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Vegani e immortalità

di Luciana Baroni

Vorrei approfittare dell’attenzione sincera e partecipe dei media nei confronti delle disgrazie che affliggerebbero i vegani a causa della propria scelta dietetica -e che mi auguro siano solo la conferma di una realtà che comincia ad essere tangibile, cioè l’esistenza ormai indiscussa di un buon numero di vegani-, per proporre alcune riflessioni.

La probabilità che un qualunque evento accada, in termini percentuali, va da 0 a 100. Assumendo che in biologia il rischio 0 assoluto e 100 assoluto non esistono, possiamo dire che quando si valuta il rischio di un evento biologico, questo può spaziare in un intervallo che va da 0 a 100.

Per quanto riguarda il concetto di rischio, quindi, non ci sarà nulla in grado di assicurare la totale incolumità o al contrario la certezza che si verifichi un dato evento, ma si potrà distinguere tra fattori che, dato un certo rischio stimato, sono in grado di influenzarlo positivamente (cioè di aumentare quel rischio) o negativamente (cioè di ridurre quel rischio). Per capirsi, se è vero che la carne “fa venire” il tumore intestinale, non tutti i carnivori verranno colpiti da questo tumore ma qualche vegano potrebbe invece venirne colpito.

Nessun fattore di rischio però può essere valutato da solo, e per questo esistono delle procedure di elaborazione statistica che permettono di valutare il peso di ciascun fattore di rischio, svincolandolo dall’effetto degli altri fattori di rischio coesistenti.

Lo stesso ragionamento vale per la frequenza di comparsa di un evento, nel caso specifico una data malattia o la morte. Ci troviamo a dover sempre fare i conti con il numero di persone che si ammalano di quella data malattia o muoiono, che viene espresso come numero di soggetti o percentuale sulla popolazione totale in un certo periodo di tempo.

Anche in questo caso, se un evento si verifica in una certa popolazione, è possibile poi studiare quali sono i fattori che potrebbero essere responsabili di quell’evento. In questo caso, nei soggetti portatori di un dato fattore di rischio, l’evento dovrebbe verificarsi con una frequenza aumentata (se il fattore di rischio è positivo) o ridotta (se il fattore è di rischio negativo), rispetto alla popolazione generale (ad esempio gli abitanti di una nazione o di una regione) o di un gruppo di soggetti definiti come “di controllo”, che non sono portatori dei quel fattore di rischio.

Poiché la cosa detta così può apparire complicata, veniamo ad un esempio pratico, relativo al tema che ci interessa, cioè l’influenza della dieta sulla salute. Gli studi scientifici condotti su vegetariani evidenziano che questo persone hanno un rischio ridotto di sviluppare alcune malattie e che tra i vegetariani ci sono meno persone ammalate di queste stesse malattie croniche. Nella popolazione generale, quando stratificata sulla base dei consumi, queste stesse malattie appaiono favorite (cioè il rischio è aumentato) in chi consuma elevate quantità di cibi animali e in chi consuma basse quantità di cibi vegetali, in confronto a chi si trova nella fascia di consumo all’estremo opposto. Questo non vuole dire però assolutamente che chi è vegetariano o chi mangia tanti vegetali avrà la certezza matematica di non ammalarsi mai di quella malattia, così come nei carnivori o in chi mangia pochi vegetali ci saranno pure persone che non se ne ammaleranno.

Il fatto di conoscere una persona che fuma e che è morta di vecchiaia, non significa che il fumo faccia bene o che chi fuma non rischi di morire per le conseguenze del fumo: 1 fumatore su 2 infatti muore a causa di questa abitudine. Questa è sostanzialmente la differenza tra aneddotica e scienza: chiunque può anche farsi delle convinzioni sulla base dell’aneddotica, ma di fronte alla scienza dovrebbe prendere atto che la realtà può essere un’altra e rivedere con umiltà ed onestà queste convinzioni.

Prendiamo adesso, dopo questa lunga ma necessaria premessa, l’ultimo fatto di cronaca: La morte di un bambino figlio di vegani in USA.

