "Oltre il muro: la vera storia di mucca pazza", 1996, Muzzio Ed.
(2) Hall, R. H. (1992) A new threat to public health: organochlorines and food. Nutrition & Health v.8 p.33-43.
(3) Food Chemical News, 11/11/1995.
(4) Ahlborg U.G., Lipworth L., Titus-Ernstoff L., et al. Organochlorine compounds in relation to breast cancer, endometrial cancer, and endometriosis: an assessment of the biological and epidemiological evidence. Crit Rev Toxicol 1995;25:463-531.
(5) World Health Organization, Summary Report; Consultation on Tolerable Daily Intake From Food of PCDDS and PCDFS (Report No. EUR/ICP/PCS 030(S) 0369N), Geneva, Switzerland: World Health Organization, 1990.
(6) Barnard N.D., Nicholson A., Howard J.L., The Medical Costs Attributable to Meat Consumption. Preventative Medicine, vol.24, ISS 6, 1995, pag.646-655.
(7) Djuric Z. et al., Oxidative DNA damage levels in blood from women at high risk for breast cancer are associated with dietary intakes of meats, vegetables, and fruits, Journal of The American Dietetic Association, maggio 1998, Vol. 98, n.5.
(8) Kahn H.A. et al., Association between reported diet and all-cause mortality: 21 year follow-up on 27,350 adult Seventh-Day Adventists. American Journal of Epidemiology v.119 (5) p.775-787, 1984.
(9) Snowdon, D.A. et al., Meat consumption and fatal ischaemic heart disease. Preventative Medicine v.73 (5), pag. 490-500 (1984).
(10) Willett, W.C. et al., Relation of meat, fat and fibre intake to the risk of colon cancer in a prospective study among women. New England Journal of Medicine Vol 323 (24), p.1664-1672, (1990).
(11) Bidoli, E. et al., Food consumption and cancer of the colon and rectum in North-Eastern Italy. International Jnl of Cancer v.50, pag.223-229, (1992).
(12) Snowdon, D.A. and Phillips. R.L., Does a vegetarian diet reduce the occurrence of diabetes? American Jnl of Public Health v.75 (5) p.507-512, (1985).
(13) Giovannucci, E. et al., A prospective study of dietary fat and risk of prostate cancer. Jnl of the National Cancer Institute v.85 (19) p.1571-1579, (1993).
(14) Mills, P.K. et al., Cohort study of diet, lifestyle and prostate cancer risk in Adventist men. Cancer v.64 p.598-604, (1989).
(15) P.N. Singh, G.E. Fraser, Am J Epidemiology, 1988;148:761-774.
(16) Y.I. Kim, J.B. Mason, Nutr Rev, 1996;54:259-279.br> (17) S.G.A. Gimeno, J.M.P. de Souza, Diabetes Care, 1997; 20:1256-1260.
(18) Y. Levy et al., Ann Nutr Metab, 1996;40:243-245.
(19) M.L. Tooley et al., J Am Coll Nutr, 1988; 17:425-434.
(20) Sacks F.M. et al., Plasma lipoprotein levels in vegetarians. The effect of ingestion of fats from dairy products, JAMA, 254(10):1337-1341, 1985.
(21) Nagaya T et al., Serum lipid profile in relation to milk consumption in a Japanese population, J Am Coll Nutr, 15(6):625-9 1996.
(22) Gerstein H.C., Cow's milk exposure and type I diabetes mellitus: a critical overview of the clinical literature. Diabetes Care, 17(1):13-9 1994.
(23) Messina V.K., Burke K.I., Position of the American Dietetic Association: vegetarian diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
(*) Una versione adattata e senza riferimenti bibliografici di questa FAQ è stata pubblicata a pag 18 del n.123 della rivista “L’idea Vegetariana”.
BIBLIOGRAFIA E FONTI PRINCIPALI USATE PER LA COMPILAZIONE DELLE FAQ:
SITI WEB DI:
American Journal of Clinical Nutrition (www.ajcn.org)
EarthSave Canada (www.earthsave.bc.ca)
Earthsave International (www.earthsave.org)
Journal of American Dietetic Association (www.eatright.com)
Medline (http://www.healthworks.co.uk/hw/medline/medline.html)
PCRM (www.pcrm.org)
PubMed (www.ncbi.nlm.nih.gov)
Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana (www.scienzavegetariana.it)
The Vegetarian Resource Group (www.vrg.org)
Vegan Outreach (www.veganoutreach.org)
Vegan Society of UK (www.vegansociety.com)
Vegetarian Society of UK (www.vegsoc.org)
LIBRI E NEWSLETTER:
Vegan Nutrition, G. Langley, The Vegan Society, 1995, UK
The Vegetarian Way, V. e M. Messina, 1996, Three River Press, NY, USA
The Dietitian’s Guide to Vegetarian Diets, 1996, Aspen Publ., USA
Issues in Vegetarian Dietetics (dell’American Dietetic Association)
Vegetarian Nutrition Health Letter (della Loma Linda University)
Visited 42220 times