Sul mangiar carne: Lettera di Natale
di Emanuela Barbero
Queste riflessioni sono dedicate a coloro che non contano nulla:
48 miliardi ogni anno,
131 milioni ogni giorno,
5.500.000 ogni ora,
91.000 ogni minuto,
1.500 ogni secondo.
Gli animali mangiati dagli uomini.
[ * Stime arrotondate per difetto - Fonte: U.N. Food and Agriculture Organization – 2001 ]
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
N.B. Questo urlo di dolore a ruota libera non ha intenti offensivi verso le persone, ma ha unicamente lo scopo di mettere in discussione abitudini e condizionamenti sociali e culturali. Possa questo viaggio catartico risvegliare la compassione nel cuore degli uomini.
Quello delle festività umane, per chiunque che, come me, ami gli animali e sia minimamente sensibilizzato alla loro sorte, è un periodo decisamente triste, perché comporta un ulteriore incremento delle già massicce carneficine di esseri viventi, e si ha quindi il cuore molto pesante all'idea della consueta mattanza festiva a cui pare gli umani proprio non vogliano rinunciare...
Per noi non può infatti esserci festa nei superficiali gaudenti massacri di creature innocenti che hanno in realtà la nostra stessa voglia di vivere e la stessa capacità di soffrire.
Facciamo festa, e festeggiamo facendo la festa a qualcun altro!
Parliamo d'amore, e lo facciamo con le bocche sporche di sangue!
Quali ipocrite contraddizioni!
Mi chiedo spesso come sia possibile, per creature umane che hanno conosciuto l'amore e la tenerezza, ricche di sensibilità e capaci di discernere, definire "buono" o "gustoso" un animale allevato e ucciso unicamente allo scopo di essere divorato, cosa le spinga all'atto per me inumano di cibarsi di un essere che fino a poco prima, come noi ora, era vivo, si muoveva, il suo cuore batteva, sentiva e vedeva, provava paura e affetto.
Con quale gioia e consapevolezza il mangiatore di carne trae piacere da questo nutrimento, oggettivamente più degno della fiera che non delle creature sensibili che noi umani riteniamo di essere? Com'è possibile banchettare gaudiosamente con corpi che sarebbero altrimenti vivi, facendosi così arbitro di vite che in realtà non gli appartengono?
Che dire poi di quando l'abissale inconsapevolezza del mangiatore di morte si trasforma addirittura in tronfia baldanza e in aperta provocazione?
Molti mangiatori di animali si offendono terribilmente e si arrabbiano moltissimo se si fa loro notare che la carne altro non è che il cadavere di animali in fase di decomposizione - che, come noto, inizia immediatamente dopo la morte, col fenomeno comune a tutti i cadaveri conosciuto col nome di "rigor mortis".
Come se cambiando il nome alla verità essa potesse davvero risultare meno macabra. Ma la rimozione è evidentemente necessaria per poter continuare a perseverare in pratiche che molto poco hanno di civile né tantomeno possono tacciarsi di sensibilità o compassione. E' quindi socialmente più conveniente e moralmente più accettabile cambiare il vero nome dei fatti. L'ipocrisia umana evidentemente non conosce limiti, soltanto la compassione ne ha.
Si mangia carne per educazione, per abitudine, per consuetudine, per indolenza ed ingordigia, per indifferenza al dolore altrui, per il fermo rifiuto di prendere atto di tutta la violenza e la crudeltà che si nascondono dietro all'industria della macellazione, che - è bene ricordarlo - non è affatto indispensabile alla nostra sopravvivenza, come dimostrano egregiamente milioni di persone vegetariane e vegane in tutto il mondo ben vive e vegete ed in perfetta salute ("vegetus" significa "in salute").
Sento vivida in me la fremente indignazione per tanta cieca e ostinata violenza, la bruciante offesa alla vita calpestata ed ignorata, la pressante urgenza di porre fine a tanta sanguinaria crudeltà.
La vita che ama la vita non può calpestare la vita e neppure assistere impassibile alla sua strumentalizzazione.
