Attenti all'uomo!
Il decreto Sirchia sui cani pericolosi ha criminalizzato 80 razze canine. Ha imposto l'obbligo simultaneo di guinzaglio e museruola, trattando le nostre bestiole come altrettanti matti da legare, e privandole oltretutto della possibilità d'abbozzare una fuga o una difesa se fossero aggredite. Ha introdotto multe salatissime (430 euro appioppati dai carabinieri a Roma la scorsa settimana).
Ora un gruppo di esperti s'è messo al lavoro per inasprire ulteriormente questa normativa, contemplando pure l'obbligo di seguire corsi d'addestramento per chi ha la sventura di tenere un cane in casa. Niente di nuovo: dopotutto è il medesimo sistema appena escogitato per recuperare la verginità perduta della patente a punti.
Domani, chissà, potrebbe essere la volta dei fumatori impenitenti, o di chi alza troppo il gomito. Ma i docenti di questi futuri corsi faranno bene a educare i loro allievi in primo luogo a rispettare gli animali, a non seviziarli inutilmente. Perché sta di fatto che sono molte di più le violenze che l'uomo infligge agli animali, anziché quelle che subisce.
Come? Con la pratica della vivisezione, per esempio: secondo il ministero della Sanità miete oltre 3.000 vittime al giorno, e ha un debole per i cuccioli di beagle, preferiti agli altri cani perché docili ma al tempo stesso resistenti alle ferite, alle torture, alle mutilazioni.
Con gli abbandoni: quest'estate hanno segnato un nuovo record, con 125.000 cani e gatti lasciati per strada dai loro proprietari.
Con i combattimenti clandestini, un turpe spettacolo che ogni anno coinvolge 15.000 animali.
Con i maltrattamenti, quelli consumati nel chiuso delle pareti domestiche non meno delle violenze pubbliche, tanto neanche in questo caso c'è una legge che salvi davvero gli animali dalle nostre prepotenze.
C'è solo l'art. 727 del codice penale, che in realtà tutela il sentimento di pietà degli esseri umani dinanzi a una scena troppo cruda, e il 638, che punisce i «danneggiamenti di animali altrui», manco fossero cose. In compenso il decreto legislativo n. 333 del 1998 detta le tecniche di macellazione, scendendo così in dettaglio da suonare sadico.
Loro, le bestie, accettano quasi sempre di buon grado le nostre vessazioni. Lo hanno fatto le scimmie e i delfini utilizzati per sminare le acque irachene. Lo hanno fatto i 6 tori uccisi l'anno scorso in un film di Almodóvar, o le 100 colombe sacrificate in Abruzzo dopo uno spot di Tornatore. Non foss'altro che per premiarne l'arrendevolezza, non sarebbe male dunque seguire l'esempio dei tedeschi, che nel maggio 2002 hanno emendato la propria Costituzione, per introdurvi un principio di tutela verso gli animali, il riconoscimento della loro dignità.
Dopotutto, se non sappiamo rispettare la dignità degli animali, in qualche misura perdiamo anche la nostra.
Michele Ainis
e-mail: micheleainis@tin.it
28 settembre 2003
La Stampa
Ora un gruppo di esperti s'è messo al lavoro per inasprire ulteriormente questa normativa, contemplando pure l'obbligo di seguire corsi d'addestramento per chi ha la sventura di tenere un cane in casa. Niente di nuovo: dopotutto è il medesimo sistema appena escogitato per recuperare la verginità perduta della patente a punti.
Domani, chissà, potrebbe essere la volta dei fumatori impenitenti, o di chi alza troppo il gomito. Ma i docenti di questi futuri corsi faranno bene a educare i loro allievi in primo luogo a rispettare gli animali, a non seviziarli inutilmente. Perché sta di fatto che sono molte di più le violenze che l'uomo infligge agli animali, anziché quelle che subisce.
Come? Con la pratica della vivisezione, per esempio: secondo il ministero della Sanità miete oltre 3.000 vittime al giorno, e ha un debole per i cuccioli di beagle, preferiti agli altri cani perché docili ma al tempo stesso resistenti alle ferite, alle torture, alle mutilazioni.
Con gli abbandoni: quest'estate hanno segnato un nuovo record, con 125.000 cani e gatti lasciati per strada dai loro proprietari.
Con i combattimenti clandestini, un turpe spettacolo che ogni anno coinvolge 15.000 animali.
Con i maltrattamenti, quelli consumati nel chiuso delle pareti domestiche non meno delle violenze pubbliche, tanto neanche in questo caso c'è una legge che salvi davvero gli animali dalle nostre prepotenze.
C'è solo l'art. 727 del codice penale, che in realtà tutela il sentimento di pietà degli esseri umani dinanzi a una scena troppo cruda, e il 638, che punisce i «danneggiamenti di animali altrui», manco fossero cose. In compenso il decreto legislativo n. 333 del 1998 detta le tecniche di macellazione, scendendo così in dettaglio da suonare sadico.
Loro, le bestie, accettano quasi sempre di buon grado le nostre vessazioni. Lo hanno fatto le scimmie e i delfini utilizzati per sminare le acque irachene. Lo hanno fatto i 6 tori uccisi l'anno scorso in un film di Almodóvar, o le 100 colombe sacrificate in Abruzzo dopo uno spot di Tornatore. Non foss'altro che per premiarne l'arrendevolezza, non sarebbe male dunque seguire l'esempio dei tedeschi, che nel maggio 2002 hanno emendato la propria Costituzione, per introdurvi un principio di tutela verso gli animali, il riconoscimento della loro dignità.
Dopotutto, se non sappiamo rispettare la dignità degli animali, in qualche misura perdiamo anche la nostra.
Michele Ainis
e-mail: micheleainis@tin.it
28 settembre 2003
La Stampa
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