Pur essendo la morte di questo bambino non riferibile alla dieta bensì alla criminale incuria dei genitori, ipotizziamo pure che un certo numero di bambini vegani siano morti nel primo anno di età in un certo periodo di tempo, e vediamo come valutare l’evento, facendo il caso dell’Italia, di cui possediamo dati certi, e facendo presente quanto detto all’inizio, e che cioè quando un dato evento si verifica nella popolazione, nessuno ne è al riparo con una sicurezza del 100%.

Ora, utilizzando cifre “tonde”, vediamo che in Italia ci sono 60 milioni di persone: i vegetariani sono 6 milioni e tra questi i vegani 600 mila, il che permette di trasformare questi numeri in un 1% di vegani, 9% di vegetariani e 90% di carnivori nella popolazione italiana. Questo significa che, per qualunque evento si verifichi nella popolazione italiana, mi devo attendere che questo evento, se la dieta non ha nessuna influenza su di esso, dovrebbe essere così distribuito nei 60 milioni di italiani:

-90% in carnivori
-9% in vegetariani
-1% in vegani

a semplice titolo di esempio, se in Italia ogni anno 1000 persone vengono infestate da pidocchi, mi devo attendere che avrò circa:

-900 carnivori
-90 latto-ovo
-10 vegani

infestati da pidocchi ogni anno.

Se invece di 10 vegani, questi fossero ad esempio 5, una volta esclusa l’influenza di altre condizioni favorevoli, potrò dire che la dieta vegana protegge dai pidocchi. Se poi i vegani colpiti da pidocchi fossero 1 all’anno, potrei affermarlo ancora con più forza. Quello che invece paradossalmente di solito avviene, è che viene trasformato in una conclusione completamente opposta: siccome c’è 1 solo vegano che viene colpito dai pidocchi, allora è colpa della dieta!

Tornando ai fatti reali, prendiamo l’evento morte infantile nel primo anno d’età, cioè il numero di bambini che muoiono sotto l’anno d’età. Bene, in Italia ogni anno muoiono 2350 bambini (pari al 4.7 per mille dei nati, che sono 500 mila bambini), per cause diverse: morti bianche, infezioni, malattie congenite, traumi, violenza e maltrattamento, eccetera. Poiché si tratta di bambini che saranno figli sia di carnivori, che di vegetariani e di vegani, dobbiamo considerare la morte colpirà questi bambini secondo quella che è la distribuzione di carnivori, vegetariani e vegani nella popolazione italiana, quindi (senza decimali):

-90 % saranno figli di carnivori, cioè 2115 bambini morti ogni anno
-9% saranno figli di vegetariani, cioè 211 bambini morti ogni anno
-1% saranno figli di vegani, cioè 23 bambini morti ogni anno

Cioè dobbiamo attenderci ogni anno la morte di circa 23 bambini figli di vegani, entro il primo anno di vita in Italia. Questo significa che solo se in un anno ne muore una cifra superiore (e con significatività statistica), ci si deve preoccupare e valutare quale sia il peso di differenti variabili, tra cui anche la dieta, su questo aumento di mortalità.

A questo punto spero che la mistificazione sia evidente a tutti senza nemmeno bisogno di spiegarla: La morte di 1 bambino (ma fossero anche 5-10) appare essere un evento al di sotto della cifra prevista. La morte di 1 solo bambino è un evento così raro, che salta agli occhi proprio per la sua eccezionalità, e nonostante questo il significato che si da all’evento è l’esatto opposto: la dieta vegana fa morire i bambini!!!

Non aggiungo nient’altro, spero di essere stata sufficientemente chiara e di aver contribuito a rassicurare chi, anche solo per un attimo, era caduto nella trappola mediatica, architettata ad arte da chi trae profitto dal riempire gli ospedali di malati cronici, la cui vita potrebbe essere assolutamente migliore se fossero stati ben consigliati ed educati.

La dieta vegana non può purtroppo assicurare l’immortalità o l’assenza di malattia ma protegge in modo significativo nei confronti di molti eventi negativi. Mi pare una ragione più che valida per non rinunciare!!!

27 maggio 2007

dr.ssa Luciana Baroni
Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV
www.scienzavegetariana.it
www.vegpyramid.info



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