Sento dentro di me l'imperativo morale di fermare questo barbaro massacro, di svelare i retroscena che si celano dietro ai vitelli felici ed ai prosciutti accondiscendenti degli ingannevoli spot pubblicitari, di togliere il velo di vergognosa ipocrisia con cui rimuoviamo l'immonda origine dell'umano "cibo quotidiano", genericamente chiamato carne, aniziché molto più propriamente "cadaveri di animali", come in verità essi sono. La rimozione è profonda, totale.
Senza di essa il disagio probabilmente prenderebbe il sopravvento su troppi umani, la sensibilità rischierebbe di prevalere sulle consuetudini e sull'ingordigia.
La voce della coscienza si farebbe probabilmente sentire con tutto il doloroso e terribile disagio che comporta il destarsi dall'abiezione di usanze che non hanno più ragione di essere. Siamo umani ancor prima che fiere sanguinarie, e in cuor nostro, da qualche parte, lo sappiamo sin troppo bene. Per questo è più comodo non conoscere la verità, rimuoverla, non sapere, non sentire.
Ma la verità urla incessamente per essere ascoltata, non potrà essere ignorata per sempre e prima o poi prevarrà inevitabilmente sulla mistificazione e sull'inganno.
Sale dentro di me un urlo disperato che si unisce a quello di milioni, miliardi di altri esseri viventi trasformati arbitrariamente in meri oggetti nelle mani dell'animale più spietato di tutti: l'uomo.
Molte persone rispettose degli animali, in questo periodo intriso di banchetti sanguinari, si ritraggono dal mondo chiassoso e grottesco degli umani, rifugiandosi nella più completa semplicità e nel silenzio della coscienza, alla ricerca della vera pace e del vero amore.
La gioia del cuore è fatta di cose semplici, di piccolissimi dettagli. La sofferenza di terzi (in questo caso gli animali sacrificati all'ingordigia degli umani) non rientra nel nostro concetto di gioia e di amore.
Tantomeno nelle nostre pratiche di festeggiamento.
La sola idea di tutto il dolore presente sulle tavole festive è per noi straziante... Semplicemente.
E' evidentemente una questione di consapevolezza, una consapevolezza della sofferenza altrui - indipendentemente dalla sua forma ed apparenza - che però ben pochi hanno.
Ciò che soprattutto non viene assolutamente compreso dall'umano comune, è che per noi non può esserci gioia in tavole imbandite di morte. Quello che per taluni è piacere per noi è dolorosa consapevolezza, ciò che loro reputano rinuncia per noi è una libera scelta etica.
Eppure queste cose sono difficilissime da comprendere per la maggioranza degli umani... Che tristezza!
Questo è dunque il Natale dei buoni cristiani: ecatombi di innocenti per festeggiare, nella figura di Gesù, il Dio dell'Amore!
...quale ipocrita contraddizione!
Chissà se gli umani saranno mai capaci di far festa senza far la festa a qualcuno!
All'obiezione classica che prima degli animali ci sono gli umani, ricordo semplicemente che oltre il 70% dei cereali del pianeta servono a nutrire gli animali d'allevamento ad uso pressoché esclusivo di noi ricchi e opulenti occidentali, con una perdita energetica nel processo di trasformazione da cereale a carne che va mediamente dall'80% al 90%. Questi cereali, se fossero utilizzati direttamente per combattere la fame umana nel mondo, potrebbero sfamare più di 9 miliardi di umani (!). Quindi, oltre a far del male agli animali, mangiar carne comporta anche la condanna alla fame di miliardi di esseri umani (ogni giorno muoiono di fame dai 35 ai 40.000 bambini, per non parlare degli adulti - dati Unicef)!
Il mondo è pieno di sofferenza, la maggior parte creata proprio dall'uomo - e perciò "evitabile". Ma paradossalmente non può essere evitata per il semplice fatto che la maggior parte delle persone non ne è consapevole. Più precisamente: "non vuole esserlo". Molti si rifiutano letteralmente di conoscere la verità, forse perché inconsciamente sanno che poi dovrebbero necessariamente cambiare le proprie abitudini di vita.
