Paul McCartney, meno carne contro l'effetto serra
Allevamenti responsabili del 18% di gas serra, più dei trasporti
ROMA
L’ex Beatle Paul McCartney ha partecipato oggi a Bruxelles a un’audizione dell’Europarlamento riguardante la campagna da lui lanciata per diminuire il consumo di carne, come uno dei modi in cui ciascun individuo del mondo può contribuire a combattere il cambiamento climatico.
Alla fine dell’audizione, l’iniziativa - consistente in un appello a non consumare carne per almeno un giorno alla settimana, il lunedì (“Meat-Free Monday”) - è stata presentata dal cantante e compositore insieme al presidente del “Panel intergovernativo sul cambiamento climatico” (Ipcc) Rajendra Pachauri, durante una conferenza stampa organizzata dal vicepresidente del Parlamento europeo Edward MacMillan-Scott.
Il settore dell’allevamento produce il 18% del totale dei gas serra (in questo caso si tratta di ossidi di azoto e di metano) emessi nell’atmosfera, ovvero più del settore dei trasporti che arriva solo al 13%, è stato sottolineato durante la conferenza stampa. L’ossido di azoto, proveniente dai concimi organici e dai fertilizzanti a base di nitrati, ha un potenziale 296 volte superiore al CO2 per quanto riguarda gli effetti sul cambiamento climatico. Al tasso attuale, se non si farà nulla per modificare la tendenza, la produzione di carne - che già usa il 70% di tutti i terreni agricoli e causa massicce deforestazioni soprattutto nei paesi in via di sviluppo - raddoppierà entro il 2050 arrivando a 465 milioni di tonnellate all’anno.
Secondo Pachauri, se tutti limitassero il proprio consumo di carne a cinque o sei giorni la settimana, le emissioni di gas serra «potrebbero essere ridotte del 5-8 per cento. Questo renderebbe molto più facile il compito dei governi per raggiungere un accordo internazionale al vertice Onu di Copenaghen sul clima», che mira a contenere entro 2 C il riscaldamento globale.
«Io sono cresciuto da ragazzo a Liverpool in una scuola dove non si mangiava carne il venerdì» ha detto McCartney. E ha aggiunto: «Non ho mai capito perché, ma era parte di quello stile di vita e delle regole della scuola. Ora c’è una ragione ancora più importante per mangiare meno carne: perché dobbiamo ridurre le nostre emissioni nell’atmosfera». Fra l’altro, ha sottolineato «per produrre un solo hamburger si consuma tanta acqua quanta ce ne vorrebbe per una doccia di quattro ore».
«Dobbiamo aiutare la gente a cambiare i loro comportamenti quotidiani, ed è fattibile: dobbiamo incoraggiarli con gentilezza e mostrare loro cosa può essere fatto. Per questo, fra l’altro, ho scritto una canzone - ha detto l’ex Beatle - che si trova sul mio sito web per il Meat-Free Day».
«Non sono un politico - ha proseguito McCartney - e non so quanto potrà essere fatto a Copenaghen, ma si può rendere la gente consapevole del pericolo che corriamo e delle possibili soluzioni».
Uno dei punti in discussione alla conferenza di Copenaghen, ha sottolineato infine Pachauri, riguarda i finanziamenti dei paesi ricchi ai paesi in via di sviluppo, che dovranno servire, tra l’altro, a fermare la deforestazione, spesso motivata proprio del bisogno di creare nuove terre agricole per l’allevamento.
Fonte: La Stampa - 4 dicembre 2009
ROMA
L’ex Beatle Paul McCartney ha partecipato oggi a Bruxelles a un’audizione dell’Europarlamento riguardante la campagna da lui lanciata per diminuire il consumo di carne, come uno dei modi in cui ciascun individuo del mondo può contribuire a combattere il cambiamento climatico.
Alla fine dell’audizione, l’iniziativa - consistente in un appello a non consumare carne per almeno un giorno alla settimana, il lunedì (“Meat-Free Monday”) - è stata presentata dal cantante e compositore insieme al presidente del “Panel intergovernativo sul cambiamento climatico” (Ipcc) Rajendra Pachauri, durante una conferenza stampa organizzata dal vicepresidente del Parlamento europeo Edward MacMillan-Scott.
Il settore dell’allevamento produce il 18% del totale dei gas serra (in questo caso si tratta di ossidi di azoto e di metano) emessi nell’atmosfera, ovvero più del settore dei trasporti che arriva solo al 13%, è stato sottolineato durante la conferenza stampa. L’ossido di azoto, proveniente dai concimi organici e dai fertilizzanti a base di nitrati, ha un potenziale 296 volte superiore al CO2 per quanto riguarda gli effetti sul cambiamento climatico. Al tasso attuale, se non si farà nulla per modificare la tendenza, la produzione di carne - che già usa il 70% di tutti i terreni agricoli e causa massicce deforestazioni soprattutto nei paesi in via di sviluppo - raddoppierà entro il 2050 arrivando a 465 milioni di tonnellate all’anno.
Secondo Pachauri, se tutti limitassero il proprio consumo di carne a cinque o sei giorni la settimana, le emissioni di gas serra «potrebbero essere ridotte del 5-8 per cento. Questo renderebbe molto più facile il compito dei governi per raggiungere un accordo internazionale al vertice Onu di Copenaghen sul clima», che mira a contenere entro 2 C il riscaldamento globale.
«Io sono cresciuto da ragazzo a Liverpool in una scuola dove non si mangiava carne il venerdì» ha detto McCartney. E ha aggiunto: «Non ho mai capito perché, ma era parte di quello stile di vita e delle regole della scuola. Ora c’è una ragione ancora più importante per mangiare meno carne: perché dobbiamo ridurre le nostre emissioni nell’atmosfera». Fra l’altro, ha sottolineato «per produrre un solo hamburger si consuma tanta acqua quanta ce ne vorrebbe per una doccia di quattro ore».
«Dobbiamo aiutare la gente a cambiare i loro comportamenti quotidiani, ed è fattibile: dobbiamo incoraggiarli con gentilezza e mostrare loro cosa può essere fatto. Per questo, fra l’altro, ho scritto una canzone - ha detto l’ex Beatle - che si trova sul mio sito web per il Meat-Free Day».
«Non sono un politico - ha proseguito McCartney - e non so quanto potrà essere fatto a Copenaghen, ma si può rendere la gente consapevole del pericolo che corriamo e delle possibili soluzioni».
Uno dei punti in discussione alla conferenza di Copenaghen, ha sottolineato infine Pachauri, riguarda i finanziamenti dei paesi ricchi ai paesi in via di sviluppo, che dovranno servire, tra l’altro, a fermare la deforestazione, spesso motivata proprio del bisogno di creare nuove terre agricole per l’allevamento.
Fonte: La Stampa - 4 dicembre 2009
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