La vita dentro il piatto
Se pensate di divorarlo siate certi che vi andrà per traverso.
Il (celebre) libro di Peter Singer «Liberazione animale» (Net Edizioni, 300 pagg., 8,50 euro), riveduto e corretto in questa nuova edizione dopo l'uscita clamorosa nel 1975, è destinato a farci ingoiare (o rifiutare…) l'amaro boccone di una verità che abbiamo nel piatto.
Bistecche, polpette, costolette e persino le uova, dopo questa lettura perdono improvvisamente ogni caratteristica di cottura per ridiventare interamente se stesse: e cioè vitelli, maiali, galline.
Anzi: vitelli, maiali, galline ingrassati, imprigionati e poi decimati per soddisfare un sempre più ingordo ed egoistico ciclo (alimentare e) produttivo. Perché? Ve lo spiega lui, Singer.
Lui che nella sua casa di Melbourne o nel Campus di Princeton dove attualmente insegna filosofia morale (ma è stato anche direttore del Centre for Human Bioethics di Melbourne nonché fondatore dell'International Association of Bioethics), non ha mai avuto non dico un gatto ma nemmeno un pesce rosso nel classico rotondo e acquoso contenitore. No. Gli animali non si amano così, dice. Si amano invece rispettandoli, considerandoli semplicemente figli di un'altra specie, ma pur sempre animali, come lo siamo noi.
Per questo il suo no ad allevamenti-lager, lanciato in quel lontano '75 ha cominciato ad aver ascolto, soprattutto in Europa, come sottolinea soddisfatto in prefazione.
Ma certo è un problema, drammatico, che ancor esiste e che minaccia se non (tutte) le nostre coscienze, la nostra stessa sopravvivenza.
Il fenomeno mucca pazza, ad esempio, dovrebbe forse aver insegnato qualcosa, ma da sapere c'è molto altro e di più: «Anche una dieta basata sul consumo di quantità elevate, per altro inutili e malsane, di prodotti animali ottenuti con metodi intensivi, - conclude nella nuova prefazione Singer - aumenta considerevolmente lo sfruttamento delle risorse e l'inquinamento, e altera il clima della terra. E' dunque tempo di modificarla: per il bene degli animali, ma anche dei nostri simili».
Molti equilibri si giocano, a volte, anche in punta di forchetta.
Rita Guidi
La Gazzetta di Parma, 05.11.03
Il (celebre) libro di Peter Singer «Liberazione animale» (Net Edizioni, 300 pagg., 8,50 euro), riveduto e corretto in questa nuova edizione dopo l'uscita clamorosa nel 1975, è destinato a farci ingoiare (o rifiutare…) l'amaro boccone di una verità che abbiamo nel piatto.
Bistecche, polpette, costolette e persino le uova, dopo questa lettura perdono improvvisamente ogni caratteristica di cottura per ridiventare interamente se stesse: e cioè vitelli, maiali, galline.
Anzi: vitelli, maiali, galline ingrassati, imprigionati e poi decimati per soddisfare un sempre più ingordo ed egoistico ciclo (alimentare e) produttivo. Perché? Ve lo spiega lui, Singer.
Lui che nella sua casa di Melbourne o nel Campus di Princeton dove attualmente insegna filosofia morale (ma è stato anche direttore del Centre for Human Bioethics di Melbourne nonché fondatore dell'International Association of Bioethics), non ha mai avuto non dico un gatto ma nemmeno un pesce rosso nel classico rotondo e acquoso contenitore. No. Gli animali non si amano così, dice. Si amano invece rispettandoli, considerandoli semplicemente figli di un'altra specie, ma pur sempre animali, come lo siamo noi.
Per questo il suo no ad allevamenti-lager, lanciato in quel lontano '75 ha cominciato ad aver ascolto, soprattutto in Europa, come sottolinea soddisfatto in prefazione.
Ma certo è un problema, drammatico, che ancor esiste e che minaccia se non (tutte) le nostre coscienze, la nostra stessa sopravvivenza.
Il fenomeno mucca pazza, ad esempio, dovrebbe forse aver insegnato qualcosa, ma da sapere c'è molto altro e di più: «Anche una dieta basata sul consumo di quantità elevate, per altro inutili e malsane, di prodotti animali ottenuti con metodi intensivi, - conclude nella nuova prefazione Singer - aumenta considerevolmente lo sfruttamento delle risorse e l'inquinamento, e altera il clima della terra. E' dunque tempo di modificarla: per il bene degli animali, ma anche dei nostri simili».
Molti equilibri si giocano, a volte, anche in punta di forchetta.
Rita Guidi
La Gazzetta di Parma, 05.11.03
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