Molte persone sono solite reagire con ostilità e veemenza verso chi cerca di mostrare loro il vero stato delle cose, talvolta arrivano persino a minacciare ed aggredire, quando non ad uccidere.
E questo accade anche ogni volta che qualcuno ha un sogno, che osa proporre qualche novità, un modo più alto di vivere, una visione più elevata ed un mondo più armonioso. Nella visione secolarizzata dell'essere umano - il suo supremo condizionamento - è sempre il nuovo ad essere sbagliato, mai il vecchio. Anche quando il vecchio si è ripetutamente dimostrato errato, inefficace, portatore di ingiustizia e di dolore. Nella visione umana cristallizzata il vecchio va invece difeso, sempre. A qualsiasi costo. E questo inevitabilmente perpetua lo stato delle cose.
Per restare aperti al nuovo occorre invece essere consapevoli del vecchio e delle sue limitazioni.
Il fatto stesso di suddividere la violenza ed il rispetto in compartimenti stagni - violenza "lecita" verso gli uni (nella fattispecie gli animali in particolare e più in generale i deboli ed i derelitti) e rispetto per gli altri, dimostra chiaramente l'assoluta incapacità di una veduta d'insieme sulle cose, come se davvero esistesse una sofferenza di serie A (quella umana) ed un'altra di serie B (quella non umana).
L'espediente della suddivisione del mondo in compartimenti stagni serve solo per continuare ad acquietare le proprie coscienze addormentate, di modo che ora la maggior parte della gente crede davvero che la violenza esercitata dall'Occidente sui paesi del Sud del mondo, così come sugli animali, sia giusta e lecita...
Noi animali umani (perché, fino a prova contraria, anche noi facciamo parte del regno animale) ci consideriamo superiori agli altri animali anche per il fatto di possedere una legge morale.
Poi però nei fatti ci comportiamo con ferocia ancora maggiore della loro, rifiutandoci di esercitare una più elevata compassione rispetto a quella delle bestie che riteniamo tanto inferiori a noi!
Invece, per quanto mi riguarda, proprio in quanto essere umano sento in me l'imperativo etico di seguire una legge morale più elevata di quella delle fiere, che - a differenza di me - non hanno alcuna possibilità di scelta. (Vorrei sottolineare che per "legge morale" personalmente non intendo nulla di religioso né di imposto dall'esterno, bensì la libera adesione ad atteggiamenti etici maggiormente responsabili, meno passivi e più consapevoli).
Il sommo Dante scriveva:
"Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza."
(Dante Alighieri, Inferno, canto 26).
Si può "seguir virtute e conoscenza" continuando invece "a viver come bruti"?
Temo proprio che ciò non sia possibile.
Vorrei ora terminare con un pensiero per gli ultimi tra gli ultimi - gli umani più sfortunati e derelitti - e per gli ultimissimi tra gli ultimi - gli animali.
In questo gelido natale occidentale all'insegna dello spreco e dell'opulenza, il mio pensiero va in particolare a tutte le vittime, umane e non umane, dirette ed indirette, della nostra indifferenza.
Dedico inoltre un pensiero speciale a tutte le creature sacrificate unicamente per ingordigia. Senza neppure l'alibi della sopravvivenza.
Possano esse perdonare l'indifferenza dell'uomo nei loro confronti e dimostrarsi così più evolute nell'esercizio dell'amore e della compassione di quanto non lo siamo noi verso di loro.
Sopravvissuta anche quest'anno al "santo" natale,
la voce di chi non ha voce.
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Sono convinto che gli uomini arriveranno veramente a non uccidersi tra di loro, quando arriveranno a non uccidere più gli animali.
- Aldo Capitini (Perugia, 1899 - 1968)
Si invita e si incoraggia a dare a questo articolo la massima diffusione possibile.
Sono consentite riproduzioni e citazioni anche parziali, purché non ne venga stravolto il senso né strumentalizzato il contesto.
