Meno mucche, più grano
di Gabriele Bindi
La scelta vegetariana si fa prospettiva politica: ridurre il consumo mondiale della carne sembra un passaggio irrinunciabile per ridurre la fame nel mondo. Meno mucche, più grano per gli uomini...
Meno carne, meno fame nel mondo. Meno allevamenti industriali più cibo per tutti. Questo il messaggio passato nel documento finale del "Piano di azione sulla sovranità alimentare" , il "contro-vertice" FAO delle Organizzazioni Non Governative, tenutosi a Roma lo scorso giugno.
La proposta vegetariana sorprendentemente guadagna terreno e consensi. Al summit mondiale sulla fame nel mondo la presenza pressante di un nutrito di associazioni vegetariane e animaliste ha sorpreso molti. “Un’altra alimentazione è possibile” recitava il nome della campagna, sottoscritta da nomi del calibro di Margherita Hack, Gianni Vattimo, don Luigi Ciotti e Roberto Vecchioni.
“La scelta vegetariana non si è mai disgiunta negli ultimi 10 anni da questioni politiche e sociali- ci spiega Rossana Vallino, ideatrice della campagna- La nostra azione non è né settaria né fuori dal mondo ma riguarda anche il problema della gestione delle risorse sulla terra. E’ per questo che ha avuto successo”.
Queste le richieste esplicite presentate alla Fao: diminuzione dei capi di allevamento, più colture per il consumo umano, lotta alle monocolture e più cautela sul transgenico.
Sul banco degli imputati lo sfruttamento indiscriminato delle risorse. Secondo le Associazioni promotrici della campagna, tra cui Animalisti Italiani, Lav e Lida, un allevamento intensivo infatti consuma 70 volte più acqua delle coltivazioni e ben l’80% di cereali e soia, prodotti globalmente, sono destinati alla nutrizione del bestiame. Troppe mucche insomma, che sottraggono terreno alle colture. L’eccessivo consumo di carne è poi responsabile di molte patologie da paesi ricchi: infarto del miocardio, cancro e diabete.
Anche nei Paesi in via di sviluppo intanto crescono i terreni adibiti all’industria degli allevamenti. “Stiamo importando moltissimo pollame dai paesi del Sud del Mondo, con poche garanzie sulla sicurezza alimentare -conferma Rossana Vallino- Su questo terreno in una recente manifestazione tenuta a Forlì abbiamo incontrato anche il favore degli allevatori italiani, che chiedono il riconoscimento a una produzione più locale di qualità”.
Nel Sud del Mondo, secondo la Fao sono quasi 9 milioni le vittime dirette della fame, ma la malnutrizione cronica accompagna la vita quotidiana di quasi un miliardo di persone. A puntare il dito contro “cultura della bistecca” si è schierato anche Jeremy Rifkin, scrittore tra i più conosciuti sulle tematiche della globalizzazione. “Un quarto delle terre emerse sono usate per nutrire bovini e altro bestiame” leggiamo su “Ecocidio” l’ultimo libro dell’economista americano, da giugno uscito anche in edizione economica.
Il coordinamento italiano intanto procede e continua a raccogliere firme e consensi, le Associazioni sono confluite nella Global Hunger Alliance, coalizione internazionale di organizzazioni e studiosi impegnati contro la fame nel mondo. Il prossimo appuntamento per far valere le ragioni del grano è il Global Forum di Firenze, ma il coordinamento sta già prendendo contatti per il Forum a Porto Alegre dell’anno prossimo.
Fonte: Tra Terra e Cielo
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