Anche le umili galline hanno diritto al rispetto
di Dacia Maraini
Il modo in cui trattiamo gli animali da macello sta diventando sempre più brutale e insensato. Le epidemie che già hanno minacciato l'uomo, cominciando da quella delle mucche, forzate a nutrirsi di ossami e carcasse animali, quando per natura sono erbivore, doveva costituire un avviso per noi umani che crediamo di poter trattare gli altri esseri viventi come se fossero meno che oggetti, con un'empietà che si scontra con tutte le pretese di cristianità di cui ci vantiamo.
Abbiamo assistito, appena qualche anno fa allo sterminio di milioni di creature miti e gentili che per colpa nostra si erano ammalate e minacciavano l'uomo con un nuovo sconosciuto virus mortale.
Non riesco a cancellare dagli occhi le immagini di tante povere vacche trascinate per le zampe, sollevate dalle gru e gettate oscenamente in un rogo comune, dopo essere state giustiziate brutalmente. Da cosa ci viene questa arroganza? Questa assoluta cecità di fronte alle sofferenze animali?
Purtroppo, non credo nemmeno che si tratti di cattiveria, come si suol dire, ma di assoluta insensibilità, ovvero di assoluta mancanza di immaginazione. La gente non è crudele per istinto (mah...NDR) ma perchè non è capace o non è educata a immaginare la sofferenza altrui.
In questi giorni apriamo il giornale e vediamo milioni di galline e polli che vengono gassati, avvelenati chiusi dentro sacchi della spazzatura e seppelliti vivi. Vi pare che tutto questo sia degno di qualcuno che si dice fatto a somiglianza di un Dio?
Siamo noi che facciamo ammalare le povere bestie che teniamo in cattività. Siamo noi che attraverso questi allevamenti intensivi, privi di ogni riguardo per la loro anche se brevissima vita, avendoli messi nell'impossibilità di camminare, di beccare, di cantare, di covare le proprie uova, li rendiamo malati, infelici, nevrotici, molli, privi di ossatura. Poi, quando come si poteva prevedere, diventano portatori di un nuovo micidiale virus, ci spaventiamo e li facciamo fuori in serie.
Non so se qualcuno ha visto il film della riscossa delle galline. Ecco un caso di immaginazione e quindi di pietà profonda. Il regista ha immaginato cosa possa provare una gallina rinchiusa in un pollaio moderno. E ci ha tanto indovinato che gli spettatori nelle sale parteggiavano per le galline che volevano sfuggire alla grande macchina che le riduceva a pezzi e poi le gettava nelle scatole.
A volte l'immaginazione va sollecitata. I nostri occhi, accecati da tante immagini adulatorie e stupidamente seducenti, hanno perso la capacita' di vedere al di la dello stereotipo.
Pietà l'è morta è stato detto. Ma davvero dobbiamo rassegnarci a questa atona accettazione delle leggi del mercato per cui un essere vivente, qualsiasi sia, ha perso il diritto a un pezzetto di vita, anche infimo ma reale?
Io spero che per, non per pietà o per comprensione, sentimenti ormai considerati ridicoli e spregevoli, bensi per paura, la paura di nuovi virus e pandemonie mortali, si comincino a smontare le insensate strutture degli allevamenti intensivi, che portano necessariamente alla mutilazione genetica e alle malattie, che dagli animali si trasferiscono all'uomo.
Tratto da "Il Corriere della Sera" di venerdì 6 febbraio 2004
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