Si prega inoltre di citare sempre la fonte.
Queste riflessioni sono dedicate a coloro che non contano nulla:
48 miliardi ogni anno,
131 milioni ogni giorno,
5.500.000 ogni ora,
91.000 ogni minuto,
1.500 ogni secondo.
Gli animali mangiati dagli uomini.
[ * Stime arrotondate per difetto - Fonte: U.N. Food and Agriculture Organization – 2001 ]
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N.B. Questo urlo di dolore a ruota libera non ha intenti offensivi verso le persone, ma ha unicamente lo scopo di mettere in discussione abitudini e condizionamenti sociali e culturali. Possa questo viaggio catartico risvegliare la compassione nel cuore degli uomini.
Quello delle festività umane, per chiunque che, come me, ami gli animali e sia minimamente sensibilizzato alla loro sorte, è un periodo decisamente triste, perché comporta un ulteriore incremento delle già massicce carneficine di esseri viventi, e si ha quindi il cuore molto pesante all'idea della consueta mattanza festiva a cui pare gli umani proprio non vogliano rinunciare...
Per noi non può infatti esserci festa nei superficiali gaudenti massacri di creature innocenti che hanno in realtà la nostra stessa voglia di vivere e la stessa capacità di soffrire.
Facciamo festa, e festeggiamo facendo la festa a qualcun altro!
Parliamo d'amore, e lo facciamo con le bocche sporche di sangue!
Quali ipocrite contraddizioni!
Mi chiedo spesso come sia possibile, per creature umane che hanno conosciuto l'amore e la tenerezza, ricche di sensibilità e capaci di discernere, definire "buono" o "gustoso" un animale allevato e ucciso unicamente allo scopo di essere divorato, cosa le spinga all'atto per me inumano di cibarsi di un essere che fino a poco prima, come noi ora, era vivo, si muoveva, il suo cuore batteva, sentiva e vedeva, provava paura e affetto.
Con quale gioia e consapevolezza il mangiatore di carne trae piacere da questo nutrimento, oggettivamente più degno della fiera che non delle creature sensibili che noi umani riteniamo di essere? Com'è possibile banchettare gaudiosamente con corpi che sarebbero altrimenti vivi, facendosi così arbitro di vite che in realtà non gli appartengono?
Che dire poi di quando l'abissale inconsapevolezza del mangiatore di morte si trasforma addirittura in tronfia baldanza e in aperta provocazione?
Molti mangiatori di animali si offendono terribilmente e si arrabbiano moltissimo se si fa loro notare che la carne altro non è che il cadavere di animali in fase di decomposizione - che, come noto, inizia immediatamente dopo la morte, col fenomeno comune a tutti i cadaveri conosciuto col nome di "rigor mortis".
Come se cambiando il nome alla verità essa potesse davvero risultare meno macabra. Ma la rimozione è evidentemente necessaria per poter continuare a perseverare in pratiche che molto poco hanno di civile né tantomeno possono tacciarsi di sensibilità o compassione. E' quindi socialmente più conveniente e moralmente più accettabile cambiare il vero nome dei fatti. L'ipocrisia umana evidentemente non conosce limiti, soltanto la compassione ne ha.
Si mangia carne per educazione, per abitudine, per consuetudine, per indolenza ed ingordigia, per indifferenza al dolore altrui, per il fermo rifiuto di prendere atto di tutta la violenza e la crudeltà che si nascondono dietro all'industria della macellazione, che - è bene ricordarlo - non è affatto indispensabile alla nostra sopravvivenza, come dimostrano egregiamente milioni di persone vegetariane e vegane in tutto il mondo ben vive e vegete ed in perfetta salute ("vegetus" significa "in salute").
Sento vivida in me la fremente indignazione per tanta cieca e ostinata violenza, la bruciante offesa alla vita calpestata ed ignorata, la pressante urgenza di porre fine a tanta sanguinaria crudeltà.
La vita che ama la vita non può calpestare la vita e neppure assistere impassibile alla sua strumentalizzazione.
