La bistecca danneggia sia te, sia il pianeta
Articolo di Time apparso su Panorama del 6/1/2000.
Nel corso del prossimo secolo scopriremo di non poter più sostenere i costi della produzione di massa di bovini, ovini, suini, pollame e pesce, per nutrire una popolazione crescente. Questi costi comprendono lo spreco di acqua e terreni, l'inquinamento massiccio da escrementi animali, la percentuale crescente di disturbi cardiaci e altre malattie degenerative, la distruzione delle foreste, da cui dipende la vita del nostro pianeta.
Gli allevamenti intensivi sono spietate fabbriche di carne, lager in cui gli animali non sono tenuti in maggiore considerazione di una qualsiasi materia prima inanimata, imperfetta sostanza che l'uomo può e deve modificare per trarne il massimo profitto possibile. Già nel '94 il Parlamento Europeo auspicava una modifica dei trattati al fine di sostituire la definizione che classifica gli animali come prodotti agricoli con quella più corretta di "esseri senzienti". In questi anni però ben poco è cambiato: sono privati non solo di normali rapporti sociali con individui della loro specie, ma anche dello spazio necessario a girarsi o stendersi, rinchiusi in capannoni con illuminazione artificiale, forzati a nutrirsi in modo innaturale, fino ai casi estremi di vitelli anemici e mucche carnivore. Alla fine la morte, non sempre indolore, che sopraggiunge a liberare animali stremati dopo lunghi viaggi in condizioni spesso allucinanti.
Oggi il 41,5 % della spesa alimentare in Italia è costituito da carne; nel 1998 nella sola Italia sono stati macellati 625 milioni di animali, fra cui 4.408368 bovini, 12.570.735 suini, 7.805.829 ovini e caprini, 257.000 equini, 600 milioni di conigli, polli ed altri volatili.
La produzione intensiva inquina, crea sofferenze indicibili agli animali, ma produce molto in tempi brevi, pur richiedendo impressionanti quantità di energia. Occorrono un litro e mezzo di petrolio e quindici metri cubi di acqua ogni Kg di carne di manzo prodotta. L'inquinamento dovuto ai nitrati contenuti negli escrementi, inoltre, compromette le falde acquifere e contribuisce ad aggravare il problema dell'eutrofizzazione di fiumi e mari.
Come se tutto ciò non bastasse, il bilancio tra proteine investite e ottenute nel prodotto finito è negativo, ed in un mondo dove gli affamati sono più di 800 milioni il 34% della produzione mondiale di cereali è destinata agli allevamenti dei paesi industrializzati.
Gli ambientalisti parlano di riduzione del consumo di carne e di zootecnia biologica. Gli animalisti non si accontentano di questo: contestano fast food (Mc Donald's e simili) e slow food (l'Arci Gola organizza menu di cacciagione con l'Arci Caccia) e propongono una scelta vegan (nessun prodotto di origine animale, quindi nemmeno uova, latte e derivati). I vegetariani e i vegan non rinunciano, scelgono.
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