Sento dentro di me l'imperativo morale di fermare questo barbaro massacro, di svelare i retroscena che si celano dietro ai vitelli felici ed ai prosciutti accondiscendenti degli ingannevoli spot pubblicitari, di togliere il velo di vergognosa ipocrisia con cui rimuoviamo l'immonda origine dell'umano "cibo quotidiano", genericamente chiamato carne, aniziché molto più propriamente "cadaveri di animali", come in verità essi sono. La rimozione è profonda, totale.
Senza di essa il disagio probabilmente prenderebbe il sopravvento su troppi umani, la sensibilità rischierebbe di prevalere sulle consuetudini e sull'ingordigia.
La voce della coscienza si farebbe probabilmente sentire con tutto il doloroso e terribile disagio che comporta il destarsi dall'abiezione di usanze che non hanno più ragione di essere. Siamo umani ancor prima che fiere sanguinarie, e in cuor nostro, da qualche parte, lo sappiamo sin troppo bene. Per questo è più comodo non conoscere la verità, rimuoverla, non sapere, non sentire.
Ma la verità urla incessamente per essere ascoltata, non potrà essere ignorata per sempre e prima o poi prevarrà inevitabilmente sulla mistificazione e sull'inganno.
Sale dentro di me un urlo disperato che si unisce a quello di milioni, miliardi di altri esseri viventi trasformati arbitrariamente in meri oggetti nelle mani dell'animale più spietato di tutti: l'uomo.
Molte persone rispettose degli animali, in questo periodo intriso di banchetti sanguinari, si ritraggono dal mondo chiassoso e grottesco degli umani, rifugiandosi nella più completa semplicità e nel silenzio della coscienza, alla ricerca della vera pace e del vero amore.
La gioia del cuore è fatta di cose semplici, di piccolissimi dettagli. La sofferenza di terzi (in questo caso gli animali sacrificati all'ingordigia degli umani) non rientra nel nostro concetto di gioia e di amore.
Tantomeno nelle nostre pratiche di festeggiamento.
La sola idea di tutto il dolore presente sulle tavole festive è per noi straziante... Semplicemente.
E' evidentemente una questione di consapevolezza, una consapevolezza della sofferenza altrui - indipendentemente dalla sua forma ed apparenza - che però ben pochi hanno.
Ciò che soprattutto non viene assolutamente compreso dall'umano comune, è che per noi non può esserci gioia in tavole imbandite di morte. Quello che per taluni è piacere per noi è dolorosa consapevolezza, ciò che loro reputano rinuncia per noi è una libera scelta etica.
Eppure queste cose sono difficilissime da comprendere per la maggioranza degli umani... Che tristezza!
Questo è dunque il Natale dei buoni cristiani: ecatombi di innocenti per festeggiare, nella figura di Gesù, il Dio dell'Amore!
...quale ipocrita contraddizione!
Chissà se gli umani saranno mai capaci di far festa senza far la festa a qualcuno!
All'obiezione classica che prima degli animali ci sono gli umani, ricordo semplicemente che oltre il 70% dei cereali del pianeta servono a nutrire gli animali d'allevamento ad uso pressoché esclusivo di noi ricchi e opulenti occidentali, con una perdita energetica nel processo di trasformazione da cereale a carne che va mediamente dall'80% al 90%. Questi cereali, se fossero utilizzati direttamente per combattere la fame umana nel mondo, potrebbero sfamare più di 9 miliardi di umani (!). Quindi, oltre a far del male agli animali, mangiar carne comporta anche la condanna alla fame di miliardi di esseri umani (ogni giorno muoiono di fame dai 35 ai 40.000 bambini, per non parlare degli adulti - dati Unicef)!
Il mondo è pieno di sofferenza, la maggior parte creata proprio dall'uomo - e perciò "evitabile". Ma paradossalmente non può essere evitata per il semplice fatto che la maggior parte delle persone non ne è consapevole. Più precisamente: "non vuole esserlo". Molti si rifiutano letteralmente di conoscere la verità, forse perché inconsciamente sanno che poi dovrebbero necessariamente cambiare le proprie abitudini di vita.
Molte persone sono solite reagire con ostilità e veemenza verso chi cerca di mostrare loro il vero stato delle cose, talvolta arrivano persino a minacciare ed aggredire, quando non ad uccidere.
E questo accade anche ogni volta che qualcuno ha un sogno, che osa proporre qualche novità, un modo più alto di vivere, una visione più elevata ed un mondo più armonioso. Nella visione secolarizzata dell'essere umano - il suo supremo condizionamento - è sempre il nuovo ad essere sbagliato, mai il vecchio. Anche quando il vecchio si è ripetutamente dimostrato errato, inefficace, portatore di ingiustizia e di dolore. Nella visione umana cristallizzata il vecchio va invece difeso, sempre. A qualsiasi costo. E questo inevitabilmente perpetua lo stato delle cose.
Per restare aperti al nuovo occorre invece essere consapevoli del vecchio e delle sue limitazioni.
Il fatto stesso di suddividere la violenza ed il rispetto in compartimenti stagni - violenza "lecita" verso gli uni (nella fattispecie gli animali in particolare e più in generale i deboli ed i derelitti) e rispetto per gli altri, dimostra chiaramente l'assoluta incapacità di una veduta d'insieme sulle cose, come se davvero esistesse una sofferenza di serie A (quella umana) ed un'altra di serie B (quella non umana).
L'espediente della suddivisione del mondo in compartimenti stagni serve solo per continuare ad acquietare le proprie coscienze addormentate, di modo che ora la maggior parte della gente crede davvero che la violenza esercitata dall'Occidente sui paesi del Sud del mondo, così come sugli animali, sia giusta e lecita...
Noi animali umani (perché, fino a prova contraria, anche noi facciamo parte del regno animale) ci consideriamo superiori agli altri animali anche per il fatto di possedere una legge morale.
Poi però nei fatti ci comportiamo con ferocia ancora maggiore della loro, rifiutandoci di esercitare una più elevata compassione rispetto a quella delle bestie che riteniamo tanto inferiori a noi!
Invece, per quanto mi riguarda, proprio in quanto essere umano sento in me l'imperativo etico di seguire una legge morale più elevata di quella delle fiere, che - a differenza di me - non hanno alcuna possibilità di scelta. (Vorrei sottolineare che per "legge morale" personalmente non intendo nulla di religioso né di imposto dall'esterno, bensì la libera adesione ad atteggiamenti etici maggiormente responsabili, meno passivi e più consapevoli).
Il sommo Dante scriveva:
"Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza."
(Dante Alighieri, Inferno, canto 26).
Si può "seguir virtute e conoscenza" continuando invece "a viver come bruti"?
Temo proprio che ciò non sia possibile.
Vorrei ora terminare con un pensiero per gli ultimi tra gli ultimi - gli umani più sfortunati e derelitti - e per gli ultimissimi tra gli ultimi - gli animali.
In questo gelido natale occidentale all'insegna dello spreco e dell'opulenza, il mio pensiero va in particolare a tutte le vittime, umane e non umane, dirette ed indirette, della nostra indifferenza.
Dedico inoltre un pensiero speciale a tutte le creature sacrificate unicamente per ingordigia. Senza neppure l'alibi della sopravvivenza.
Possano esse perdonare l'indifferenza dell'uomo nei loro confronti e dimostrarsi così più evolute nell'esercizio dell'amore e della compassione di quanto non lo siamo noi verso di loro.
Sopravvissuta anche quest'anno al "santo" natale,
la voce di chi non ha voce.
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Sono convinto che gli uomini arriveranno veramente a non uccidersi tra di loro, quando arriveranno a non uccidere più gli animali.
- Aldo Capitini (Perugia, 1899 - 1968)
Si invita e si incoraggia a dare a questo articolo la massima diffusione possibile.
Sono consentite riproduzioni e citazioni anche parziali, purché non ne venga stravolto il senso né strumentalizzato il contesto.
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